Di Silvia Urtone
“Pompei è una bellissima storia di riscatto e rinascita. Era sinonimo di crolli, di file di turisti in attesa davanti ai cancelli, di incapacità di spendere i fondi, adesso è l’opposto. È un modello nel mondo, come hanno riconosciuto l’Unesco e la stessa Unione Europea.”
Con queste parole Dario Franceschini, il ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, saluta un nuovo fiorente capitolo per Pompei, la città sepolta sotto lava e lapilli e conservatasi perfettamente a seguito dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
E in effetti Pompei ha ancora davvero molto da dare e, dopo un periodo di crolli e impossibilità di stanziare fondi, finalmente la luce torna a splendere sul sito: si chiama Grande Progetto Pompei ed è stato avviato nel 2014, mettendo a disposizione ben 105 milioni di euro, i quali sono stati usati per restaurare e continuare le attività di ricerca e di messa in sicurezza delle bellezze riemerse!
Il Progetto, proprio pochi giorni fa, si è concluso ma non costituisce una fine bensì un inizio, in quanto altri 50 milioni sono stati stanziati per proseguire i lavori.
Questi ultimi, infatti, non termineranno mai e, su sessanta ettari in tutto, ancora ventidue rimangono da scavare.
Ma intanto bisogna festeggiare perché, a partire dal 18 febbraio e dopo 40 anni, ben tre nuove domus diventano finalmente visitabili e agibili, pronte a stupire e a riempire di meraviglia gli occhi e le menti dei tanti e tanti visitatori che ogni anno si recano nel famoso sito archeologico.
Le tre domus dominano Via dell’Abbondanza, nella Regio I, l’amore è il filo conduttore che le lega e ci presentano uno spaccato della vita amorosa pre 79 d.C. nella bella Pompei: sotto luci al led si svelano le bellezze degli affreschi e dei colori di queste nuove abitazioni tornate finalmente alla vita e non si può che rimanerne affascinati!
La domus degli Amanti era rimasta chiusa dal terremoto dell’Irpinia del 1980 e oggi finalmente torna a mostrarsi come unico caso in cui si veda l’esatta distribuzione degli spazi di una casa del 79 d.C.: infatti è uno dei pochi casi a Pompei di cui si siano conservati i piani alti, per lo più travolti dall’eruzione. Il secondo piano durante gli scavi degli anni ’30 riuscì ad essere recuperato e oggi l’abitazione, l’unica con il peristilio doppio, ritorna restaurata.
L’architetto Le Corbusier nel lontano 1920 aveva tanto decantato la bellezza della domuscome piena di armonia e perfetta tra edilizia e giardino, quest’ultimo oggi ripristinato, e proprio oggi possiamo finalmente vederla anche noi con i nostri occhi.
Ma su di essa aleggia un mistero: era una casa di piacere?
Il suo nome deriva da un quadretto posto all’ingresso in cui un uomo dalla carnagione bruna bacia una donna distesa su un fianco nel corso di un sontuoso banchetto, accompagnato dall’iscrizione “gli amanti conducono, come le api, una vita dolce come il miele”: questa, già a quei tempi, era stata completata con un ironico “magari” che ne stemperava il romanticismo e, come se non bastasse, sulle colonne della casa appaiono incisi nomi femminili.
Una casa dell’amore?
Al momento gli archeologi non sono convinti di questa ipotesi e, anzi, gli ambienti sono proprio quelli di una vera e propria casa e nelle case non era poi così strano che il padrone facesse prostituire le ancelle. Era una società diversa dalla nostra, l’amore era sempre celebrato e i costumi ben più liberi ma ciò non farebbe della nostra domus un bordello.
La domus del Frutteto era in passato stata aperta ma non si era eseguito un restauro degli affreschi: probabilmente apparteneva a un ricco vinaio e subito colpiscono le pitture di giardino dai colori estremamente brillanti, i quali risaltano enormemente su un fondo nero così particolare da meritare il nome di “nero pompeiano”. Il triclinio appare interamente affrescato di nero su cui si stagliano cornici rosse che inquadrano scene mitologiche e finte architetture popolate di animali e oggetti e accanto vi è il Cubicolo dell’Amore notturno: nella parte bassa la decorazione consiste in un giardino sacrale legato al culto del dio Osiride, illuminato a giorno e ricco di vegetazione e di simboli di quell’Egitto misterioso che tanto affascinava gli antichi Romani; nella parte superiore fa da pendant un giardino immerso nel nero pompeiano che esalta il colore di alberi rigogliosi che sembrano quasi brillare e tra le cui foglie compaiono animali variopinti, fiori e limoni, mentre al centro della scena un serpente si avvolge attorno a un fico.
Questo era il luogo pensato per l’unione degli amanti, proprio accanto al triclinio, qui si cedeva alla tentazione, simboleggiata dalla figura del serpente, qui l’incontro amoroso avveniva sotto gli occhi del dio dell’ebbrezza e degli eccessi Dioniso, dipinto di scorcio, proprio per essere osservato da distesi sul letto: l’amore benedetto dal dio qui si compiva.
La domus della Nave Europa ospita invece una macina per le olive e una stalla per l’allevamento di animali: precedentemente era tutta puntellata perché il soffitto non reggeva più ma con il restauro la copertura è stata ripristinata. Un grande graffito si staglia e presenta scene marine e, in mezzo a imbarcazioni minori, una grande nave dal nome “Europa” che dà il nome alla casa.
In tutte e tre queste nuove domus aperte al pubblico l’opulenza dei proprietari e la loro voglia di stupire e affascinare i visitatori sono palpabili…e di certo anche oggi il loro desiderio continua ad essere esaudito!
Un pizzico di amore nella città sepolta dall’eruzione del Vesuvio.
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