La “buona ventura”, un soggetto ampiamente realizzato da Caravaggio in poi. Vediamone in questo articolo alcuni esempi.
Il tema è stato definito dai critici “pittura di genere”, per indicare soggetti tratti dalla realtà quotidiana e soprattutto adatti ad una committenza privata. Caravaggio può vantare il primato della “pittura di genere”, dato che prima di lui, a parte qualche piccolo disegno, non esisteva nulla. Sarà quindi il precursore che darà poi la spinta ad artisti successivi a ricreare soggetti simili.
Del dipinto “La buona ventura” di Caravaggio ne esistono due esemplari. Il primo si trova a Roma nella Pinacoteca Capitolina e il secondo al Louvre di Parigi. In questo caso mi soffermerò sulla prima versione dei Capitolini. La datazione è incerta, come quasi tutte le opere di questo periodo romano del pittore. Si oscilla tra il 1593 e il 1595. Alcuni critici ritengono sia stato realizzato mentre si trovava nella bottega del Cavalier d’Arpino, altri invece sostengono che sia stata dipinta mentre si trovava a casa del cardinale Del Monte. Per quanto riguarda la prima ipotesi, appare un po’ strano confermarla in quanto sappiamo dai suoi biografi che, durante l’apprendistato presso Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino), Caravaggio dipinse maggiormente fiori e frutta e si sia applicato poco nel dipingere figure umane (per esplicita volontà del Cesari). E questo sarebbe stato uno dei motivi che avrebbe spinto Caravaggio ad andare via dalla sua bottega. In qualche modo si sentiva sfruttato, non riuscendo a mettere in pratica tutte le sue capacità. Nel 1977 è stata effettuata anche una radiografia al dipinto e avrebbe mostrato come, al di sotto della “Buona ventura”, era nascosto proprio un quadro del Cavalier d’Arpino: “L’Incoronazione della Vergine”, poi coperta per poterci ridipingere sopra. Nulla esclude però che Caravaggio abbia portato con sé alcune tele, magari anche già dipinte con quadri scartati o bozzetti per poterle poi riusare. Il pittore era ancora abbastanza povero e non riusciva a vendere molto; comprare le tele poteva risultare di conseguenza molto costoso. Sappiamo invece con certezza che prima di entrare sotto la protezione del cardinale Francesco Maria Del Monte, Caravaggio cercò l’aiuto di un mercante d’arte: Costantino Spata. Lui lo aiutò a vendere alcuni suoi quadri, in un periodo in cui non riusciva a dare via nulla. Sarà grazie al suo aiuto che vendette il “Ragazzo morso da un ramarro”. Inoltre Costantino Spata abitava vicinissimo a San Luigi dei Francesi dove aveva la residenza il Del Monte. Sarà grazie alla sua influenza che riuscì a farsi notare dal cardinale.
Che cosa rappresenta la scena? Una zingara, abbigliata secondo le usanze nomadi, sta ammaliando con la sua voce e le sue movenze un giovane ragazzo che sembra quasi impietrito dalla sua presenza. Proprio le capacità ammaliatrici della donna, riescono a trarre in inganno il ragazzo. Infatti la gitana riesce a sfilare dal dito del giovane un anello senza che lui si accorga di nulla.
Lo stile è inconfondibile: l’eleganza delle vesti della donna e la “mollezza” (se così si può chiamare) del ragazzo ritratto con abiti del tempo, spada alla vita e piuma sul cappello sono tratti caratteristici. Era un dipinto che ben si adattava ad una committenza privata e di buon gusto. Non fu l’unico quadro caravaggesco ad avere come tema la truffa: sto parlando del quadro “I bari”, oggi al Kimbell Art Museum di Fort Worth.
Ma andiamo avanti nel tempo. Altri artisti si cimentarono nel soggetto della “buona ventura”. Uno di questi è l’enigmatico pittore Georges de La Tour (1593-1652) nato in Lorena. Su di lui la critica sa ancora poco. Sicuramente vide i quadri di Caravaggio e generalmente dipingeva scene notturne o a lume di candela. Sembra far parte di quella schiera di pittori che, nel Nord Europa, prenderanno il nome di “caravaggeschi” e che si specializzeranno proprio in questo tipo di scene. Anche qui vediamo un uomo, anche se con un fare un po’ più sostenuto e indispettito di quello del giovane di Caravaggio, che viene ingannato non da una, ma da ben quattro zingare. La più anziana le legge la mano, altre due lo derubano. La scena si svolge in uno spazio stretto, angusto e le figure riempiono tutta la scena. Venne presentato nel 1960 al Metropolitan Museum di New York (dove si trova ancora oggi). In alto a destra si nota la sua firma: “G. Delatour fecit Lunevillae Lothar”. Era un’indicazione precisa per indicare dove era stato dipinto il quadro. Alcuni critici non la ritengono autentica e oggi non esiste più perché è stata cancellata dopo l’ultimo restauro al Metropolitan.
Per ultimo voglio citare l’opera di Simon Vouet, conservata alla Galleria d’arte antica di Palazzo Barberini. L’autenticità del quadro è stata possibile grazie ad un’iscrizione sul retro della tela. Il pittore avrebbe dipinto il quadro “dal vivo” nel 1617. Anche qui la tematica caravaggesca è stata ripresa in pieno. Un uomo viene ingannato da due zingare. L’impostazione è sempre la stessa: una zingara legge la mano e un’altra sfila i soldi o i gioielli dalla tasca. In questo caso il pittore riprende da Caravaggio anche l’atmosfera scura (che sarà evidente nei dipinti della sua maturità) e accentua l’aspetto popolaresco e comico dando all’uomo un volto quasi grottesco e goliardico. Il dipinto venne commissionato da Cassiano del Pozzo, segretario del cardinale Francesco Barberini.