Di Federica Pagliarini
Purtroppo si conosce troppo poco l’arte contemporanea, in particolare astratta, in una visione ancora molto legata al figurativo e all’arte rinascimentale: Leonardo, Raffaello, Michelangelo sono i maestri a cui ci si avvicina di più e quelli per cui si spendono i più grandi elogi. Bisogna ricordare però che l’arte non è solo questo e che nel corso dei secoli è nato un nuovo modo di concepire le forme, i colori e il loro modo di rapportarsi. Non si può quindi non parlare di Wassily Kandinskij, il fondatore nel movimento astratto per eccellenza. L’artista è nato a Mosca, nel 1866. La Russia, sua terra natale, gli ha dato modo di avvicinarsi all’arte, alle emozioni suscitate dai colori, grazie ai magnifici paesaggi e ai tramonti mozzafiato che da subito lo colpirono. Gli sembrava che il sole fondesse Mosca in una macchia unica e che facesse vibrare di armonia tutto quello che si trovava intorno.
Non si dedicò subito all’arte. Studiò prima giurisprudenza e scienze economiche, laureandosi a ventisei anni. L’arte è stata però sempre la sua musa. Visita spesso l’Ermitage e lo colpisce Rembrandt, inoltre è attratto dal teatro musicale di Wagner.
Il punto di partenza per la sua concezione artistica arriva con Monet. Guardando la serie di quadri Covoni di fieno e non riuscendo a capire l’oggetto dell’opera, comprende che la forma è qualcosa di superfluo e che i colori hanno una forza quasi “soprannaturale”. In questa prima fase della sua pittura non si allontana dall’oggetto, ancora ne è legato. I suoi dipinti evocano scene della tradizione russa e molti sono i paesaggi. I colori sono squillanti, stesi quasi a piccole “macchie”. Le sue opere emanano un’allegria senza precedenti. Si entra per la prima volta nel concetto di “anoggettualità”, che diventa per Kandiskij quasi una “missione” da portare avanti per tutta la vita. Capisce che quello che muove l’arte non sono le forme, ma i colori, correlati alla musica: parla del suono dei colori. La musica è stata per Kandinskij fonte di profonda ispirazione. L’amava perché non aveva forma, ma riusciva a creare dentro di noi sensazioni che sembravano tangibili e visibili. Vedeva in lei l’indipendenza del mezzo espressivo. Creò così un “canone armonico” che colori e forme dovevano seguire.
Nel 1896 si allontana dalla giurisprudenza. All’età di trent’anni (dopo essersi sposato con la cugina Anja Tschimikian) va a Monaco, in quel periodo una città piena di nuovi stimoli artistici. Si avvicina al movimento riformista dello Jugendstil, fondatore di una nuova coscienza formale che doveva allontanarsi dall’ossessione per il particolare. La base della loro arte era l’ornamento, la line ondulata slanciata. Studia presso la scuola dell’artista jugoslavo Anton Ažbé che basava i suoi insegnanti sul nudo. Kandinskij non ne è entusiasta, ma continua. Quando può però si dedica alla pittura “en plein air”. Verrà proprio per questo etichettato come un “paesaggista” e “colorista”. Entra così a far parte nella classe di Franz von Stuck, visto come il primo disegnatore della Germania. Stuck ama i lavori di Kandinskij ma non ne comprende la forza coloristica. Gli suggerisce così di dedicarsi alla pittura in bianco e nero per soffermarsi sulla forma. Di questo periodo sono da annoverare delle stilografie e alcuni disegni monocromi. La prima volta che esce allo scoperto partecipando ad una mostra è il 1901. Nasce l’associazione “Phalanx” (vi facevano parte lo scultore Wilhelm Hüsgen, il burattinaio Waldemar Hecker e l’assistente di Stuck, Ernst Stern). “Phalanx” combatte contro tutte le convenzioni estetiche e si professa sostenitrice degli ideali dell’avanguardia. Per la loro prima mostra Kandinskij realizza il manifesto dell’esposizione, ispirandosi a quello fatto da Stuck per l’esposizione della Secessione Viennese del 1893.
Poco dopo si separa dalla moglie e si lega a Gabriele Münter, che si era iscritta come allieva al “Phalanx”. Diventerà la sua consigliera e gli sarà vicina nella sua evoluzione artistica. In questo periodo realizza quadri a tempera e si rifà alla tradizione russa di cui aveva una grande nostalgia. Molto bello è il quadro Bellezza russa in un paesaggio (1904) dove una figura puramente di fantasia si staglia in primo piano su uno sfondo verdeggiante. È realizzato con una tecnica che si potrebbe definire quasi “puntinista”, vicina al mosaico.
