Di Silvia Urtone
L’Acropoli di Atene.
Un luogo mistico e meraviglioso, ricco di storia, in cui si incrociano miti che vengono a raccontare all’uomo di oggi storie incredibili e un passato glorioso, condensati in un’armoniosa architettura.
Una struttura su tutte è tutto questo: si chiama Eretteo e fu l’opera che concluse il periodo di rinnovamento iniziato da Pericle dopo la vittoria di Atene sulla Persia. Più santuario che tempio, venne costruito dall’architetto Filocle in marmo pentelico e, iniziato nel 421 a.C., la sua costruzione venne interrotta nel 413 a.C. con la spedizione in Sicilia e ripresa solo nel 409 a.C.
Una gestazione lunghissima ma con risultati estremamente sorprendenti!
La sua forma è particolare e asimmetrica e la deve al fatto di dover sorgere su un’area con un forte dislivello, più elevata a sud-est e più bassa a nord-ovest, e a quello di voler riunire in sé più luoghi di culto: ecco spiegato il perché fosse più un santuario che un “semplice” tempio.
In questa zona sorgeva un tempo il tempio di Atena Poliàs, protettrice della città, fulcro sacro dell’Acropoli e della città stessa, luogo in cui si racconta fosse avvenuta la mitica disputa tra Atena e Poseidone per il possesso di Atene, conclusasi con la vittoria della dea. Qui erano conservati i segni dei doni delle due divinità alla città, ossia le impronte del tridente del dio del mare che, creando una polla di acqua salata, aveva donato un cavallo, e l’ulivo della dea della saggezza. Il sacro tempio non esisteva più all’epoca di Pericle, se non nei resti e, accanto a questi, si decise di costruire un luogo che lo sostituisse.
Fu così che nacque l’Eretteo.
Il suo nome compare solo in epoca romana e deriva dal mitico Eretteo, uno dei primi re della città diventato oggetto di culto con l’epiteto di “Posidone Eritteo”, in onore del dio del mare ma…a chi era dedicato alfine?
Naturalmente ad Atena Poliàs e a Poseidone, visto che il luogo conservava i segni della loro contesa. Ma anche al mitico re Posidone Eretteo, sempre legato al dio, a suo fratello, l’eroe attico Bute, il primo sacerdote di Atena, e al figlio Cecrope, re di Atene. Anche il dio del fuoco Efesto aveva qui culto e, insieme a lui, suo figlio Erittonio, generato dalla terra fecondata dal seme di Efesto, innamorato senza speranza dall’inflessibile e casta Atena, un figlio accolto nel tempio della dea sotto forma di serpente.
Queste le tante e tante figure venerate nel santuario, tutte collegate ad Atena e Poseidone, gli dèi che avevano mostrato tanto interesse per la città di Atene!
Al fine di ospitare così tanti culti e divinità l’Eretteo appariva, oggi come in passato, costituito da un corpo centrale rettangolare, aperto a est con un portico di sei colonne ioniche e diviso in due ambienti non comunicanti tra loro: l’ambiente est, a cui si accedeva dal portico, ospitava il Palladio, la statua di Atena che proteggeva la città, mentre quello ovest era suddiviso in due vani gemelli da cui si accedeva tramite un vestibolo e che ospitavano i culti di Poseidone e del re Eretteo. La parte occidentale era chiusa da una parete alta 3 m su cui si aprivano ampie finestre incorniciate da semicolonne e al grande corpo centrale si appoggiavano due corpi laterali: a nord un portico tetrastilo ionico proteggeva la polla d’acqua salata fatta sgorgare da Poseidone e da lui si accedeva alle celle del santuario e alla zona in cui fioriva l’ulivo donato da Atena; a sud la celebre loggetta delle Cariatidi fungeva da accesso alla tomba dell’eroe attico Cecrope, figlio di Eretteo.
Un santuario estremamente vario e ricco di culti che si presenta oggi dominato dalle stabili e imperturbabili Cariatidi, quasi protettrici della sacralità del luogo. Attribuite all’officina di Alcamene, collaboratore di Fidia, e databili circa al 416 a.C., delle sei fanciulle cinque sono conservate nel Museo dell’Acropoli e una, sottratta da Lord Elgin, si trova al British Museum di Londra.
Donne alte più di 2 m dalla robusta corporatura e con vesti che ricordano le scanalature delle colonne, con una gamba piegata e teste sormontate da capitelli ionici, le Cariatidi costituiscono veri e propri elementi architettonici e diventano colonne-fanciulle che non mostrano fatica ma ricordano le antiche korai immutabili e perfette. Il loro nome forse deriverebbe dalle fanciulle danzanti della città di Karya, famosa per i suoi cori.
Antropomorfizzazioni di figure architettoniche le nostre fanciulle sono ben erette, possenti e sostengono con tutto il loro corpo la trabeazione della loggetta: vestono un peplo sottile, senza maniche, con un morbido e ampio risvolto alla vita, una balza che ricade mollemente sul seno e un mantello, fissato sulle spalle, che scende sulla schiena; la gamba sinistra è piegata e avanzata e la stoffa aderisce creando un effetto bagnato. Nonostante l’ampiezza e pesantezza del vestito e del panneggio, il corpo non viene celato ma esaltato dalla leggerezza della stoffa che crea un meraviglioso effetto di vedo-non vedo.
Grazie alle copie di età adrianea sappiamo che nella mano destra dovevano tenere una patera per le libagioni agli dèi mentre nella sinistra reggevano un lembo della veste come le loro antenate arcaiche. Il sapore arcaico è tangibile nelle Cariatidi, un modo efficace per richiamare i valori, costantemente presenti, della polis e del suo glorioso passato.
E l’Eretteo è proprio questo, un santuario che vuole ricordare il passato e le divinità venerate prima del V sec. a.C. e che al contempo vuole celebrare la nuova Atene di Pericle, l’Atene vittoriosa delle Guerre Persiane!
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