Di Silvia Urtone
La morte inevitabilmente è qualcosa che spaventa. È qualcosa di lontano e indefinito che attende tutti prima o poi. Evitare di pensarci è praticamente impossibile, specie se arriva all’improvviso a colpire con forza la nostra famiglia…ma ci possono essere alcuni “trucchi” per cercare di farla apparire un po’ meno spaventosa.
E gli antichi Romani lo sapevano bene!
Uno dei loro trucchi era rappresentare l’Aldilà, dove l’anima andava dopo la morte, come qualcosa di gioioso, un luogo pieno di amore e popolato da figure mitologiche.
E dove rappresentare questo felice Oltretomba se non sui sarcofagi che ospitavano le spoglie mortali dei loro defunti?! È proprio su questi che i morti vengono raffigurati in luoghi meravigliosi in compagni di tante e tante figure della mitologia, primi tra tutti i personaggi del tiaso dionisiaco e la coppia di Eros e Psiche.
Oltre ad essere accompagnamento di Dioniso e Arianna, le figure del tiaso si presentano, infatti, come protagoniste o personaggi di contorno dei busti dei defunti: il corteo gioioso e festante che preannunciava l’arrivo del dio del vino è costituito da Menadi, le adoratrici di Dioniso, che suonano e danzano prese dall’estasi divina, da Satiri, figure animalesche con coda di cavallo e corna caprine, da Sileni ubriachi o a volte miti e saggi, da Pan, dio agreste dalle zampe caprine che suona il suo flauto, e da Priapo, il dio della fertilità, rappresentato col fallo eretto.
Siamo nel III-IV sec. d.C. e ben quattrocento sono gli esemplari che recano rappresentazioni del dio e del suo tiaso ma il corteo appare usato anche in altre raffigurazioni funerarie in cui Dioniso non è presente.
Ecco, dunque, comparire Menadi che vengono a mescolarsi con strumenti ed elementi dionisiaci, come pantere, strumenti musicali e maschere di Pan, Amorini, generalmente accompagnatori di Eros, e persino il dio dell’amore stesso, con o senza la compagnia dell’amata Psiche. I piccoli Amorini, in cui a volte viene anche a confondersi il defunto, appaiono immersi nel seguito dionisiaco, danzano, portano torce, ghirlande, suonano, hanno in mano tirsi, accompagnano Menadi, cacciano, giocano oppure sono i portatori di scudi con all’interno il busto del defunto.
I vari personaggi descritti danno vita così a immagini di gioia che sembrano voler augurare ai defunti un aldilà felice, dionisiaco, pieno di musica, canti e amore.
Ma in alcuni casi particolari certi volti che partecipano alle attività che si svolgono nella raffigurazione (come i musici o lo stesso Eros) appaiono sbozzati.
Quale il motivo? Erano stati previsti per essere completati e questo completamento non era avvenuto?
La cosa interessante da notare è che gli esemplari indicati con questa caratteristica appaiono soprattutto su sarcofagi destinati a bambini: volti sbozzati di bambini morti, Menadi bambine che suonano, Cupidi sempre fanciulli…prima di ipotizzare una possibile spiegazione andiamo a vedere due esemplari nello specifico.
Uno è un sarcofago a Roma, Palazzo Barberini, Sala dei Marmi, con proposte di datazione che oscillano tra il 230-240 d.C. e il 250-260 d.C.
Al centro della composizione si trova un fanciullo nudo con tirso e mantello sulle spalle, identificato come un possibile Eros, circondato da Amorini alati e Menadi che incedono e suonano vari strumenti musicali; alla destra del dio, una Menade infantile, vista di tergo e con una giacca che la lascia scoperta dietro, suona uno strumento a fiato e si rivolge al protagonista; ai lati due teste di leone, con al di sotto motivi vegetali con foglie d’acanto.
Il tema dionisiaco è chiaro e la figura centrale protagonista è stata ipotizzata essere quella di Eros, nuda e accompagnata da un Amorino alato del suo seguito o quella di un Dioniso bambino, con in mano un tirso e circondato da Menadi.
Che sia Dioniso o Eros, l’effetto della rappresentazione non cambia, e trasmette una gioia travolgente, e la speranza che la vita dopo la morte sia proprio così, piena di danze, musica ed amore.
L’altro sarcofago, collocato temporalmente tra il 280 e il 290 d.C., si trova a Firenze, nel Corridoio Vasariano della Galleria degli Uffizi.
Sul lato frontale della cassa si snoda una processione di sei paffuti Amorini alati, nudi e ubriachi che suonano strumenti musicali e recano ceste, incedendo come facenti parte del seguito di Dioniso.
L’Amorino centrale appare diverso dagli altri cinque, indossa una lunga clamide, in mano tiene una lira…e presenta un volto sbozzato in cui si riconoscono solo le cavità in cui dovrebbero esserci gli occhi, sbozzato come risulta essere anche quello del piccolo Eros-Dioniso del sarcofago di Palazzo Barberini!
Tutte le altre figure hanno volti ben delineati quindi perché lasciare incompleti proprio i due protagonisti?
Una affascinante spiegazione è quella che sia stato un desiderio dei committenti: i defunti contenuti nei sarcofagi erano forse bambini morti prematuramente, bambini la cui morte non si riusciva proprio a concepire, bambini a cui si voleva concedere la possibilità di crescere anche nell’Aldilà. Volti non fissati sulla pietra, dunque, i loro, ma semplicemente abbozzati e con la possibilità di modificarsi nel tempo.
I genitori avrebbero così permesso ai loro figli di crescere in un Aldilà lieto, pieno di ebbrezza, musica, danze e amore, tutte cose che, nella loro breve vita, non erano state provate e vissute.
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