Di Silvia Urtone
Gli Etruschi sono un popolo misterioso ma, nonostante ciò, il più importante prima dell’arrivo della potenza di Roma.
La loro letteratura è stata deliberatamente distrutta nei primi secoli del cristianesimo, un probabile tentativo di nascondere qualcosa di importante e nocivo che avrebbe ostacolato la diffusione di questa nuova religione. La superiorità della cultura romana ha messo in ombra quella etrusca da cui essa ha in realtà preso a piene mani. L’onta dei Tarquini nel periodo regio di Roma ha contribuito a decretare la fine degli Etruschi. La rarità di testimonianze della loro arte non ha permesso di conoscere molto di questo popolo italico.
Ma ci sono le tombe.
Ci sono le splendide tombe etrusche, testimonianza unica e tangibile di quello che fu un popolo estremamente religioso, estremamente innovativo ed estremamente sensibile all’arte greca e orientale. Le tombe ci danno una giusta visione della cultura etrusca e le pitture che accompagnavano i defunti nel loro viaggio nell’aldilà ci mostrano un popolo che, nonostante la naturale paura della morte, viveva in armonia godendosi la vita.
Quello che si apre davanti al visitatore che si appresta ad entrare nel luogo di riposo eterno è un luogo colorato, amichevole e per niente oppressivo e claustrofobico, in cui figure del passato si muovono con gioia e allegria, rasserenano lo spirito e portano al sorriso.
La Tomba dei Leopardi è una di queste tombe.
Si trova a Tarquinia, nella necropoli di Monterozzi ed è datata al 473 a.C.: è una delle opere più significative dell’arte funeraria etrusca tanto da essere riconosciuta nel 2004, insieme alla necropoli stessa, patrimonio dell’umanità dall’UNESCO!
Accostiamoci ora con silenzio alla tomba…dopotutto è luogo di riposo per i defunti.
Si tratta di una tomba a camera a pianta rettangolare e tetto a doppio spiovente, con un accesso che avviene attraverso un breve corridoio costituito da gradini. Entrando e alzando gli occhi notiamo gli spioventi del soffitto decorati con file parallele di scacchi bianchi, rossi e verdi, quasi un’antica bandiera italiana, colori che ricorrono nelle linee parallele che delimitano il trave di colmo e nei cerchi concentrici che si trovano al suo interno, immersi in un campo bianco.
Il suo nome si deve proprio alla raffigurazione di due leopardi maculati che si stagliano nello spazio trapezoidale posto di fronte all’ingresso, tra gli spioventi del tetto della parete di fondo, ritratti simmetrici, snelli ed eleganti, e con le fauci spalancate, attorno a un albero.
La stanza che ospita la tomba è piccola ed incantevole, non mostra i segni devastanti del tempo e i dipinti alle pareti non appaiono neanche troppo danneggiati: molte tombe etrusche, col passare dei secoli, sono in qualche modo state rovinate dalle intemperie e dal vandalismo, abbandonate e trascurate come luoghi senza alcuna importanza ma per fortuna nulla di tutto ciò è avvenuto qui. Le pitture appaiono vivaci e colorate, quasi come se i colori fossero appena stati stesi, e sono gli azzurri, i verdi, i rossi e i neri a fare da padroni sulle pareti che hanno assunto una graziosa sfumatura oro-crema. E qui, su queste pareti, continuano a vivere gli antichi Etruschi, nelle allegre e vibranti figure che popolano la stanza.
Nella parete di fondo, quella verso cui va automaticamente lo sguardo, quella in cui i due leopardi si fronteggiano araldicamente, si svolge un ricco banchetto all’aperto, fra alberi di ulivo, in cui i commensali sdraiati su triclini a coppie, sia uomini che donne, chiacchierano, mangiano e bevono animatamente e senza freni, serviti da giovani servitori nudi: il banchettante a capo tavola, probabilmente il defunto a cui era dedicata la tomba, solleva un uovo, tenendolo con attenzione tra pollice e indice, e lo mostra alla donna vicino a lui a agli altri ospiti, come chiaro augurio e certezza di rinascita. La morte non deve spaventare, i vivi devono continuare a vivere e i morti non sono veramente morti, ma continuano a vivere nell’aldilà: la morte è rinascita e tutto è così colorato da sembrare un’allegra festa in onore dell’ospite principale.
Sulle altre pareti campeggiano danzatori e musicanti i quali, dall’entrata, si muovono e scorrono verso la parete principale di fondo, fulcro della festa. Sul muro di destra si muovono con circospezione quelli che vengono chiamati “i tre musici”, uomini con indosso solo una sciarpa svolazzante e colorata e una clamide usata come un mantello: uno suona il doppio flauto, pigiando i tasti con vigore, uno sfiora con le dita una lira a sette corde mentre quello di fronte si volta danzando e fa un segnale con la mano sinistra mentre nella destra tiene una grande coppa di vino. In un vortice di colori le tre figure avanzano, calzando sandali, muovendosi tra piccoli arbusti e facendo svolazzare le vesti, pieni di vita e gioia: costituiscono l’affresco più conosciuto della Tomba dei Leopardi e l’immagine più famosa di tutto il popolo etrusco!
La vitalità che gli affreschi trasmettono allo spettatore è caratteristica propria degli Etruschi, è il modo in cui questi affrontavano la vita stessa, attraversandola quasi a passo di danza, suonando, bevendo e banchettando, pieni di gioia e speranza, pieni di esuberanza e colori.
La Tomba dei Leopardi è un tassello fondamentale per conoscere questo popolo a cui Roma deve tanto, è un assaggio di quello che gli Etruschi erano capaci di fare e costituisce anche un suggerimento ad affrontare la vita con più leggerezza e positività.
“Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore.”
[Italo Calvino]
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