Di Silvia Urtone
530 a.C.
Una data storica per la grande Atene. È la data a cui tradizionalmente viene fatta risalire la nascita in ceramica della tecnica a figure rosse destinata a diffondersi e a raggiungere livelli altissimi nel corso dell’età classica, il momento di massimo splendore in Grecia.
Ma, come prima cosa, in che periodo ci troviamo?
Siamo nella tarda età arcaica, l’età di Pisistrato, l’uomo che per ben tre volte aveva tentato di imporsi come tiranno ad Atene, la città che rifiutava la tirannia e difficilmente si piegava ad essa. Ma nel 534 a.C. egli riuscì nell’intento e la governò fino all’anno della sua morte, il 528, facendola emergere e brillare tra le altre città. Le fonti storiche sono infatti quasi unanime nel dare valutazioni positive sulla tirannide di Pisistrato, il quale non avrebbe mutato le leggi della città ma si sarebbe limitato a governare con moderazione: incrementò lo sviluppo dell’agricoltura, spinse per allestire una flotta, diede impulso alle attività artigianali, propose e attuò nuovi progetti edilizi…in poche parole consolidò l’egemonia ateniese!
Fu solo con il figlio Ippia al potere che la tirannia si inasprì, e questo segnò inevitabilmente la sua fine nel 514. Ma torniamo al 530 a.C., la data che in questa sede ci interessa.
La tecnica a figure nere si era imposta e prosperava, le opere del grande Exechias, capaci di commuovere e lasciare a bocca aperta, erano amate immensamente, ma qualcosa cominciava a muoversi e una nuova tecnica iniziava a farsi strada: la tecnica a figura rosse venne inventata!
Non tutti gli artisti inizialmente ne furono attratti, anzi, continuarono a dipingere alla vecchia maniera, primo fra tutti lo stesso Exechias in cui i temi mitologici, della vita e della morte trovavano l’espressione più alta, ma altri iniziarono ad utilizzare la nuova rivoluzionaria tecnica.
L’effetto prodotto era quello di un vero e proprio ribaltamento in quanto, al contrario dei vasi a figure nere, il fondo veniva coperto dalla vernice nera così come il contorno delle figure mentre la parte interna di queste ultime veniva risparmiata mantenendo il rosso dell’argilla; i dettagli non venivano più graffiti con la punta metallica ma venivano tracciato col pennello che permetteva di dosare meglio il colore: tutto ciò portava a una resa più particolareggiata e realistica dell’anatomia e dei panneggi dei personaggi raffigurati, necessità particolarmente sentita nella ricerca figurativa del periodo!
Uno dei primi a cimentarsi nella nuova tecnica, da alcuni considerato l’inventore stesso, fu il Pittore di Andokides che prende il nome dal ceramista presso cui lavorava e che fu forse allievo dello stesso Exechias. Questi su un lato dei vasi dipingeva con la nuova tecnica mentre sull’altro lo stesso soggetto veniva eseguito alla stessa maniera dal cosiddetto Pittore di Lysippides: per alcuni i due pittori erano la stessa persona, il Pittore di Andokides per inventare una nuova tecnica doveva conoscere la vecchia e in questa maniera poteva sperimentare pregi e difetti di entrambi gli stili.
La questione per ora non ha trovato soluzione ma rimane indiscutibile che nelle opere del Pittore di Andokides si possa notare in maniera ottima la fase di sperimentazione e passaggio da una concezione pittorica all’altra!
Un’anfora di questo tipo, detta “bilingue” per la duplicità di stili, estremamente importante in questo senso è quella con Eracle a banchetto, proveniente da Vulci (segno dell’importanza delle opere del Pittore di Andokides che venivano esportate anche in Etruria) e oggi a Monaco di Baviera, allo Staatliche Antikensammlungen: grazie a questa il confronto e il successivo passaggio tra la tecnica a figure nere e quella a figure rosse risulta estremamente più chiaro.
Alta 53 cm raffigura Eracle, l’eroe civilizzatore, l’eroe delle 12 fatiche, l’eroe molto caro nell’età di Pisistrato, qui non impegnato a compiere le sue imprese ma nei panni civili del simposiasta, del partecipante al banchetto: è su un kline, il tipico letto dei banchettanti, nelle mani un kantharos ricolmo di vino e davanti una tavola imbandita con carne e pane. A prima vista l’eroe sembrerebbe un Dioniso, specie per i tralci di vite sotto cui siede, ma i suoi classici attributi sono visibili alle sue spalle, ossia un arco, una faretra e una spada. Il suo sguardo è diretto verso la dea Atena, di fronte a lui, con indosso armatura e elmo.
Questo il tema ma le differenze nei due stili sono sostanziali e chiaro è il fatto che il Pittore di Andokides, se lui l’esecutore di entrambi i pannelli, non padroneggi ancora perfettamente la nuova tecnica e si senta più a suo agio dipingendo a figure nere!
La scena dipinta con la vecchia tecnica risulta più affollata di personaggi, accanto ad Eracle e Atena ci sono Ermes con il suo copricapo e i suoi sandali alati e un giovane coppiere nell’atto di mescolare acqua e vino, Eracle è disteso e sorregge la coppa con entrambe le mani, la resa anatomica è decisamente migliore, i ricci ben definiti; nella scena con la nuova tecnica il pittore inserisce solo i personaggi necessari alla comprensione del tema, Eracle e Atena, l’eroe non è disteso ma ha il busto sollevato, la coppa si poggia sul letto ed è tenuta da una sola mano, la tridimensionalità non è ben resa e il petto risulta un po’ schiacciato e informe, ma in compenso la veste della dea, il materasso e il cuscino sono ornati elegantemente.
La tecnica a figure rosse non è ancora stata appresa bene dal Pittore di Andokides, sta facendo ancora i suoi primi passi ma le sue potenzialità sono tutte qui e questo è solo il primo grande passo che muoverà nel mondo della ceramica greca!
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