Di Silvia Urtone
«Gloria a Cesare, a Commodo-Ercole, Invincibile, Amazonio, sempre Primo, sempre Signore, Pio, Vittorioso»
Così l’imperatore Commodo pretendeva che tutto lo chiamassero.
Nato a Lanuvium il 31 agosto del 161 d.C. regnò per 12 anni, dal 180 al 192, subentrando al padre Marco Aurelio: membro della dinastia degli Antonini, venne visto come un successore di Caligola e Nerone, pazzo e brutale come loro.
Ma fu davvero un imperatore così terribile?
Volendo ipotizzare che qualche suo contemporaneo abbia ecceduto nel criticarlo e parlare delle sue spaventose azioni le fonti sono troppo concordi per poter avere dubbi sulla loro veridicità. Commodo era l’esatto opposto del padre e arrivò dopo un periodo in cui si erano succeduti imperatori che avevano fatto prosperare Roma: Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio…un periodo d’oro fino a che non arrivò lui.
Negli ultimi tempi gli imperatori non erano stati figli dei predecessori, seguendo l’idea di adottare il più degno, ma Marco Aurelio non seguì questo principio e scelse come proprio successore il figlio e il desiderio che salisse al trono nel modo più tranquillo possibile fu così forte che, in punto di morte, lo raccomandò ai soldati, affinché non si sospettasse che lo avesse assassinato: dopotutto Commodo era il ragazzo che, ad appena 12 anni, avendo trovato l’acqua del suo bagno a una temperatura non di suo gradimento, aveva ordinato che l’inserviente addetto venisse arso vivo!
La sua fama lo precedeva ma in ogni caso ad appena 19 anni salì al trono.
Nei primi anni si occupò delle guerre rimaste in sospeso con Quadi, Marcomanni, Ebrei e Saraceni ma aveva un carattere debole, delegò molto e non dimostrò il carattere deciso del padre, pur seguendo il suo esempio. D’altro canto iniziò la sua personale lotta contro Senato e nobili, espropriando loro molti beni, limitando la presenza senatoria e attirandosi il loro odio; dall’altra parte si rese fedele l’esercito tramite elargizioni di denaro e cercò di assicurarsi il favore del popolo dedicando grande attenzione agli spettacoli pubblici, sua grandissima passione.
Commodo iniziò a rivelarsi sempre più megalomane e crudele, voleva essere venerato e temuto come un sovrano orientale, un niente lo faceva scattare e ordinare di uccidere; costringeva i ricchi a lasciargli in eredità il loro patrimonio e i senatori, temendo di perdere la vita, assistevano controvoglia ai suoi spettacoli.
Questi ultimi erano grandiosi ed eccessivi, e l’imperatore, oltre a una propensione per le perversioni sessuali, aveva ereditato questa passione per i giochi, le venationes (le lotte tra uomini e animali) e i combattimenti tra gladiatori dalla madre Faustina: pigro per natura dedicava molto tempo all’arte della gladiatura, combatté con successo nell’arena per ben 735 volte, voleva essere pagato e desiderava essere chiamato “Ercole Romano”.
Fu proprio la sua passione per i giochi a ucciderlo.
Il 31 dicembre del 192, durante un banchetto, la sua concubina Marcia, in combutta con altri congiurati, gli diede una coppa di vino avvelenato che Commodo riuscì a vomitare sopravvivendo; stordito, decise di fare un bagno e a quel punto il gladiatore Narcisso, maestro personale dell’imperatore, venne assoldato, lo raggiunse in bagno e lo annegò nella vasca.
E così ebbero fine i 12 anni di terrore di Commodo, l’ultimo degli Antonini.
Il suo nome venne cancellato e riabilitato e divinizzato solo con Settimio Severo che voleva ricollegarsi alla dinastia antoniniana cercando il favore dei discendenti della famiglia.
Ma davvero non fece nulla di positivo?
In realtà, nonostante la sua cattiva fama, sono riconosciuti a Commodo dei meriti, dall’ampia tolleranza religiosa dimostrata al termine, anche se solo momentaneamente, delle persecuzioni contro i cristiani, dalla diffusione e pratica di culti orientali e stranieri al nuovo impulso dato alle arti.
Egli era l’ “Ercole occidentale” e come tale voleva essere rappresentato e onorato…ed è proprio così che appare nel busto marmoreo conservato ai Musei Capitolini!
Databile al 190 è in marmo greco, con base in alabastro e capelli forse dorati, proviene dai possedimenti imperiali sull’Esquilino e costituisce al contempo ritratto e immagine di un preciso programma politico. I caratteri fisionomici sono ben realistici e si possono confrontare con le raffigurazioni dell’imperatore sulle monete del 190: gli occhi sono allungati e socchiusi, il volto è allungato, il naso lungo e affilato, la bocca socchiusa sotto dei folti baffi e i capelli e la barba formano un’unica massa riccioluta che dà vita a un virtuosistico effetto di chiaroscuri tramite l’uso del trapano.
A parte i propri caratteri Commodo appare con un moderno Ercole, con le zampe della pelle leonina annodate sul busto e la bocca che ricade sulla testa come un cappuccio, la clava nella mano destra e appoggiata sulla spalla e i pomi delle Esperidi nella sinistra. Il sostegno del busto appare nascosto dallo scudo di un’Amazzone incorniciato da due cornucopie che poggiano su un globo con fascia zodiacale a sua volta circondato da due Vittorie inginocchiate (oggi rimane solo quella di sinistra).
Commodo-Ercole appare quasi annoiato, certo del suo potere e della sua posizione di “divinità”, e questo busto è un modo per glorificarlo e celebrarlo: le religioni orientali si sono infiltrate in Occidente, l’imperatore le ha fatte proprie e si è erto lui stesso a dio!
Così deve essere visto e in questa raffigurazione estremamente barocca ed eccessiva siamo ormai lontani da quel classicismo ripreso sotto Adriano.
Commodo è Eracle.
Commodo è dio.
Commodo è eccesso e follia.
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