Di Silvia Urtone
Il Gruppo del Laocoonte, l’Apollo del Belvedere e il Torso del Belvedere.
Questa la triade celebrata nel Rinascimento, questa la triade che eserciterà una grandissima influenza sullo sviluppo della storia dell’arte di Cinquecento e Seicento, questa la triade ammirata e riprodotta da scultori e pittori.
Ma oggi è una di queste l’opera che andiamo a scoprire, la più frammentaria, l’unica priva persino della tesa: il cosiddetto Torso del Belvedere, oggi nei Musei Vaticani.
Prima di vederla più da vicino qualche notizia sul suo ritrovamento a Roma, il dove e il quando…se non fosse che è tutto estremamente incerto! Molte le speculazioni, dalle false notizie di un suo rinvenimento nelle Terme di Caracalla o a Campo dei Fiori all’ipotesi che sia stata ritrovata nelle Terme di Costantino. L’unica cosa certa è che il Torso del Belvedere venne menzionato per la prima volta da Ciriaco d’Ancona che lo vide a Palazzo Colonna tra il 1432 e il 1435. Qui rimase fino ai primi anni del Cinquecento quando Clemente VII lo fece trasferire in Vaticano, dove rimase per qualche tempo all’aperto e rovesciato sul dorso; Clemente XI nel 1700 procedette infine alla sua sistemazione sotto un porticato. Oggi lo si può ammirare nel Museo Pio-Clementino, discreto ma così possente e bello da attirare gli sguardi, ma la storia della sua bellezza inizia ben prima, già dal Quattrocento, quando divenne oggetto di studio e ammirazione dei più grandi artisti, influenzando addirittura Michelangelo e Raffaello.
Una leggenda racconta persino che papa Giulio II ordinò a Michelangelo di aggiungere gli arti e la testa mancanti per completare la statua e che l’artista si rifiutò categoricamente di farlo perché il Torso era troppo bello per essere alterato! Tanto era l’amore di Michelangelo per l’opera che se ne servì come modello per alcune figure della celebre volta della Cappella Sistina.
Ma, insomma, come si presenta questo Torso capace di sconvolgere i grandi artisti del Rinascimento e di lasciare a bocca aperta persino le generazioni moderne?
Si tratta del solo torso di una possente figura maschile, priva di testa, braccia e gambe da sopra il ginocchio in giù, e seduta su una pelle di animale gettata su una roccia: piccolo ed estremamente frammentario, dopo la scoperta del Laocoonte, non è sfuggita la sua grande somiglianza con la figura dello sventurato sacerdote troiano che ha la stessa posizione nella parte inferiore del corpo, i muscoli delle gambe in estrema tensione e quelli del tronco esageratamente rigonfi.
La diversità tra le due opere è nel ritmo in cui si sviluppa la parte superiore della figura: mentre nel Laocoonte la diagonale della gamba sinistra prosegue nella linea alba, e il tronco si inarca come anche il collo e la testa portata all’indietro e verso sinistra, nel Torso del Belvedere invece l’addome segue un arco opposto venendo a ripiegarsi in avanti, come doveva fare anche la testa (cosa suggerita dai pochi resti del collo).
Un vero e proprio agglomerato di muscoli possenti e in tensione, in cui l’anatomia è tracciata con perizia…ma chi è il protagonista rappresentato seduto e nell’atto di cercare di sollevarsi?
Come la datazione e il luogo di rinvenimento è incerto anche il soggetto della statua. Per molto tempo vi si è visto un Ercole a riposo dopo le 12 fatiche, ma uno studio più accurato della pelle di animale non ha trovato il tipico leone di Nemea associato generalmente all’eroe, bensì una pantera. Si è pensato allora a una figura del seguito di Dioniso o a Marsia stesso, tanto più che la presenza di un foro poco sopra al coccige sembrerebbe far pensare all’innesto della tipica coda di un fauno. Si è pensato anche a Prometeo, al ciclope Polifemo, a un Sileno…e anche al tragico eroe Aiace Telamonio! Questa è una delle ipotesi più accreditate e l’eroe sarebbe stato colto nell’atto di meditare il suicidio, diventato folle dopo che Odisseo gli ebbe sottratto le armi di Achille: ripiegato con il torso in avanti l’eroe avrebbe avuto la testa tristemente appoggiata alla mano destra che al contempo stringeva la spada con cui si sarebbe dato la morte.
Ma a che periodo risale questa statua e chi è l’autore?
La posizione del personaggio richiama certamente quella di altri rappresentati nella celebre ara di Pergamo, lo stile usato è chiaramente paragonabile a quello del già nominato Laocoonte…tutto ciò porta a pensare che l’ambiente della sua realizzazione sia quello pergameno-ellenistico di II sec. a.C.!
Ma il Torso che abbiamo qui non è quello del II a.C. ma una copia marmorea di I sec. a.C. di un originale bronzeo.
L’autore? Il marmo del piedistallo è firmato come “opera di Apollonio, figlio di Nestore, ateniese” ma, dopo attente analisi l’epigrafe sembrerebbe essere un falso del 600: nel disegno fatto da Rubens nel 1602 e nelle immagini successive compare ma risulta essere assente nei disegni più antichi.
L’autore di questo capolavoro rimane sconosciuto ma la sua meraviglia e importanza è innegabile e, se vi dovesse capitare di girare per gli sterminati Musei Vaticani, soffermatevi anche su questo torso di circa 159 cm, sui suoi muscoli e sulla perizia con cui fu realizzato e provate a immaginare chi fosse davvero il personaggio rappresentato e ripiegato su se stesso.
Salve, posso avere la bibliografia relativa a questo articolo per approfondire l'argomento? Grazie Barbara