Di Silvia Urtone
“Roma ci meraviglia con i suoi tesori. All’interno del Foro Romano una nuova emozionante scoperta archeologica: un ambiente ipogeo con un sarcofago in tufo del VI secolo a.C. Grazie al team di studiosi che ha condotto le ricerche.”
È con queste parole che la sindaca Virginia Raggi celebra e saluta una nuova impressionante scoperta che si è compiuta proprio questo lunedì, 17 febbraio, nel Foro Romano, Parco Archeologico del Colosseo, Roma.
Si tratta della tomba di Romolo.
O, meglio, si pensa possa essere parte di quel luogo sacro destinato al riposo eterno e alla venerazione del mitico fondatore di Roma. Si pensava infatti che il primo re della Città Eterna riposasse in un heroon, una tomba eroica, e che vi fosse anche un santuario a lui dedicato, luoghi che, da quello che le fonti tramandavano, si trovavano dietro i rostra repubblicani.
Perché tutto questo disturbo per un re e non un dio?
Perché in realtà, nonostante i Romani non attribuissero facilmente caratteristiche divine agli uomini, ciò non valeva per Romolo, primo dei sette re di Roma!
Egli aveva origini divine, era figlio del dio della guerra Marte e della vestale Rea Silvia, discendente addirittura dall’eroe troiano Enea, a sua volta figlio di un mortale e della dea della bellezza Afrodite e, come se ciò non bastasse, la sua morte avvenne in una maniera misteriosa e non affatto comune. Secondo la leggenda, infatti, Romolo, il 5 o il 7 luglio del 716 a.C., durante un’adunanza del popolo in Campo Marzio, venne assunto in cielo avvolto in una nube, nel bel mezzo di una tempesta o di un’eclissi.
Scomparve così, semplicemente, nessuno lo vide più.
“La luce del sole si sarebbe offuscata, sarebbe calata una notte che non era placida né serena, ma agitata da terribili tuoni e scossa da ogni parte da raffiche di vento e da pioggia scrosciante. Allora la folla, che era accorsa numerosa, si sarebbe dispersa, mentre i potenti si radunarono l’uno accanto all’altro; quando la bufera cessò e tornò la luce, il popolo convenne nel luogo di prima alla ricerca del re, pieno di rimpianto; ma i potenti non permisero che si affannassero a cercarlo; invece invitarono tutti a onorare e venerare Romolo poiché era stato innalzato tra gli dèi: da buon re sarebbe divenuto per loro un dio propizio.”
Così descrisse questo momento Plutarco nella sua Vita di Romolo e il re venne proclamato dio con il nome di Quirino, venerato nei secoli a venire.
Figura ritenuta spesso simbolica e non realmente esistita, Romolo è stato rivalutato dall’archeologo Andrea Carandini grazie a scavi svoltisi sulle pendici del Palatino, con il ritrovamento dell’area corrispondente al palazzo reale di Romolo, quello dell’antico pomerio, il confine sacro della città, e in più resti attribuibili al VII sec. a.C., periodo della mitica fondazione di Roma. Inoltre il ritrovamento del Lapis Niger, la pietra nera, nel Foro Romano individuerebbe il luogo dell’ascensione/morte dello stesso Romolo!
Ma veniamo al ritrovamento di questa settimana.
Fin dall’inizio del Novecento era stata ipotizzata nel Foro Romano la presenza di una tomba riservata a Romolo: il celebre architetto e archeologo Giacomo Boni aveva sollevato l’ipotesi che, non lontano dal Lapis Niger e dal Comizio, ci fossero una tomba e un santuario dedicati proprio a lui. Partendo da ciò una campagna è stata iniziata un anno fa e condotta presso la Curia e il Comizio, proprio dove si svolgeva la vita politica dell’antica Roma, e finalmente un ritrovamento c’è stato, proprio al di sotto della scalinata di accesso alla Curia, la quale venne realizzata negli anni ’30 del Novecento da Alfonso Bartoli.
Il luogo doveva avere avuto una certa rilevanza per essere stato preservato dalla Curia sovrastante e in effetti coincide proprio con quello che le fonti indicavano essere il punto della sepoltura di Romolo, dietro ai Rostra repubblicani.
Quello che nel Parco Archeologico del Colosseo si pone davanti agli occhi degli archeologi è dunque un ambiente sotterraneo con al suo interno un sarcofago in tufo, ricavato proprio dalla pietra del Campidoglio, risalente al VI sec. a.C. e lungo circa 1.40 m, e un elemento circolare a lui collegato, probabilmente un altare. In asse con questo luogo viene a trovarsi proprio il Lapis Niger, ossia la pietra nera che indicava il luogo terribile in cui era morto Romolo.
Un caso che la sepoltura sia così vicina al luogo dell’ascensione del dio-re?
Parrebbe strano e la prima idea dopo il ritrovamento è che possa davvero trattarsi della sepoltura dello stesso Romolo nelle vicinanze del luogo della sua morte e della sua ascensione, come ci narra la leggenda.
Studi sul ritrovamento sono ovviamente ancora da fare ma la novità scatena la fantasia degli appassionati e la felicità degli archeologi…e Roma continua a donare meraviglie e spezzoni del suo mitico passato a chi sa guardare!
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