Vorrei oggi parlare di un quadro di Dosso Dossi (il cui vero nome è Giovanni di Niccolò Luteri), molto enigmatico e su cui sono state date molte interpretazioni. Sto parlando del dipinto “Giove e Mercurio”, conservato a Vienna e datato all’incirca al 1530 e commissionato dal duca Alfonso I d'Este.
Prima di tutto, che cosa rappresenta? Ci sono tre personaggi, due riconoscibili a prima vista, ossia Giove e Mercuri e il terzo è una figura femminile con un serto vegetale in mano che sembra in attesa di qualcosa. Forse sta aspettando di poter parlare con il padre impegnato a dipingere tre farfalle su una tela dove già vediamo un cielo.
L’interpretazione che ne è stata fatta, è in chiave alchemica e in particolare il quadro di Dosso è stato paragonato alla xilografia di Durer “Melancolia I”. La cosa non deve stupire dato che a Ferrara erano comuni gli interessi alchemici. Lì viveva Pietro Bono autore del testo “Pretiosa Margarita Novella” e si potevano seguire le lezioni degli esoterici Borso e Paracelso. Dossi sicuramente ebbe un’ampia conoscenza dull’argomento.
La xilografia “Melancolia I” è stata realizzata da Dürer nel 1514 ed è conservata nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. Fa parte di un trittico comprendente il “San Girolamo nella cella” e “Il cavaliere, la morte e il diavolo”. La lettura che è stata data su “Melancolia I” è prettamente alchemica e sembra essere l’unica lettura accertata. La donna ritratta in primo piano, con la testa poggiata sulla mano sinistra, pensosa, circondata da oggetti particolari come la palla, il compasso, il cane e il parallelepipedo scomposto, sembra personificare la “nigredo” ossia la prima fase del processo alchemico (le altre due fasi sono l’”albedo” e la “rubedo”).
Le due opere (quella di Dosso e quella di Dürer) sembrano avere un riscontro anche a livello iconografico. A destra si trova la donna, al suo fianco Mercurio, come al fianco della donna della Melancolia, siede un putto alato (che viene interpretato come Mercurio fanciullo). Entrambi i Mercuri sono collocati al centro delle composizioni. In entrambe le opere c’è l’arcobaleno su un cielo nero. Vicino all’arcobaleno c’è in Dürer il volo del pipistrello, in Dosso quello delle farfalle. Al di sotto vediamo nel primo il fuoco che brucia nel crogiolo e nel secondo il fulmine di Giove. Nel quadro di Dosso Dossi ritornano quindi tutti gli elementi presentati da Dürer, nella stessa successione. Questo discorso può significare solo una cosa: Dosso Dossi conosceva “Melancolia I” di Dürer. In questo caso però, il pittore ferrarese avrebbe rappresentato la seconda fase del processo alchemico, quella dell’albedo che è appunto simboleggiata da Giove (la prima fase, quella della nigredo, è governata da Saturno). Il tutto è confermato dai colori più vivaci presenti nella parte destra del dipinto: le tinte della “rubedo” che sembra spiccare anche nella veste di Giove e nel drappo su cui siede Mercurio. La successione del processo alchemico è sostanzialmente questa: al nero Saturno subentra Giove che dà origine a colori sgargianti e al fenomeno della sublimazione. A questo punto seguirà la fase dell’”albedo”. Più di uno studioso del tempo sosteneva che alla nerezza del primo grado alchemico subentrassero nel secondo colori vividi e allegri. Si ha così il processo di sublimazione, una smaterializzazione, un rendere spirituale la materia. Le farfalle del quadro di Dosso, dipinte da Giove, rappresentano così il processo di sublimazione, spinte dal fuoco che si trova sotto di loro. Probabilmente Dosso Dossi è stato influenzato da un testo di Augurelli “Chrysopoeja” (1515) dove il metallo dell’alchimia, che nasce dalle scorie della “nigredo”, è paragonato alla farfalla.
Mercurio è raffigurato mentre si porta un dito sulla bocca, per incoraggiare al silenzio. Questo gesto è stato letto come “signum harpocraticum” (simbolo di discrezione e silenzio secondo Plutarco). La più antica fonte la troviamo nella statua di Arpocrate dei Musei Capitolini, un tempo a Villa Adriana. È un segno che indica la presenza di qualche “mysterium” su cui è importante il silenzio.
Per finire, bisogna spendere qualche parola sugli alberi che si trovano sullo sfondo. Anche loro hanno un significato alchemico? Certamente sì, come il serto vegetale che ha la donna in mano. Si dice che la pietra filosofale sia prodotta dalla natura verdeggiante. Gli alchimisti pensavano che i metalli stessi avessero natura vegetale. È per questo motivo che Dosso Dossi ha inserito la natura nel suo quadro sullo sfondo e ha aggiunto del verde intorno al collo e alle braccia della donna, anche se si mostra un po’ in disparte.