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Il tempio prima del Partenone. I frontoni con Eracle tra apoteosi, mostri marini e “Barbablù”

Ben prima del Partenone, ben prima del “vecchio Partenone”, sull’Acropoli di Atene c’era l’Hekatompedon.

Il Partenone fu il primo edificio ad essere progettato nell’ambito dei lavori di ristrutturazione dell’area nel V sec. a seguito delle vittorie sui Persiani, voluto da Pericle stesso e affidato a Fidia, al fine di dare al mondo un messaggio: Atene aveva vinto, si era sacrificata per la libertà di tutti i Greci e prosperava.

Il risultato fu un tempio dorico periptero, con otto colonne sui lati corti, diciassette su quelli lunghi e una cella enorme, il tutto per ospitare un’enorme statua di Atena Parthenos, protettrice della città e le offerte a lei dedicate durante la processione delle Panatenee. Realizzato dagli architetti Ictino e Callicrate fu il loro capolavoro, iniziato nel 447 e terminato nel 438 a.C.

Ma prima proprio qui sorgeva il “vecchio Partenone”, il primo tentativo di costruire un santuario per la stessa Atena Parthenos, a seguito della battaglia di Maratona nel 490-488 a.C. circa, su delle solide fondazioni calcaree che già lì si trovavano, proprio accanto all’arcaico tempio di Atena Poliàs. Ma, ahimè, quando i Persiani saccheggiarono la città nel 480 a.C. il tempio ancora in costruzione finì per essere bruciato e con la riorganizzazione dell’Acropoli i resti vennero accorpati nel nuovo muro fortificato settentrionale, vero e proprio memoriale di guerra.


Hekatompedon, Barbablù del frontone del Barbablù

Ma ancora prima, come confermato anche da Erodoto, c’era l’Hekatompedon e i resti di questi “due Partenoni prima del Partenone” erano visibili chiaramente nel muro settentrionale dell’Eretteo.

Quindi qualcosa dell’Hekadompedon la conosciamo…e allora facciamo ancora un salto indietro ai tempi di Pisistrato, prima che arrivassero i Persiani a mettere a ferro e fuoco l’Acropoli.

Pisistrato nel 534 a.C. riuscì a instaurare la propria tirannide ad Atene, un governo giudicato sostanzialmente positivo, e per consolidare il proprio potere era naturalmente necessario occupare anche l’Acropoli, fulcro politico, militare e religioso. Due sono gli edifici sacri di questo periodo a cui fanno riferimento le fonti: un tempio arcaico e l’Hekatompedon, il “lungo 100 piedi”, anche se probabilmente lo era di più. Evidenze dei due vennero rinvenute alla fine del XIX sec., proprio nell’area tra Partenone ed Eretteo, il secondo demolito nel 490 per far posto al nuovo tempio e poi obliterato dal Partenone stesso.

Questo era interamente in calcare, forse un periptero di ordine dorico, edificato intorno alla metà del VI sec., le fondamenta scomparse, ma frammenti dei suoi frontoni, sempre in calcare e policromi, rimasti a testimoniare, oltre alle fonti scritte, la sua presenza sul posto.

Cosa ci raccontano i frontoni di questo antico tempio?

Storie incredibili sull’eroe Eracle!

Nel cosiddetto frontone del Barbablù, oggi conservato al Museo dell’Acropoli di Atene, all’estrema destra è collocato un mostro tricorpore, con tre corpi e tre teste, alato, con parte superiore umana e quella inferiore anguiforme che tiene un’onda, una fiamma e un uccello, simboleggiando i quattro elementi naturali: rappresenta Nereo o Tifone, creature del mare sconfitte dall’eroe Eracle nel suo cammino verso il giardino delle Esperidi, eroe che probabilmente era rappresentato mentre lottava col mostro sulla sinistra. I tre corpi sono scalati perfettamente al fine di rientrare nello spazio e si passa da una visione di profilo a una visione frontale: tracce di blu nella barba di una delle tre teste hanno battezzato Barbablù la creatura e il frontone, richiamando quel terribile personaggio delle fiabe che uccideva le mogli curiose e custodiva i loro cadaveri.


Hekatompedon, Eracle sconfigge Tritone

Al vertice opposto Eracle combatte con Tritone, un altro mostro marino che aveva incontrato e sconfitto, formato da un lungo corpo di pesce che occupa facilmente lo spazio ristretto dell’estremità triangolare. Al centro due leoni azzannano un toro, e il tutto riprende la tematica apotropaica tipica dei frontoni dell’età arcaica a cui vengono accostati due episodi mitici legati a Eracle e al mare. Utilizzare la figura dell’eroe che sconfigge un mostro marino era probabilmente un modo per indicare il potere navale che la città di Atene avrebbe presto conquistato!

Sull’altro frontone, invece, era probabilmente narrato il momento dell’Apoteosi di Eracle con Zeus con la barba acconciata in piccole perle e i capelli ben ritagliati sulla fronte, seduto di profilo su un trono, la moglie Era, frontale, con chitone azzurro e mantello rosso, e Eracle che avanza verso la coppia, più piccolo, in tunica corta e con la leontè sul capo: lo stile anche qui è quello del periodo arcaico, simmetrico e ripetitivo, con gli esseri umani caratterizzati da quel classico (e un po’ inquietante) sorriso arcaico.

Atene finisce per identificarsi con Eracle, prefigurando la sua potenza navale futura e mostrandosi al mondo come città modello degna di essere seguita.

E aveva visto giusto, il futuro Partenone continuerà a parlare di lei e per lei.

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