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Emozione Arte

La lunga e faticosa storia del progetto della basilica di San Pietro. Le idee e i lavori di Michelan


Nel blog mi sono occupata tantissime volte dell’arte di Michelangelo pittore e scultore. Oggi voglio soffermarmi invece sulla sua carriera di architetto, dedicandomi al lungo progetto della basilica di San Pietro.

Permettetemi però un preludio, indispensabile per introdurre il nostro argomento. Era il 1534, Michelangelo aveva cinquantanove anni e aveva lasciato Firenze senza aver concluso le opere architettoniche che aveva iniziato (ricordiamo la scala della Biblioteca Laurenziana). Non farà più ritorno nella città natale e si stabilirà a Roma fino alla morte. Dopo Giulio II (papa che aveva commissionato la volta della Cappella Sistina) e Leone X (che commissionò le cappelle medicee a Firenze), venne eletto un Farnese, Alessandro. Prenderà il nome di Paolo III. Lui iniziò la riforma della Chiesa cattolica romana e divenne il committente assoluto di Michelangelo. Ci troviamo in un periodo storico particolare. Il Rinascimento è finito e si affaccia determinata la Controriforma con tutte le sue sfaccettature negative, in primis l’Inquisizione (che si scaglierà anche contro il “Giudizio Universale” di Michelangelo).

L’artista a Roma dà sfogo alla sua creatività architettonica e non gli par vero di poter progettare tutto quello che aveva dentro la sua mente. Ideerà numerosi spazi aperti: il Campidoglio, Palazzo Farnese, Porta Pia e si confronterà con l’architettura antica (Santa Maria degli Angeli). Il progetto della nuova basilica di San Pietro e la rispettiva cupola, saranno i lavori che maggiormente lo impegneranno sia sul piano mentale che progettuale. Chi sono stati però i suoi predecessori? Rossellino, Bramante, Raffaello e Antonio da Sangallo. Rossellino iniziò a lavorare sotto il pontificato di Niccolò V che ordinò il rifacimento dell’antica basilica costantiniana. La sua idea era quella di realizzare una chiesa con corpo longitudinale, a cinque navate, coperte da volta a crociera, che poggiavano su pilastri che racchiudevano le vecchie colonne. Inoltre è da ricordare l’ampliamento del transetto e l’inserimento del coro. Nel 1450 muore Niccolò V e da questo momento i lavori non ebbero più nessun considerevole sviluppo. Ci fu una ripresa parziale nel 1470 con Giuliano da Sangallo. Sarà soltanto Giulio II a riaprire il cantiere, affidando i lavori a Donato Bramante. Al contrario di Rossellino, Bramante aveva progettato una pianta a croce greca, perché si rifaceva ai primi “martyria” cristiani e una cupola emisferica, simile a quella del Pantheon. Abbiamo la testimonianza grazie alla presenza della medaglia del “Caradosso” coniata per commemorare la posa della prima pietra (avvenuta il 18 aprile 1506) e del cosiddetto “piano pergamena”. Chiari erano i richiami all’architettura romana. Per dare inizio ai lavori, Bramante demolì la parte del presbiterio dell’antica basilica e questo sollevò numerose polemiche, anche da parte di Michelangelo. Il suo soprannome sarà “maestro ruinante”. I lavori si interruppero per la morte di Giulio II nel 1513 e del Bramante stesso che passò a miglior vita solo un anno dopo. Proprio nel 1514 i lavori passeranno a Raffaello e Giuliano da Sangallo, ma l’urbinate morì nel 1520 e non riuscì a concludere praticamente nulla. Sarà poi papa Paolo III ad affidare i lavori a Antonio da Sangallo nel 1538. Quest’ultimo decise di unire l’impianto basilicale con quello centrale, inserendo un avancorpo cupolato con due torri campanarie. Quindi iniziò la fondazione del braccio nord e rinforzò i pilastri della cupola, rialzando la quota di progetto del pavimento (creando così anche lo “grotte vaticane”). Nel 1538 verrà inserita una “parete divisoria” tra la parte rimasta della navata centrale della vecchia basilica e la nuova che si stava costruendo. Si fece questo per evitare che le polveri e le demolizioni potessero rovinarla.