Nel 1908 Kandinskij affronta un periodo un po’ turbolento per la sua salute, soprattutto mentale. La rottura con la moglie gli provoca una violenta crisi di nervi ed è perciò pervaso da un’inquietudine interiore che non gli permette di vivere bene. In questo periodo però compra un appartamento a Monaco insieme alla compagna Gabriele, vicino alla casa di Paul Klee. Sarà proprio qui che inizierà a scrivere in prosa delle poesie, legate alla pratica dadaista della lingua protoinfantile. Punto cardine sarà la ripetizione delle parole e il balbettio che sviscera la parola, spaccandola in tanti pezzi e creando solo un suono. Lavorerà con il teatro e qui si dedicherà ancora di più alle relazioni che legano i colori alla musica, il “suono psico-fisico”. È vicino ai colori accesi e squillanti dei “fauves”, apparsi in Francia, a Parigi, nel 1905. Dà importanza al colore, togliendolo al soggetto. La prospettiva scompare, tutto diventa piatto, ma ricco di emozioni. Per Kandinskij l’arte diventa “spirituale”, tutto è legato alle emozioni che suscitano i colori e le forme. L’oggetto non ha più importanza.
Nel periodo che va dal 1908 al 1910 abbiamo un susseguirsi di quadri diversi: si ispira ai “fauves”, ma si lascia catturare anche dalla pittura sottovetro bavarese, un’arte popolare diffusa nella regione dello Staffelsee.
L’arte di Kandinskij da adesso in poi può essere racchiusa in questa frase: «Detesto che la gente veda ciò che io sento in realtà». Le sue opere iniziano ad essere apparentemente indecifrabili. Solo lui può comprenderle perché racchiudono quello che prova la sua anima. Molti quadri, come “Paesaggio con cavaliere che suona la tromba” (1908-09) mette in primo piano i colori e le forme, lasciando in secondo piano la figura del cavaliere che quasi non si vede. Inoltre ci sono linee nette, scure che contornano le forme, creando ancora più contrasto tra i colori e le forme.
Il 1909 è un anno di transizione, in cui iniziano le serie delle Improvvisazioni” e delle “Composizioni”, dove assoluta importanza è data ai colori, le figure sono piatte e non c’è più nessun rapporto formale. Si avvicina all’arte giapponese e a quella musulmana, di cui ama il distacco dalla prospettiva e dalla realtà.
Sempre nel 1909 dà alle stampe il suo dattiloscritto “Lo spirituale nell’arte” (che non verrà subito accolto e pubblicato). Il linguaggio non è di facile comprensione, soprattutto a causa di reminiscenze lessicali russe. Concetto importante è la “necessità interiore propria”, frase ricorrente. L’opera non deve nascere da fattori esterni, come la natura, ma deve scaturire spontaneamente dallo spirito interiore dell’artista. Questo non è altro che lo “spirituale”, quasi un sesto senso innato del pittore. L’artista diventa il “visionario” che, grazie ad una forza inconscia, riesce a creare opere sublimi, non più legate alla “mimesi” della natura, ma scaturenti dall’anima più profonda del pittore.
Era il 1911 quando si formò il gruppo “Der Blaue Reiter” (il Cavaliere Azzurro). Kandinskij e Franz Marc ne erano i fondatori. Marc era amico di Kandinskij, conosciuto per i suoi quadri che hanno come soggetti animali. Voleva esporre i loro lavori, insieme a quelli di Robert Delaunay, Henri Rosseau… che selezionò accuratamente, in due sale della Galerie Thannhauser. Con questa piccola esposizione si voleva evidenziare come fosse diverso il modo di manifestarsi interiore dell’artista. Da accompagnamento alla mostra, uscì anche un almanacco, chiamato sempre “Der Blaue Reiter”, che si configurò come il manifesto del movimento astratto. Si iniziò a spargere la nuova idea di arte non più legata al naturalismo, che non tutti presero bene. Soprattutto in Germania si vedeva con molto timore l’arte straniera e non si voleva che questa venisse acquistata in numero maggiore a quella tedesca. L’almanacco “Der Blaue Reiter” esce precisamente nel maggio 1912 e al suo interno Kandisnkij spiega la scelta del nome. A lui piacevano le figure dei cavalieri (che ricorrevano spesso nei suoi primi quadri come simbolo di lotta e forza), Franz Marc era invece amante del colore azzurro. Anche Kandinskij parla dell’azzurro nel suo “Spirituale nell’arte” paragonandolo al cielo e quindi alla sfera del trascendente e dello spirito. Kandinskij lavora alla copertina dell’almanacco e realizza ben dieci bozzetti. In tutti compare la figura del cavaliere ragazzo a cavallo, su una montagna mentre sventola un fazzoletto azzurro, simbolo della nuova era dell’arte. Il cavaliere è tra l’altro una figura molto importante nella tradizione russa, legato alla lotta con il drago. Kandinkij si cimentò in questa iconografia molte volte nella pittura sottovetro e nelle silografie. Proprio per questo, anche il cavaliere azzurro dell’almanacco incarna i valori della salvezza e della guarigione da un’epoca passata legata al materialismo, che deve essere superata. L’almanacco conteneva saggi dedicati alla pittura, alla musica e al teatro. Ogni testo è accompagnato da figure che illustrano l’arte popolare bavarese e russa, serigrafie medievali, pitture cinesi, disegni a china giapponesi. Sono presenti anche quadri di Picasso, van Gogh, Cézanne, Gauguin. Kandinskij e Marc scelsero le opere per le emozioni interiori che suscitavano, anche se ognuna in modo diverso.
