“Così le città etrusche sono completamente svanite, come fiori: solo le tombe, i bulbi, hanno resistito sottoterra.”
(D. H. Lawrence, Etruscan Places)
Gli Etruschi sono quel popolo che, non avendoci lasciato quasi nulla della sua vita, ci ha però lasciato molto della sua morte.
È infatti proprio nelle tombe che gli Etruschi tornano in vita, ci danno un assaggio delle loro credenze e aprono lo spioncino delle loro case eterne, realizzate a immagine e somiglianza di quelle abitate in vita.
E dove studiarli nel miglior modo possibile se non nella Necropoli della Banditaccia che si estende su un’altura tufacea a nord-ovest di Cerveteri, l’antica Caere, non molto distante da Roma?
Dal 2004 la necropoli è stata riconosciuta sito Unesco mentre il suo curioso nome risale ai primi del Novecento, quando le terre venivano date in concessione tramite dei bandi: queste terre bandite iniziarono pian piano ad essere chiamate affettuosamente col nome di “Banditaccia” poiché mal si prestavano al pascolo e all’agricoltura e il nome rimase. La necropoli è la più estesa di tutta l’area mediterranea e si estende per circa 400 ettari, contando almeno 400 cumuli e ospitando defunti che vanno dal periodo villanoviano (IX a.C.) a quello ellenistico (III a.C.), in un meraviglioso modificarsi nel corso del tempo di modalità e usanze funerarie: tutto cominciò dal nucleo originario, costituito da tombe villanoviane, ossia la “Cava della Pozzolana”.
Si va dalle semplici tombe a pozzetto di IX-VIII a.C. in cui era diffusa la tecnica della cremazione e le ceneri venivano raccolte in urne, a quelle del periodo orientalizzante (VIII a.C.) in cui i tumuli raggiungevano dimensioni monumentali; si va dalle tombe del VI a.C., quelle del periodo arcaico, in cui compaiono decorazioni e il luogo di sepoltura diventa più simile a una casa vera e propria, a quelle della crisi di V a.C. in cui compaiono le tombe a dado, allineate lungo le strade, per poi arrivare alla decadenza del IV-III a.C. in cui aumentano gli scontri con a Magna Grecia, la presenza di Roma si fa sempre più sentire, e al contempo la cultura greca si insinua sempre più.
Sono le sepolture a tumulo, caratterizzate da una struttura tufacea a pianta circolare che racchiude al suo interno una vera e propria rappresentazione della casa del defunto, a darci un’idea di come dovessero effettivamente apparire quelle case che purtroppo a noi non sono giunte.
Tra i circa 400 tumuli della necropoli si staglia uno dei più grandi, il Tumulo degli Scudi e delle Sedie, di ben 40 metri di diametro. A questo appartengono 3 tombe, l’omonima Tomba degli Scudi e delle Sedie, la Tomba dei Leoni Dipinti e la Tomba dell’Argilla.
La Tomba degli Scudi e delle Sedie è una tomba a camera realizzata tra la fine del VII e l’inizio del VI sec. a.C., il momento in cui le decorazioni aumentano e le tombe diventano delle vere e proprie dimore: un corridoio di ingresso (dromos) dà accesso al vestibolo su cui si aprono lateralmente due camere e una sala rettangolare con un soffitto dal tetto piano e con travi in rilievo; sul fondo si aprono tre camerette con scavati nel tufo sei letti decorati con gambe a pilastrino e guanciali a semiluna. I sei letti intagliati servivano per le deposizioni maschili mentre le donne riposavano in casse a sarcofago. Sulle pareti, invece, svettano, sempre intagliati, quattordici scudi mentre, sulla parete di fondo, sono appoggiate due sedie a spalliera ricurva con sgabelli, tipiche della fine dell’VIII sec. a.C., e su queste sedie-troni dovevano essere poste delle statue in terracotta.
Una tomba davvero ricca di dettagli e particolari che ricorda decisamente una casa e deve essere stata dimora eterna di una famiglia di un certo riguardo.
La Tomba dei Leoni Dipinti, invece, è la più antica, posta al di fuori dell’area del Vecchio Recinto e risalente alla seconda metà del VII sec. a.C.: anche qui si trova un lungo dromos di accesso di ben 12 m, il quale termina con due identiche camerette laterali a cui si accede tramite due porte arcuate. Tutte e due sono dotate di due letti, di una banchina centrale e di una decorazione parietale, con i colori del rosso, del bianco e del nero, mescolati per rappresentare un uomo tra due leoni, gli ultimi di una fila che scorre sulle pareti laterali. Nella camera a destra si stagliano anche due grandi cesti scavati nel tufo, mentre travi e travicelli ricoprono i soffitti in una perfetta riproduzione delle coperture delle abitazioni ceretane.
Le pitture che hanno dato il nome alla Tomba non sono più visibili oggi, purtroppo, ma la grandezza di questa dimora per i defunti rimane.
Il Tumulo degli Scudi e delle Sedie è un esempio di come nel VII-VI sec. a.C. gli Etruschi abbiano cercato di trasformare i luoghi di riposo dei propri morti in vere e proprie abitazioni, secondo l’idea che la morte fosse solo un passaggio e la vita proseguisse nell’Aldilà…e dobbiamo davvero ringraziarli.
Per la loro serena visione della morte e per averci donato un assaggio delle loro dimore in vita.
Di Silvia Urtone
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