Di Silvia Urtone
XIII-XII sec. a.C.
Il mondo miceneo è ormai in declino: i palazzi vengono distrutti, l’organizzazione palaziale scompare, scompaiono la grande architettura in pietra e i bellissimi e coloratissimi affreschi che decoravano le sontuose residenze dei palazzi minoici e micenei.
Vi è la crisi, l’impoverimento culturale, l’analfabetismo…e la cosiddetta “invasione dorica”, la cui data viene fissata dalle fonti al 1104 a.C., esattamente 80 anni dopo la famosa e tragica guerra di Troia, il periodo a cui risale la fine del mondo miceneo.
Nuovi popoli arrivano ad insediarsi in Grecia alla fine del XII sec., popoli che vengono gradualmente a riempire il posto vuoto lasciato dalla civiltà micenea, dando vita a una fusione tra popoli nuovi e popoli precedenti.
Ma non finisce qui e l’XI sec. segna l’inizio della “colonizzazione ionica”, ossia l’occupazione delle coste occidentali della penisola anatolica da parte di gruppi di Greci provenienti da varie aree della Grecia continentale e che qui in Asia vengono a mescolarsi.
Nuovi insediamenti, nuovi popoli, nuove culture vengono a trovarsi a contatto e a convivere.
Nuove forme artistiche vengono a crearsi in una commistione inevitabile tra vecchio e nuovo.
È un momento di passaggio fondamentale, si intensifica l’uso dei metalli, cambiamenti fondamentali si registrano in ambito funerario con un passaggio diffuso dall’inumazione alla cremazione, è il periodo dello stile geometrico e del costituirsi, dopo forme di tipo monarchico, della realtà della polis, la città di XI-VIII a.C. guidata da aristocratici proprietari terrieri.
Una nuova società e un nuovo modo di vivere nella Grecia continentale, ma quali testimonianze architettoniche ci ha lasciato l’età protogeometrica e geometrica qui?
Purtroppo poche.
Le dimensioni modeste degli edifici e il carattere effimero dei materiali impiegati non hanno permesso l’arrivo di molte testimonianze e hanno reso molto difficile la comprensione delle prime manifestazioni dell’arte di costruire. Le strutture del periodo sono in materiale deperibile, sorgono su muri di fondazione formati da piccole pietre e ciottoli di fiume, con alzati in mattoni crudi, impastati con argilla e paglia fatti essiccare, e inseriti in telai lignei. Le dimensioni, insieme alle competenze professionali, col tempo crescono e si fanno strada nuovi modi di assemblare e incastrare gli elementi di legno, vere strutture portanti dell’edificio.
I materiali usati sono poveri e deperibili ma le costruzioni che ne risultano sono perfette e ben progettate, caratterizzate da elementi ripresi dalla precedente cultura micenea e da altri totalmente nuovi.
Già dall’inizio, tra i tipi architettonici, a caratterizzarsi per grandezza, scelta oculata dei materiali e ricchezza degli ornamenti è l’edificio sacro, la “casa del dio”. Questa è quella a cui vengono date le cure più grandi, di contro alle abitazioni, realizzate secondo il puro e semplice principio della praticità, e le strutture dedicate allo svolgimento di attività di comune interesse, destinate a sorgere più tardi e al momento costituite da aree all’aperto.
Una in particolare è la struttura fondamentale per l’evoluzione delle prime forme dell’edificio di culto: l’Heroon di Lefkandi in Eubea.
Questo è un edificio monumentale della prima metà del X sec. a.C., a pianta rettangolare e terminante con un’abside a cui si accede dal lato corto tramite un’anticamera: la fondazione è in pietre, l’alzato in mattoni crudi, il tetto a doppio spiovente in canne e paglia e il peso di quest’ultimo è sostenuto da una fila di pali lungo l’asse centrale e da un recinto di oltre 60 pali attorno alla struttura.
Inizialmente venne forse eretto come abitazione di un re per poi diventarne la sepoltura. Infatti all’interno venne scoperta una tomba scavata nel pavimento e divisa in due comparti, uno contenente in un’anfora le ceneri di un guerriero sepolto con spada e punta di lancia e i resti di una donna con ornamenti in oro, bronzo e ferro, e l’altro contenente le ossa di quattro cavalli con relativi finimenti.
Dopo la deposizione l’Heroon venne chiuso, le rampe addossate ai muri a formare una sorta di tumulo che ricorda molto la pira che, nell’Iliade di Omero, venne eretta per i funerali di Patroclo: un tumulo in cui alla funzione funebre si sovrappone quella di un culto eroico e in cui il recinto esterno viene visto come precursore della successiva peristasi, frequente nei templi a venire.
È una fase di formazione e sperimentazione in ambito architettonico e nell’area dorica della Grecia continentale sono due le soluzioni che risultano essere quindi più utilizzate per la realizzazione di edifici sacri: il megaron miceneo e l’oikos.
Il primo, come l’Heroon appena visto, è un edificio a pianta rettangolare e terminante con un’abside, derivante da quelle sale di rappresentanza micenee in cui il signore si mostrava e in cui si eseguivano sacrifici e si consumavano pasti: questo ora diventa lo spazio dedicato alla divinità e alla sua immagine di culto, la sua casa, in cui il fedele può entrare per compiere sacrifici e banchettare con gli altri.
Il secondo è un ambiente quadrangolare di modeste dimensioni, con abside o meno, utilizzato come comune tipologia abitativa: è il tipico “tempio di villaggio”, la tipologia più diffusa almeno fino al VII a.C., estremamente simile alla casa vera e propria.
Oltre ai pochi resti giuntici è grazie ai modellini offerti come doni votivi che possiamo comprendere meglio le tipologie architettoniche di questa fase.
Siamo solo agli inizi ma già da queste prime realizzazioni possiamo intuire la grandezza di quelli che saranno templi destinati ad essere ricordati per sempre.
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