L’almanacco ha una seconda tiratura nel 1914, ma non esce il secondo volume. Però nel 1912 viene programmata una seconda mostra del gruppo “Dre Blaue Reiter” a Monaco. Qui partecipa per la prima volta anche Paul Klee che ammirava l’arte di Kandinskij. La mostra avrà un tale successo da spingerla in molte altre città: Berlino, Brema, Hagen e Francoforte.
Nell’ottobre 1912 c’è la prima personale di Kandinskij con settantatré opere. Ormai la sua arte è sempre più vicina alla pura astrazione e non tutto il pubblico sembra capirla, anzi parlano dei suoi quadri come “idiotismi”. Kandinskij però si difende, forse con un tono che potrebbe risultare arrogante, ma è pronto a far valere le sue idee: «Io non voglio dipingere musica, io non voglio dipingere stati d’animo… io non voglio cambiar nulla all’armonia dei capolavori del passato, né lottare contro di loro o trasformarli. Io non voglio mostrare le vere strade per il futuro. Indipendentemente dai miei lavori teorici, che, obiettivamente, finora lasciano molto a desiderare dal punto di vista scientifico, io desidero soltanto dipingere quadri buoni, necessari, vivi, che almeno possano essere vissuti nel modo giusto da pochi osservatori». È da sottolineare un fattore importante: l’abbandono degli oggetti e l’allontanamento dal naturalismo, non è un passo drastico. La riduzione avviene in maniera graduale, il colore si libera piano piano della forma e diventa autonomo. Siamo negli anni dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Da questo momento in poi gli studi preparatori saranno sempre realizzati. Kandinskij ci lascia le basi della sua arte, la genesi delle sue opere. Ogni linea, ogni forma, ogni colore, è studiato attentamente e non è messo lì a caso.
LA "BAUHAUS"
Una delle fasi più importanti della sua vita è stata certamente la Bauhaus, la famosa scuola di arte, design e architettura della Germania, nata sotto la Repubblica di Weimar (operò tra il 1919 e il 1933). La sua ubicazione cambiò nel corso degli anni: prima Weimar (1919-1925), poi Dessau (1925-1932) e infine Berlino (1932-1933). Il fondatore era Walter Gropius. Il termine Bauhaus riprendeva la parola medievale Bauhütte, che indicava la loggia dei muratori, il cantiere di lavoro degli artigiani che lavorano per la costruzione di una cattedrale. Kandinkij viene chiamato proprio da Gropius, tramite lettera, a far parte della grande famiglia del Bauhaus. Il pittore in quel momento si trovava a Mosca e tornò nuovamente in Germania. La prima attività che gli viene data è il Laboratorio di pittura murale. Gropius era stato richiamato dalle teorie estetiche di Kandinskij, dal suo “Spirituale nell’arte”, dal suo nuovo modo di concepire l’arte che si era, negli ultimi anni, avvicinato anche al suprematismo russo. Il Bauhaus era una scuola dagli ideali riformatori. Gropius così parla nel manifesto: «Scopo ultimo di ogni attività figurativa è l’edilizia!... Architetti, pittori e scultori devono nuovamente imparare a conoscere e a capire l’aspetto articolato dell’edilizia nella sua globalità e nelle sue singole parti; solo così le loro opere recupereranno quello spirito dell’architettura che hanno perso nell’arte ufficiale… Non esiste alcuna differenza sostanziale tra l’artista e l’artigiano…Dobbiamo volere, inventare creare insieme la nuova edilizia del futuro, che tutto comprenderà: architettura e scultura e pittura…». La sua idea è quindi quella di unire l’arte allo spirito. Inoltre gli artisti sono insieme anche artigiani, non c’è più differenza. Anche Paul Klee lavorerà al Bauhaus. Dopo la Prima Guerra Mondiale si vogliono costruire nuove idee, si vuole progettare “l’uomo nuovo”. La città di Weimar è però troppo conservatrice e il Bauhaus non è ben visto, anzi è spesso attaccato.
