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Un disegno del Caravaggio o del pittore napoletano Corenzio?


Negli ultimi anni sono nate nuove ipotesi su presunti disegni di mano di Caravaggio, Proprio nel 2012 uscì uno studio portato avanti da due critici, Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fredigolli che sostenevano di aver ritrovato nel “fondo Peterzano” a Milano molti disegni del Caravaggio giovane. La scoperta sarebbe davvero sensazionale in quanto non è rimasto nulla di quel periodo. Caravaggio si trovava nella bottega del pittore veneto Simone Peterzano e nulla è giunto fino a noi. Abbiamo quindi un buco che arriva fino ai primi anni romani (tra l’altro anche la data esatta del suo arrivo a Roma oscilla molto) e sembra strano che il giovane Merisi non abbia realizzato niente, soprattutto nei quattro anni di apprendistato. La cosa certa è che il fondo Peterzano nasconde sicuramente dei disegni di Caravaggio, ma non possiamo dire quali e nemmeno congetturare una quantità precisa. Come metro di paragone ci si può avvalere dei lavori successivi al suo periodo milanese, ma sarebbe comunque troppo poco preciso. Non possiamo avere la certezza che studi scolastici fatti in bottega saranno poi ripresi nei lavori romani.

Tutto questo preambolo per parlare di un disegno conservato nel “Gabinetto Disegni e Stampe” del Museo di Capodimonte di Napoli. È stato attribuito ad un pittore napoletano tardo-manierista di nome Belisario Corenzio. Proviene dalla Collezione del Real Museo Borbonico, il cui inventario è stato fatto nel 1824. Non conosciamo la sua storia negli anni precedenti. Che cosa rappresenta questo disegno? La scena della “Vocazione di San Matteo” dipinta dal Caravaggio in San Luigi dei Francesi a Roma. L’attribuzione a Corenzio deriva dal fatto che tale disegno è un “foglio di riguardo” (fogli applicati per salvaguardare l’opera, il testo, una foto) e sul bordo si trova la dicitura «C.Bellisario», che è stato appunto individuato nel pittore napoletano Corenzio. Pare che poi il foglio di riguardo sia stato tolto, ma non si conoscono i motivi.


Come abbiamo detto prima, il disegno sembra essere una copia abbastanza fedele della “Vocazione di San Matteo” del Caravaggio. Ma come avrebbe fatto il Corenzio a vedere l’opera di Caravaggio? Si deve dedurre che il pittore napoletano sia arrivato a Roma intorno al 1600 e che fosse almeno in parte amico o conoscente del Caravaggio (quest’ultimo era restio a far vedere le opere prima dello svelamento ufficiale, quindi sembra molto strano). Il disegno ha inoltre delle differenze con la pala finita del Merisi. E cosa importante, se paragoniamo altri disegni certi del Corenzio con questo, vediamo che la mano è diversa.

La cosa particolare del disegno napoletano la si nota nel personaggio seduto di spalle con una spada. Questo giovane ha la gamba destra distesa di lato, dove si trova il Cristo. Nel dipinto finito di Caravaggio invece la gamba del ragazzo è piegata e poggiata sullo sgabello dove è seduto. Grazie ad alcune radiografie effettuate nel 1952 sotto la supervisione del critico Venturi, si è visto come inizialmente Caravaggio avesse disegnato la gamba piegata.



Questo significa che, se il disegno di Napoli deriva dalla pala del Caravaggio, è stato realizzato in un arco di tempo molto ristretto che va dal primo abbozzo alla stesura definitiva. La cosa che però non quadra è un altro pentimento che ci sarebbe dovuto essere per un altro personaggio, quello seduto sulla sinistra, un debitore che sta pagando le tasse a Matteo. Anche lui nel disegno napoletano ha la gamba in avanti. In questo caso le radiografie fatte sulla pala del Caravaggio non hanno evidenziato però nessun pentimento. Questo significa che per il personaggio seduto di spalle con la spada, Caravaggio ha cambiato idea, mentre non ha cambiato nulla per il secondo personaggio. Come mai allora nel disegno c’è questa variante? La domanda sorge spontanea. È stato stabilito per certo (grazie alla radiografia) che Caravaggio non ha cambiato la gamba della seconda figura, quindi come mai c’è questo pentimento nel disegno napoletano? O il Corenzio ha cambiato di sua spontanea volontà questo particolare (forse per lui sarebbe stato meglio realizzato in quel modo), oppure si deve pensare che il disegno sia autografo di Caravaggio. Il Caiazza lo ritiene un bozzetto del Merisi, prima della stesura definitiva perché ipotizza insensata l’idea che il Corenzio si sia introdotto nello studio del Merisi per copiare la “Vocazione di San Matteo” (e non abbiamo nessun documento d’archivio che possa confermarlo). Anche l’annotazione del lato verso del disegno «Corenzio Bel(l)isario» non è da prendere molto in considerazione, primo perché è di grafia ottocentesca e secondo perché è un’annotazione provvisoria. Inoltre ci sono altre due annotazioni al centro del verso, che sono state poco studiate dalla critica. La prima è seicentesca e così recita «del Caravaggio in Roma nel [?] stato [?] (…)» e la seconda è stata scritta a matita da un’altra mano e dice «si tiene sicuro del Caravaggio». Sono sicuramente due attribuzioni del disegno e non del dipinto a San Luigi dei Francesi.

In tutto questo però non c’è nessuna certezza. Intanto perché non conosciamo altri disegni di mano del Merisi e non possiamo fare un confronto, secondo perché non ci sono tesi inappuntabili. Tanto ancora deve essere fatto, soprattutto in ambito della presunta scoperta dei disegni di Caravaggio nel cosiddetto “fondo Peterzano”. Se venisse accertata, i disegni sarebbero studiati con più cura e si potrebbe partire con confronti scientifici.


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