Di Silvia Urtone
Non sappiamo il suo nome.
Non sappiamo se fosse maschio o femmina.
Ma sappiamo che aveva cinque o sei anni…e che morì a quell’età.
Il nome con cui viene ricordato è il Bambino di Fidene.
Siamo nel II sec. d.C., l’Impero ha raggiunto la sua massima espansione sotto la guida di imperatori che amministrano saggiamente: è il secolo d’oro dell’Impero Romano. Fidene è una cittadina non troppo lontana da Roma, pochi chilometri a nord, sulla Via Salaria, una semplice cittadina di campagna, piena di ville, abitata da alcuni nobili e in particolar modo da pastori e artigiani.
Proprio in questa zona, durante degli scavi all’inizio del Novecento, in una tomba di gente comune, viene alla luce il nostro bambino, il cranio perfettamente conservato insieme al resto dello scheletro, oggi esposto così come venne ritrovato nel Museo della Storia della Medicina dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Quello che salta subito all’occhio è il grande foro presente sul cranio, di circa 5 cm.
Questo è il chiaro segno di un intervento chirurgico che il piccolo dovette affrontare nel II sec. d.C., un intervento particolare e difficile, ossia la trapanazione cranica usata come sorta di palliativo, una delle più antiche testimonianze nel mondo antico!
Le capacità mediche erano a quel tempo molto sviluppate ma risulta davvero incredibile che una difficile operazione che si fa persino oggi possa essere stata compiuta anche duemila anni fa. L’operazione sarà di certo stata molto cara e, quindi, chi mai era questo bambino?
Probabilmente apparteneva alla famiglia di qualche liberto di uno dei proprietari terrieri che abitava la zona: a quei tempi il padrone era una sorta di padre per tutti i suoi sottoposti, aveva degli obblighi nei loro confronti e doveva occuparsi anche della salute dei figli di liberti e schiavi. È quindi probabile che fu un proprietario terriero a pagare la costosa operazione del figlio di un suo liberto, alla sua morte seppellito in una tomba di gente comune.
Veniamo ora all’operazione affrontata.
Dalle analisi dei paleontologi sembra che il cranio fosse più grande del normale e che questo comportasse forti mal di testa, nausea, convulsioni, vomito, torpore e crisi epilettiche: probabilmente il bambino aveva un tumore al cervello che aumentava i dolori.
Proprio per questi motivi si tentò di fare qualcosa per ridurre almeno un po’ la sofferenza di un malato già condannato a morte dalla malattia e si decise di eseguire un intervento assai complicato, ossia esportare parte del cranio e rimuovere una parte di osso così da ridurre la pressione interna del cervello.
Secondo le fonti il famoso medico Galeno aveva scritto chiaramente e con particolari riguardo vari interventi chirurgici, anche della trapanazione del cranio a cui fu sottoposto il bambino di Fidene: egli operava in quel periodo a Roma e potrebbe addirittura essere stato lui a eseguire l’operazione, anche se prove non ve ne sono. Quel che è certo è che fu un intervento davvero delicato e che il medico fu davvero eccellente nella sua esecuzione.
Stando alla ricostruzione dei paleontologi questi aveva inciso con sicurezza l’osso, identificando con precisione la zona del cervello più compromessa dalla malattia e quella in cui le emorragie si sarebbero potute evitare; con lo scalpello aveva tracciato una linea continua a forma di “U” e poi aveva sollevato e tolto l’osso; la ferita era poi stata fasciata e medicata secondo le ricette di Galeno, con polveri di radici di varie erbe, olio di rosa, polvere di coralli neri, sangue di piccione e colomba e una mistura di sale marino in acqua piovana, aceto e miele: nel complesso una tecnica diversa rispetto a quelle usate dai medici nell’antichità per la trapanazione in caso di fratture o traumi cranici, probabilmente scelta per la giovane età del paziente in questione.
Purtroppo la ferita si infettò, come dimostrano le analisi delle ossa vicino al foro, e un mese dopo il bambino morì.
Ma il difficile intervento era riuscito, non vi fu stress fisico successivo a questo, del materiale osseo si era parzialmente riformato sui bordi del foro, i medici si erano presi cura del piccolo paziente e questi aveva lottato fino alla fine opponendosi alla malattia e alla morte.
Alla fine fu tutto inutile ma i medici con l’operazione riuscirono a regalare un mese al bambino.
Il reperto resta unico del suo genere: è una testimonianza di umanità e delle eccellenti capacità della medicina dell’epoca.
Il bambino di Fidene, un piccolo figlio di liberti, uno dei tanti, è oggi ancora pronto ad emozionare i visitatori e a mostrarsi come ricordo di un mondo perduto, come ricordo di una vita che si spense nonostante le più amorevoli cure mediche.
Andate al Museo della Storia della Medicina de “La Sapienza”.
Andate a salutare il Bambino di Fidene.
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