Kandinskij non ha molto tempo all’inizio di dedicarsi alla pittura, preso com’è dal preparare lezioni, ma continua a dedicarsi alla teoria dei colori e all’importanza di quelli primari. Poco dopo il Bauhaus si sposta a Dessau (dato che a Weimar non era più accolto) e Gropius progetta il suo edificio e le case degli insegnanti. Dessau era una città che doveva espandersi a livello industriale e edilizio, quindi l’arrivo della scuola del Bauhaus era vista come un evento positivo. Qui Kandinkij continua il suo studio sui colori e le forme. Pubblica il saggi “Punto, linea, superficie” in cui si dà una grande importanza all’uso di questi elementi, visti quasi come prolungamenti del corpo, simboli dei sentimenti interiori, degli stati d’animo di ogni essere umano. Arriverà poi all’elemento pittorico più “appariscente”: il cerchio, visto come forma unica. Il cerchio è la “sintesi dei massimi contrari”, dato che si uniscono insieme forze concentriche ed eccentriche.
Nel 1928 Walter Gropius va via dalla direzione del Bauhaus e subentra l’architetto svizzero Hannes Meyer che vi lavorerà fino al 1930. In questo periodo Kandinskij cambia fortemente, avvicinandosi alla sua ultima fase parigina. I quadri diventano più piccoli, usa figure geometriche regolari, piccoli segni astratti. Diventa una pittura molto vicina all’architettura, alle sue regole formali. Negli anni Trenta l’atmosfera al Bauhaus diventa più politicizzata. Si forma un gruppo comunista di studenti che vuole dettare regole dentro la scuola. Molte lezioni di Kandinskij e Klee vengono boicottate e cercano di eliminare tutte le lezioni preliminari. La situazione diventa ancora più critica quando i nazionalsocialisti salgono al potere nel settembre 1930. Vogliono che il Bauhaus sia chiuso e che tutti gli insegnanti stranieri siano cacciati senza preavviso perché pagati con i soldi dei contribuenti poveri che soffrono la fame. A Weimar il ministero nazionalsocialista ha tolto tutti i nuovi quadri dai musei. Il Bauhaus viene chiuso nel settembre 1932. Sopravviverà un altro anno come scuola privata, poi sarà perquisita per trovare “materiale pericoloso” e chiusa definitivamente. Con l’ascesa di Hitler la situazione si fa sempre più precaria. Kandinkij in particolare non è per niente gradito: è russo, professa pittura astratta (assolutamente ripudiata dalla Germania nazista) e insegnante del Bauhaus. Sarà costretto a scappare (anche se aveva la nazionalità tedesca) insieme alla moglie e a riparare a Parigi.
Nella capitale francese però non lo conosce nessuno e di questo Kandinskij si lamenta molto. I francesi erano molto nazionalisti, amavano la loro arte e non capivano assolutamente l’arte astratta. Nella gallerie parigine si vedeva il cubismo e il surrealismo. Le astrazioni di Kandinskij erano viste come qualcosa di freddo, senza anima ed erano quasi snobbate. Nonostante questo però, anche in Francia si stava radicando l’arte astratta: Piet Mondrina, Robert Delaunay. Mancava solo la loro legittimazione. Non per questo Kandinkij si dà per vinto e inizia a dipingere nel suo appartamento di Neuilly quadri di grande formato, vicini a quelli del Bauhaus. Ritorna a intitolarli “Composizione”. Nel 1939 si avvicina al surrealismo. Le sue opere diventano multiformi, vicine quasi alla biologia molecolare. Nascono delle nuove forme buffe, surreali, vicine ai sogni. Nello stesso periodo in Germania le sue opere vengono ripudiate, per poi essere esposte nella grande mostra “Arte degenerata” di Monaco. Anche quando le truppe tedesche arrivano a Parigi, Kandinskij non si trasferisce in America, decide di rimanere nel suo appartamento di Neuilly, lontano dalla vita politica, dedito alla sua arte. Aveva settantacinque anni. Continuerà a dipingere fino alla fine. Morirà per un aggravamento dell’arteriosclerosi il 13 dicembre 1944, all’età di settantotto anni.
Per approfondimento si consiglia il libro di Ulrike Becks-Malorny "Kandinsky" edito da Taschen, 2007
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