Di Federica Pagliarini
Non tutti forse conoscono il pittore Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma. Sicuramente chi ha avuto modo di studiare la storia dell'arte avrà in mente di chi si sta parlando; gli altri probabilmente non lo conosceranno, se non soltanto di nome. Iniziamo allora a delineare la sua figura.
Prima di tutto perché è stato soprannominato il "Sodoma"? Secondo Vasari il sarcastico nomignolo (iniziato a circolare intorno al 1512) deriverebbe dalla sua natura sessuale (ricordiamo che Vasari dedica una biografia al Bazzi solo nell'edizione Giuntina), ma sembra in realtà che sia nato da uno scherzo e che poi il pittore abbia deciso di continuare a portare questo soprannome senza particolari problemi. Secondo altri invece "Sodoma" deriverebbe da una toscanizzazione di un suo intercalare in dialetto piemontese, ossia "su, 'nduma!" che significa "Andiamo!".
Avrà una grande fortuna dalla fine dell'Ottocento all'inizio del Novecento. Gli sono state dedicate ben undici monografie. Dopo questo apparente successo però la sua figura cadrà nell'oblio e verrà relegato in un angolino, ricordato solo come un artista secondario del Rinascimento.
Oggi siamo qui proprio per ricordarlo. dato che oltre ai famosi artisti "geni", ne esistono altrettanti che meritano di essere menzionati per aver lasciato un'impronta decisiva nella storia dell'arte.
Giovanni Antonio Bazzi è nato a Vercelli nel 1474. Il padre lo fece studiare dal maestro Martino Spanzotti da Casale Monferrato, rimanendo al suo fianco per ben sette anni. Nel 1510 era a Siena e qui lavorò ad una commissione per Pandolfo Savini, tra cui due stendardi che raffiguravano Cristo. A Siena abitò in modo abbastanza assiduo, anche se si spostò a Roma dove fu coinvolto in importanti lavori. Nel 1508 gli venne commissionata, da papa Giulio II, le decorazioni del soffitto della Stanza delle Segnatura in Vaticano. A Villa Farnesina c'è invece il suo affresco con le "Nozze di Alessandro e Rossane" che dipinse per Agostino Chigi, proprietario al tempo della maestosa villa che si può visitare ancora oggi.
Molto interessante è il suo ipotetico incontro con Leonardo a Milano. Quando si sarebbero conosciuti? Tra la fine dell'apprendistato del Bazzi che si pone al 1498, e l'arrivo a Siena nei primi anni del Cinquecento. Leonardo però abbandonò Milano nel 1499 quando crollò la signoria sforzesca. Inoltre Sodoma non vide l'opera di Leonardo prima di arrivare a Siena. Basta guardare gli affreschi che realizzò nel 1503 dentro il convento degli Olivetani a Sant'Anna in Camprena, vicino Pienza. Sono lontanissimi dallo stile leonardesco. È molto fantasioso voler pensare che Sodoma avesse visto opere di Leonardo. Al contrario sembra esserci un riferimento molto vistoso con Pinturicchio che in quegli anni lavorava in città. Se guardiamo però l'affresco con la scena di "Gesù che benedice i pani", oltre a ricordarci la modalità compositiva del Pinturicchio, Sodoma sembra essersi ispirato ad alcuni affreschi della Cappella Sistina. I personaggi si trovano in primo piano, in file sovrapposte e sul fondo, molto spoglio, fa capolino qualche piccolo alberello e delle antichità romane, come l'Arco di Costantino. Le due figure di Cristo e del giovane che gli sta accanto ricordano quelle dipinte da Perugino nel famoso affresco della "Consegna delle chiavi" (nella Cappella Sistina). Queste reminiscenze romane non possono altro che far sospettare un passaggio del Sodoma a Roma prima di fermarsi a Siena. In una seconda commissione pubblica per la decorazione del Chiostro del Monastero di Monte Oliveto Maggiore (il Bazzi succedette al Signorelli che andò a lavorare ad Orvieto) realizzò ventisei storie di San Benedetto con le relative storie aneddotiche. Anche in questo caso sembra difficile trovare una relazione con Leonardo e il suo stile. Si è invece molto più vicini al modo di dipingere umbro del Pinturicchio e del Perugino.
