Di Federica Pagliarini
Il "Salvator Mundi" è ormai uno dei quadri più famosi degli ultimi anni. Venduto il 15 novembre del 2017 da Christie's per la stratosferica cifra di 450 milioni di dollari al principe Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al-Saud, membro lontano di un ramo della famiglia reale saudita, risulta ad oggi "scomparso". Doveva raggiungere la mostra del Louvre dedicata al da Vinci, il cui inizio è stato questo giovedì 24 ottobre, invece non si potrà ammirare. Nemmeno il Louvre di Abu Dhabi l'ha mai visto.
In questo articolo però parleremo di alcune delle tante copie che si trovano in giro per l'Italia, molto vicine all'ipotetico originale (tanti critici e restauratori come la Modestini, hanno messo in serio dubbio l'autografia della tavola).
Il fatto che esistano così tanti "Salvator Mundi" non deve stupire. Leonardo lavorava con gli aiuti di bottega, sempre, tanto che ancora oggi è molto difficile stabilire se ci sia solo la sua mano nella realizzazione dell'opera. In ogni caso le tante copie ci fanno comprendere come il soggetto religioso del "Salvator Mundi" sia stato molto usato al suo tempo. Gli allievi avranno copiato da un originale del maestro e avranno poi creato il loro, su cui, non è assolutamente da escludere, ci possa essere stata la mano dello stesso, che può aver completato o impreziosito il lavoro degli allievi.
Soffermiamoci ora sul "Salvator Mundi" conservato a Napoli, nel Museo di San Domenico Maggiore (Fondo Edifici di Culto - Ministero dell'Interno) adesso a Villa Farnesina a Roma per la mostra "Leonardo a Roma. Influenze ed eredità".
L'impostazione iconografia è la stessa del "Salvator Mundi" disperso. Il Cristo è rappresentato a mezzo busto, con una mano tiene un globo trasparente e con l'altra benedice. I capelli sono divisi a metà e riccioli ben definiti cadono dalla fronte per arrivare alle spalle. La veste presenta un motivo decorato ad oro fatto di nodi intrecciati molto simili a quelli che Leonardo aveva disegnato nel Codice Atlantico. Fino a poco tempo fa il dipinto era attribuito a Leonardo, poi in occasione della mostra che si tenne a Napoli nel 1983-84 ("Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma"), Ludwig Heydenreich, ricondusse il dipinto del "Salvator Mundi" agli altri esemplari esistenti. Solo con la mostra che si tenne sempre a Napoli nel 2017 ("Leonardo a Donnaregina. I Salvator Mundi di Napoli") si è avanzata l'ipotesi che il dipinto possa essere, per ragioni stilistiche, attribuito a Girolamo Alibrandi.
L'opera arrivò a Napoli molto probabilmente grazie a Giovanni Antonio Muscettola, ambasciatore di Carlo V presso Clemente VII. Forse Muscettola lo acquistò proprio da Leonardo.
Grazie al restauro e alle indagini radiografiche si è scoperto un underdrawing che ha evidenziato un disegno trasportato da un modello preparato da Leonardo per gli allievi. Infatti le due fasce incrociate con motivi dorati visibili sulla veste, dovevano proseguire sulla parte destra del petto poi coperta dal manto. Anche il globo trasparente era originariamente più piccolo, poi è stato ingrandito raggiungendo le dimensioni che vediamo oggi. Tutto questo fa ipotizzare che Leonardo non avesse dipinto nessun prototipo, ma che avesse realizzato dei disegni preparatori, quindi dei modelli che poi dava agli allievi che dovevano trasferirli su tavola e su cui anche lui poteva intervenire. Se così fosse sarebbe "inutile" continuare ad indagare su un possibile prototipo leonardesco. Il da Vinci lavorò in tutti gli esemplari del "Salavator Mundi", in alcuni di più in altri meno.
Il secondo dipinto del "Salvator Mundi" che analizziamo si trova in collezione privata, è il cosiddetto "Salvator Mundi De Ganay" ed è quello che venne considerato fino a pochi anni fa l'originale leonardesco. Oggi è in mostra a Parigi per la grande retrospettiva sul genio vinciano.
Tra i dipinti di Leonardo registrati a Fontainebleau nel 1642, si trovava "un Christ à demi corps" perduto ma conosciuto tramite copie, tra cui un'incisione di Hollar e due studi di panneggi. L'originale perduto potrebbe essere quello ora in collezione privata ad Abu Dhabi, anche se non ci sono certezze. In ogni caso nel 1514-15 Isabella d'Este si trovava ospite del mecenate di Leonardo, Giuliano de' Medici. Dato che la donna aveva sempre voluto avere un ritratto da Leonardo (che non ci arriverà mai), è probabile che sia riuscita però ad avere un dipinto commissionato dieci anni prima, avente come soggetto un Cristo dodicenne tra i dottori. Abbiamo un cartone dell'allievo Bernardino Luini derivato da un probabile cartone di Leonardo. Dimostra che la figura centrale potrebbe essere stata trasformata in un Cristo salvatore del mondo. Anche in questo dipinto vediamo un Cristo a mezzo busto, una mano alzata in segno di benedizione e l'altra occupata a mostrare un globo trasparente. La veste ha gli stessi motivi ad intrecci e nodi dorati che abbiamo visto prima. Il volto è ieratico, i capelli cadono sulle spalle con riccioli definiti. Lo sfondo è completamente nero e sopra la testa del Cristo è visibile una porzione di dipinto leggermente rovinata, dove il colore non è più visibile. Ma dove giunge questo dipinto? Baron de Lareinty dice di averlo acquistato nel Convento delle Cordeliéres , a Nantes. Una volta morto, la figlia che era sposata con un ufficiale della marina francese, vende parte della collezione del padre grazie all'intermediario, mercante d'arte, Bourdariat. Lo comprerà Martine, contessa de Béhague, che possedeva già i disegni di Leonardo con gli studi del drappeggio. L'opera è passata poi per discendenza al nipote Hubert, marchese De Ganay. È stata venduta da Sotheby's a New York ne maggio del 1999.
Il soggetto del Salvator Mundi non è stato inventato da Leonardo. Già prima di lui altri pittori si sono cimentati nella realizzazione di questa iconografia. Antoniazzo Romano dipinse una tavola simile datata al 1495-1500, fatta sulla base di un disegno olandese. Anche Melozzo da Forlì dipinse un Salvator Mundi (anche se oggi viene attribuito al Bramantino).
Bibliografia essenziale
- "Leonardo a Roma. Influenze ed eredità", a cura di Roberto Antonelli, Claudia Cieri Via, Antonio Forcellino, Maria Forcellino, Bardi Edizioni, 2019
- "Leonardo da Vinci e Gian Giacomo Caprotti detto Salaì. L'enigma di un dipinto", di Maurizio Zecchini, Marsilio, 2016
-"Leonardo a Donnaregina. I Salvator Mundi per Napoli", a cura di Nicoletta Barbatelli e Margherita Melani, Elio de Rosa editore, 2017
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