Sembra che Leonardo da Vinci abbia soggiornato a Roma intorno al 1501 e da qui abbia visitato Tivoli e probabilmente i ruderi di Villa Adriana. Il viaggio nella città pontificia è confermato da un foglio datato “Laus deo 1500, a dì 10 marzo” che si trova oggi nel Codice Atlantico. Il recto di questo foglio ha un disegno: il Mausoleo di Adriano, ossia Castel Sant’Angelo. Testimonia così in maniera assoluta la sua permanenza in città. Non sappiamo cosa abbia spinto Leonardo a recarsi a Roma (in quel periodo già lavorava per il re di Francia), ma la visita è davvero importante per l’evolversi della sua arte. La tappa a Tivoli era considerata indispensabile da architetti come Bramante, Giuliano da Sangallo e Baldasserre Peruzzi. La visitò anche Raffello, che trasferì le conoscenze apprese nelle sue opere. L’unica certezza per Leonardo è il suo arrivo a Roma. Se davvero sia giunto anche a Tivoli non è documentato da nessuna fonte. Sembra però plausibile che il viaggio sia davvero avvenuto, soprattutto dopo aver studiato in modo approfondito alcuni suoi disegni, primo tra tutti il bellissimo “Burlinghton Cartoon”, conservato a Londra, nella National Gallery, disegno preparatorio per la “Sant’Anna, la Vergine e il Bambino” che si trova oggi al Louvre. La delicatezza e morbidezza dei panneggi sembra essere molto vicina alle cosiddette statue delle “Muse” (circa otto) che erano state ritrovate proprio a Tivoli (precisamente nell’Odeon) e che sono menzionate da Pirro Ligorio. La loro storia è alquanto burrascosa. Dopo la loro scoperta vennero portate a Roma, nel giardino vaticano di Villa Madama. Scomparse poco dopo, sono state ritrovate solo nel Seicento nelle collezioni della regina Cristina di Svezia che le ottenne grazie all’interesse di Velásquez. Saranno collocate sempre a Roma in Palazzo Riario. Alla metà del Settecento arrivarono a Filippo IV di Spagna e furono posizionate nel Palazzo di Sant’Ildefonso a La Granja. Nel 1840 entrarono a far parte delle collezioni del Prado, dove si trovano ancora oggi.
Il “Burlinghton Cartoon” sembra avere in sé reminiscenze legate a Villa Adriana e in particolare alle “Muse” di cui si è parlato poco fa. Il primo critico che affermò con certezza la relazione è stato Carlo Pedretti. Per lui era un elemento inconfutabile, queste le sue parole: “the statuesque bodies [nel cartone di Leonardo] are those of the seated Muses from Villa Madama, which were to be restored in the sixtheenth century with heads that almost betray a memory of Leonardo’s female figures” [dal libro "Leonardo: una carriera di pittore" di Pietro Marani, pag.262]
Prendiamo un esempio pratico: Maria ha le gambe piegate, in quanto seduta (anche se non si capisce dove poggi la sua figura). La gamba destra è posizionata più in alto della sinistra e lo stesso espediente è stato usato nella Musa “Urania”. Inoltre sembra che la Madonna non abbia le braccia, o meglio appaiono molto frammentarie, come dovevano essere le Muse quando vennero ritrovate a Tivoli, ossia senza arti superiori. Altri rimandi sono evidenti nella Musa Erato, che può aver suggerito a Leonardo il braccio sinistro della Sant’Anna.
Ma cosa sarebbe precisamente questo “Burlinghton Cartoon”? È un “disegno preparatorio” (se così si può chiamare) realizzato con gessetto nero, biacca e sfumino su carta. La bellezza che suscita lo fa sembrare un’opera a se stante, ormai compiuta. È stato datato tra il 1501 e il 1505, quindi in linea con il presunto viaggio di Leonardo a Tivoli. Il cartone è citato da Vasari, nelle sue “Vite”. Parla di un’opera meravigliosa che aveva destato lo stupore di tutti coloro che l’avevano vista. Questo cartone sembra essere l’inizio di quello che poi sarà la tavola conservata al Louvre, un lungo e meticoloso studio (come tutti i lavori leonardeschi), di cui tra l’altro la critica smentiva l’autografia leonardesca. Solo grazie al diario del de Beatis, segretario del cardinale d’Aragona, in cui si cita un dipinto con la Sant’Anna e il Bambino, la critica inizierà a vedere l’opera legata alla figura di Leonardo e non frutto di bottega, se non di qualche copista.
Queste le parole del Vasari:
«Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl'artefici, ma finita ch'ella fu, nella stanza durarono due giorni d'andare a vederla gl'uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo.»
[Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci.]
Vasari ci sta dicendo quindi che Leonardo lavorò al cartone dentro il convento della Santissima Annunziata, per cui, probabilmente stava realizzando il cartone (Filippino Lippi abbandonò precedentemente l’incarico). Qui sarebbe stata dunque esposta agli occhi di tutti. È importante sottolineare come Vasari non avesse mai conosciuto Leonardo, essendo nato molti anni dopo. Tutte le notizie scritte nelle sue “Vite” sono state prese da fonti orali e da persone che avevano conosciuto personalmente l’artista. Inoltre abbiamo una testimonianza del 3 aprile 1501 che cita proprio il cartone della Sant’Anna. Si trova in una lettera inviata a Isabella d’Este dal carmelitano Pietro da Novellara.
Per quale motivo inoltre il cartone si chiama anche “Burlinghton Cartoon”? Perché nel 1763 venne acquistato da Robert Udney (ceduto dalla famiglia Sagredo di Venezia) che lo portò nella sua casa a Burlington House (Piccadilly a Londra). Arrivò alla National Gallery solo nel 1962.
Tornando agli evidenti richiami alle sculture ritrovate a Tivoli, sembra che Leonardo li abbia inseriti anche in altri lavori. Primo tra tutti la “Battaglia di Anghiari” che doveva realizzare per il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Sappiamo che realizzò solo la parte centrale, quella che raffigura la Lotta allo Stendardo. I cavalli, che sembrano un groviglio concitato di corpi in movimento, non potrebbero esistere senza una conoscenza dell’arte antica. Leonardo fece numerosi disegni i cui protagonisti erano proprio i cavalli e molti ricordano addirittura sculture fidiane.
Insomma sembra a questo punto innegabile la visita di Leonardo a Tivoli. Come però accadeva in questo periodo (anche Raffaello farà lo stesso) i temi antichi, potremmo dire pagani, vengono sì assimilati da Leonardo, ma rielaborati in chiave cristologica. Non si trattava quindi di un semplice copiare, ma di una profonda rielaborazione dell’iconografia.