“Si narra che i Giganti, aspirando al regno celeste, ammassassero i monti gli uni sugli altri fino alle stelle.”
(Ovidio, Le Metamorfosi)
La lotta tra gli dèi e gli spaventosi Giganti è un tema piuttosto diffuso sia nella letteratura che nell’arte greca.
È la Gigantomachia, l’ultima fase della Cosmogonia, il processo di costruzione di un cosmo che non sia dominato dal caos ma in cui viga l’armonia!
In primis è il poeta greco Esiodo a parlarcene a lungo nella sua Teogonia, con una descrizione approfondita di quel momento in cui si giunse all’equilibrio dopo scontri e violenza. All’inizio vi fu la Titanomachia, la guerra tra i Titani, figli di Urano e Gea, e gli dèi dell’Olimpo guidati da Zeus: non tutti i Titani riuscirono ad accettare il dominio di Zeus, si ribellarono ed egli li punì duramente …ma uno di questi, Crono, evirò il padre Urano che, costantemente poggiato su Gea, si univa a lei continuamente impedendo ai figli di vedere la luce; si staccò da lei e gettò il suo seme nel mare dando vita a creature che incarnavano odio e caos, i Giganti, simili ai Titani per forza, umani e divini, dal corpo smisurato e dalle code di draghi.
Così ebbe inizio la Gigantomachia, la battaglia finale tra dèi ed esseri mostruosi, in cui protagonista decisivo fu anche l’eroe Eracle, metà umano e metà divino: lo scontro partì dalla Sicilia, arrivò ai piedi del monte Olimpo e si concluse con la definitiva vittoria degli Olimpi.
Secondo una versione più tarda, quella delle Metamorfosi di Ovidio, l’evento accadde quando gli uomini già popolavano la terra e i Giganti, sfrontati e pieni di ambizione, vollero ribaltare l’ordine instaurato da Zeus, creando una scala che arrivasse all’Olimpo…e rimasero schiacciati dalle montagne fatte cadere loro addosso da Zeus.
Ebbene, proprio questo incredibile e anche simbolico racconto della vittoria dell’ordine sul caos viene rappresentato in un’opera che rientra tra le Sette Meraviglie del Mondo antico, l’Altare di Pergamo!
Ci troviamo al momento di massimo splendore per il regno di Pergamo, ossia sotto Eumene II, quando i Galati e altri regni vicini vengono nuovamente sconfitti. Tra il 166 e il 156 a.C. si vuole celebrare questa ennesima vittoria ed Eumene II decide di creare una nuova terrazza sull’acropoli e di dedicare a Zeus e ad Atene portatrice di vittoria un gigantesco altare: oggi, dopo spoliazioni e distruzioni, possiamo ammirarlo al Pergamonmuseum di Berlino.
Basamento, zoccolo, altare cinto da un portico che si allunga in un colonnato aperto che affianca la scalinata di accesso…è un’opera incredibile che mostra tutta la grandezza di Pergamo anche attraverso i fregi decorativi, uno dei quali corre lungo tutto lo zoccolo e rappresenta proprio la lotta tra dèi e Giganti appena narrata.
Il fregio è lungo ben 120 m e rende giustizia al fondamentale momento della Gigantomachia, ricordando al contempo le recenti guerre che hanno visto Pergameni contro barbari, alla stessa stregua di Olimpi contro Giganti: anche qui la contrapposizione tra ordine e caos è centrale e, proprio come gli dèi, anche i Pergameni sono riusciti a sconfiggere la fonte del caos in questo momento storico, ristabilendo l’armonia una volta restaurata da Zeus.
La decorazione segue un programma elaborato probabilmente dai filologi della Biblioteca di Pergamo e nella parte orientale le divinità principali combattono con i Giganti mentre in quella orientale protagoniste sono le figure minori (a nord gli dèi della notte, a sud quelli della luce e a ovest quelle marine e Dioniso).
Lo stile riprende i grandi maestri, da Fidia a Skopas, ma è tutto esasperato e amplificato, le figure riempiono interamente il campo e sembrano quasi fuoriuscire dallo spazio a loro disposizione, le azioni sono convulse, i movimenti eccessivi creano linee oblique e divergenti, il patetismo è teatrale, i corpi gonfi e muscolosi, i chiaroscuri accentuati dal trapano con l’alternarsi di altorilievi e parti lisce: è quello che viene definito “Barocco pergameno”, esagerato e tanto coinvolgente da accrescere la partecipazione emotiva dello spettatore.
È uno dei massimi capolavori dell’arte ellenistica e l’intera lotta è colta in un unico momento e rappresentata tramite singoli combattimenti (monomachie) che si succedono velocemente e in cui si trovano opposti un dio vincitore e un Gigante mostruoso che sta per soccombere, ciascuno con un nome inciso sulla cornice del fregio, più o meno conosciuto.
Il tema era già stato affrontato nell’arte classica ma qui acquista una dimensione nuova, spinta fino all’eccesso, in cui fa da padrone assoluto il movimento, la forza del caos primordiale a cui si oppone l’ordine degli Olimpi.
Ecco allora che si succedono a est le figure di Zeus e Atena che si allontanano l’una dall’altra richiamando i modelli classici del Poseidone e dell’Atena del Partenone.
Zeus è nudo e in movimento, la veste che cade e ricopre le gambe, il gigante Porfirione è inginocchiato a terra mentre un altro mostro tenta di ripararsi dai colpi dell’aquila, aiutante del dio: il movimento dei corpi è in diagonale, i muscoli rigonfi e in evidenza, la disperazione dei mostri palese. Atena invece abbatte Alcioneo afferrandolo per i capelli, mentre questi cerca di ottenere dalla terra il contatto che gli garantirebbe l’immortalità, entrambi creano con i corpi sempre delle diagonali divergenti, i muscoli sono tesi, il gigante cerca di sottrarsi alla dea mentre un serpente lo avvolge e sta per addentarlo; a destra Gea, la madre degli sconfitti, emerge e volge drammaticamente gli occhi al cielo mentre sopra di lei una Nike alata incorona Atena.
È tutto movimento, drammaticità, pathos, esagerazione, tutto per celebrare che l’ordine è stato ristabilito e che il caos è finalmente stato vinto, in passato come nel presente.
Di Silvia Urtone
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