Il Sodoma ha sicuramente incontrato anche Raffaello durante il suo soggiorno a Roma. Quando? Durante i lavori nelle Stanze Vaticane. Il Bazzi lavora nella Stanze della Segnatura. Secondo quanto ci dice Vasari, il Sodoma sarebbe arrivato a Roma prima di Raffaello che, una volta stabilitosi, avrebbe fatto togliere tutto il lavoro dipinto prima. In realtà sembra che non sia proprio così. Esiste un documento del 13 ottobre 1508, in cui Sigismondo Chigi, fratello del banchiere Agostino, da il bene placito al Bazzi per realizzare alcuni dipinti nelle camere superiori dei pontefici. Raffaello circa un mese prima, il 5 settembre, attesta la sua presenza nel cantiere addirittura contemporaneamente ai lavori del Sodoma. È quindi molto probabile che i due abbiano lavorato insieme. Inoltre Sodoma avrebbe potuto incontrare l'urbinate anche a Siena, dove Raffaello lavorò con Pinturicchio per decorare la Libreria Piccolomini.
Subito dopo il Bazzi torna a Siena, si sposa con Beatrice di Luca d'Egidio e avrà da lei due figli, da cui non si separerà mai, al contrario di quanto dice Vasari. Sono stati ritrovati infatti dei documenti che attestano che nel 1531-41 il Bazzi e Beatrice ancora vivevano insieme. Non ci sono testimonianze di costumi sessuali disdicevoli, che confermerebbero quindi il nomignolo di "Sodoma". Anzi il fatto che il figlio maschio abbia nome Apelle, fa capire come il Bazzi fosse un uomo colto.
Sodoma tornerà a Roma nel secondo decennio del Cinquecento, per lavorare a Villa Farnesina. Decora le stanze da letto con le storie di Alessandro e Rossane. Interessante notare che gli affreschi con le scene dell' "Incontro di Alessandro con la famiglia di Dario", la "Battaglia di Isso" e "Alessandro e Bucefalo" derivino tutti da fonti letterarie usate anche da altri artisti, come Curzio Rufo. Invece la scena delle "Nozze di Alessandro e Rossane" hanno come fonte un "exfrasis" del poeta Luciano. Sodoma sembra rifarsi stilisticamente ai disegni realizzati da Raffaello nell'Albertina. Si nota però anche un uso più consapevole della tecnica dello sfumato leonardesco. Inoltre la zuffa dei cavalli della "Battaglia di Isso"è molto simile a quella della "Battaglia di Anghiari" di Leonardo (oggi dispersa). È assai probabile che Sodoma e Leonardo si siano conosciuti a Roma intorno al 1515. Il maestro vinciano era nella capitale con la sua bottega, inoltre viveva nel Belvedere Vaticano e Sodoma lavorava alla Farnesina.
Tra il 1518 e il 1520 non ci sono documenti che attestino che il Bazzi fosse a Roma. Si è così pensato che potesse essere arrivato in Emilia e in Lombardia. L'ipotesi sembra confermata da una lettera che il Sodoma inviò ad Alfonso d'Este per consegnare un'opera, un "San Giorgio" che il Bazzi consegnò a Ferrara. Qualche anno dopo, nel 1526, il Sodoma lavorò nella realizzazione degli affreschi dell'altare di Santa Caterina da Siena nella chiesa di San Domenico. Qui il suo stile diventa più morbido, più sfumato, quindi più vicino al modo di dipingere di Leonardo.
Ma dove si vede la vicinanza più grande con Leonardo? Nell'affresco, oggi perduto, che Sodoma realizzò per la soppressa Compagnia di Santa Croce, la "Discesa del Cristo al Limbo". Qui sembra esserci una reminiscenza con la "Leda" di Leonardo, opera purtroppo perduta, di cui però rimangono numerose copie fatte dagli allievi. Una di queste, quella che si trova a Roma, alla Galleria Borghese, che rappresenta la Leda stante, sarebbe proprio opera del Sodoma. Infatti il pittore aveva tra i suoi beni proprio un "quadro di Leda". Lo si evince da un inventario con i beni che lasciò alla moglie. Sicuramente Leonardo portò a Roma un quadro di "Leda" che poi lo seguì anche in Francia. Sembra assodato che Sodoma abbia visto questo dipinto, lo abbia copiato mentre si trovava a Roma e ne abbia fatto tesoro per le sue opere successive.
Nonostante ci siano molti elementi che fanno pensare ad un incontro a Roma tra Sodoma e Leonardo, non sono ancora conosciuti i termini del loro incontro. Certamente però tutti e due furono attratti dall'antico e dalla conseguente plasticità delle figure.
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