Nel Midi francese, proprio a due passi dalla Camargue e da Arles, si trova la città di Nîmes.
La “Roma francese”.
Era l’antica Nemausus: il suo nome derivava probabilmente da quello del dio celtico patrono, dato che in precedenza la città era capitale del popolo indoeuropeo dei Volsci, il quale lasciò le sue terre di origine e divenne popolo italico, attraversando gli Appennini e giungendo sul Tirreno; secondo un’altra versione il nome verrebbe dal figlio di Eracle, Nemausos, che ne fu il fondatore.
L’aggregato primitivo crebbe sul monte Cavalier, ottimo difensivamente parlando e per la sua posizione accanto a una fonte perenne. Già opera dei Volsci fu tra il III e il II sec. a.C. la costruzione di una grande cinta muraria, a sua volta circondata dall’acqua, un’ulteriore barriera che la rendeva quasi impenetrabile.
Nemausus prosperava dall’alto del suo monte ma arrivarono i Romani, i legionari del grande Cesare stesso, di ritorno dall’Egitto, i quali fondarono una nuova colonia romana, contrassegnata dallo stemma di un coccodrillo incatenato a una palma, ricordo delle campagne appena concluse.
La nuova colonia sorse nelle vicinanze dell’antico villaggio celtico e finì poi per assorbirlo e proprio qui in seguito si trasferirono i soldati greco-egiziani dell’esercito di Antonio; sotto Augusto, nel 27 a.C., essa prese il nome di Colonia Augusta Nemausus, in occasione della riorganizzazione della Gallia Narbonese, e altre colonie furono a lei unite, come Arles e Narbona.
La ricchezza e importanza della città erano garantite dalla sua posizione sulla Via Domitia che collegava l’Italia alla Spagna e consentiva un ampio traffico di commerci, e tutta questa prosperità portò alla costruzione di una cinta muraria di più di 6 km e di monumenti, come il grandioso anfiteatro, giunto intatto e costruito nel I sec. d.C., un tempio costruito in onore della dea Diana, e moltissime domus decorate con raffinati e meravigliosi pavimenti a mosaico.
Nîmes era una delle città più ricche della Francia, di qui fu originaria persino la famiglia dell’imperatore Antonino Pio e la perfetta conservazione delle bellezze di epoca romana le valse proprio la denominazione di “Roma francese”!
E allora andiamo a dare un’occhiata a un paio dei mosaici che illuminavano le stanze delle ricche case nobiliari: durante gli scavi in via Jean-Jaurès, un’equipe dell’Istituto nazionale di ricerche archeologiche preventive ha scoperto nei pressi di un grande parcheggio sotterraneo un quartiere dell’antica Nemausus, e all’interno di una ricca residenza romana due grandi mosaici.
Il primo ha una superficie di 35 metri quadrati, è ben conservato e di qualità elevatissima, e raffigura un episodio tratto dalla Gigantomachia, la mitica guerra che vide schierati gli dèi olimpi e i Giganti: era questo un tema assai diffuso nell’arte ed era parte del complesso processo di costruzione di un cosmo privo di caos e in cui domini l’armonia. A seguito della lotta con i Titani, dal seme di Urano gettato nell’acqua del mare nacquero i Giganti, una mescolanza di umano e divino che li accomunava all’eroe Eracle stesso. E così ebbe inizio la lotta tra i ribelli figli di Urano e gli dèi, con uno scontro che partì dalla Sicilia e arrivò fino alla dimora degli dèi, terminando con la giusta vittoria di questi ultimi e con la restaurazione dell’ordine e della pace.
Il mosaico era costituito da sedici medaglioni ovali con uccelli, quattro medaglioni agli angoli, ciascuno con una baccante stante, e un quinto centrale con il dio Bacco che atterra il gigante Eurito, inginocchiato e nudo; attorno alla raffigurazione centrale quattro medaglioni con busti che sembrano essere le quattro Stagioni, simbolo dello scorrere del tempo e forse eco di un equilibrio che, dopo quella terribile lotta, permane grazie a Roma; la composizione termina con quattro medaglioni semicircolari, due con teste di divinità, forse Pan e Sileno, e due con maschere teatrali.
L’opera musiva è conosciuta anche con il nome di “Mosaico di Penteo”, il protagonista della tragedia euripidea de Le Baccanti, in cui Penteo è il re di Tebe, superbo e macchiatosi di hybris, che disprezza Dioniso e i suoi riti, opponendosi ai seguaci del dio e al dio stesso, e finisce per essere ucciso dalla madre in preda all’estasi dionisiaca.
Il secondo mosaico, invece, è più grande, di ben 50 metri quadrati, ed è costituito da una serie di bande e motivi geometrici che inquadrano la scena centrale in cui viene narrata la celebre vicenda di Achille nell’isola di Sciro: egli dalla madre era stato nascosto qui travestito da donna, nel gineceo del re Licomede, affinché non venisse trovato dai Greci e coinvolto nella Guerra di Troia che gli avrebbe portato la morte, ma alla fine, tramite un trucco dell’astuto Odisseo, era stato scoperto e aveva preso parte alla guerra che lo avrebbe condotto alla morte e alla gloria.
Due mosaici davvero incredibili che ci danno solo un piccolo assaggio dello splendore dell’antica “Roma francese” e che possiamo oggi ammirare nell’audace Museo della Romanità, davanti all’anfiteatro di Nîmes!
Di Silvia Urtone
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