Ed è adesso che entra in scena il nostro Michelangelo, a seguito della morte di Antonio da Sangallo avvenuta nel 1546. L’artista si trovava così di fronte ad un cantiere aperto, ancora lontano dalla sua fine. In tutti questi anni i lavori erano stati interrotti a causa di altre incombenze, della corruzione papale e della noiosa burocrazia. Adesso Michelangelo aveva tutto il lavoro per sé, ma doveva contenere la resistenza della “setta sangallesca”, così la chiamava, ossia tutti quegli allievi e successori del Sangallo che portavano avanti con fermezza le idee del maestro. In realtà dobbiamo dire che, dopo la morte di Antonio da Sangallo, il successore sarebbe dovuto essere Giulio Romano, morto solo un mese dopo il Sangallo. Sarà poi Paolo III a convocare Michelangelo e, secondo il Vasari, il papa lo scelse dopo aver avuto un’ispirazione divina. Sempre secondo Vasari, Michelangelo si sarebbe opposto all’incarico affidatogli, ma sappiamo che agli inizi del dicembre 1546, stava progettando un modellino in legno della nuova basilica. Lo stipendio lo percepiva direttamente dalle casse pontificie ed era il doppio di quello che era stato dato ai suoi predecessori. Sintomo questo di grande stima e fiducia nel maestro. Michelangelo inoltre non prendeva ordini dai deputati che, più di una volta, si lamentarono di questa decisione. Paolo III in tutta risposta, in un motu proprio, diede a Michelangelo potere illimitato su tutte le questioni relative alla fabbrica di San Pietro. Era diventato il padrone assoluto. Anche dopo la morte di Paolo III, il suo successore, Giulio III, appoggiò l’artista in tutto e per tutto. A causa però di pochi fondi, i lavori si protrassero per tanti anni. I seguaci di Sangallo volevano rimanere con le unghie e con i denti dentro il cantiere di san Pietro e Michelangelo, per non vedere nomine a lui sgradevoli, minacciò più volte di abbandonare l’incarico. Passò davvero dei grandi momenti di depressione e su questo punto dolente spinse molto Cosimo I, da Firenze, per convincerlo a tornare in patria. Lui si oppose sempre fermamente.

Purtroppo non rimango disegni autografi dei progetti michelangioleschi e tutto quello che abbiamo sono incisioni e disegni realizzati da altri artisti che videro dal vivo i progetti. Di autografo è giunto solo il modello della cupola. Rimane l’incisione di Lucchino (1564) che mostra l’articolazione esterna della tribuna meridionale. Invece è molto dubbio il valore dei disegni di Dupérac che li ha realizzati dopo la morte dell’artista. Molto importanti sono le lettere che Michelangelo scrisse a un certo “Messer Bartolomeo” e “Mons.re reverendissimo”, risalenti ai primi anni di lavoro nella fabbrica di San Pietro. L’idea principale di Michelangelo era quella di ridurre il volume della basilica. Eliminò tutti i deambulatori absidali, le sacrestie angolari, i vestiboli e i campanili che aveva ideato il Sangallo. Considerava il modello dell’architetto troppo costoso e sfarzoso. Il suo progetto prevedeva la pianta centrale, quella che era stata ideata anche da Rossellino, incentrata su un ambulacro quadrato, in modo che la cupola potesse svettare maggiormente e diventare l’unica protagonista. Alcune osservazioni che si trovano nella lettera a “Messer Bartolomeo”, fanno ipotizzare che Michelangelo avesse progettato anche un atrio simile a quello del Pantheon. Non ci sono però altri documenti che lo possono attestare con sicurezza. Per quanto riguarda la facciata, sappiamo che l’attico meridionale era privo di decorazioni, al contrario di quello settentrionale che era invece decorato e venne costruito subito dopo la morte dell’artista. Secondo l’incisione di Lucchino l’attico era tutto liscio e sarebbe stato soltanto Ligorio ha ideare le decorazioni tra il 1605 e il 1611.

Michelangelo sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a terminare i lavori di San Pietro prima di morire (essendo già molto avanti con l’età) e per evitare che i suoi successori sporcassero i suoi progetti, iniziò i cantieri in diversi punti della basilica (esclusa la facciata che aveva ancora i resti paleocristiani) per obbligare a continuare i lavori così come lui li aveva cominciati.

Naturalmente non mancarono le critiche da parte dei suoi oppositori che lo accusarono di demolire troppo invece di portare avanti i lavori. La ciliegina sulla torta avvenne nel 1551, quando ci fu un crollo dovuto ad un errore del suo capomastro di fiducia. Ovviamente le critiche si acuirono ancora di più. Tra l’altro i deputati non erano assolutamente convinti della nuova pianta della basilica che aveva ristretto di tanto il volume dell’edificio. Secondo loro la chiesa si sarebbe poi dovuta chiamare “san Pietrino”. In realtà però il progetto di Michelangelo avrebbe fatto risparmiare tempo oltre che soldi.



Per quanto riguarda la cupola, Michelangelo ci ha lasciato un modello ligneo e abbiamo alcuni disegni di Dupérac come testimonianza. L’artista fece costruire il tamburo della cupola, costituito da coppie di colonne binate che incorniciano sedici finestre. Michelangelo non completò la costruzione di tutta la cupola che sarà poi terminata da Giacomo Della Porta tra il 1588 e il 1593. Quasi sicuramente quest’ultimo si allontanò dalle idee michelangiolesche che la volevano più sferica. Inoltre il Della Porta la costruì sette metri più alta rispetto al modello michelangiolesco e a sesto rialzato per evitare le spinte della calotta ai lati. Dal punto di vista strutturale è formata da una doppia calotta, come era quella della chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze, realizzata dal Brunelleschi. La decorazione interna è a mosaico, fatta dal Cavalier d’Arpino e Giovanni De Vecchi su commissione di papa Clemente VIII. Raffigurano scene della vita di Cristo, apostoli, busti di papi e santi.

Nel 1562 Michelangelo abbandonò i lavori della basilica, sia per motivi di salute (era ormai molto anziano e vicino alla morte) e soprattutto a causa del suo rivale Nanni di Baccio che divenne consulente della commissione. La morte del maestro avverrà due anni dopo. Era il 18 febbraio 1564.

Chi continuò i lavori dopo la sua scomparsa? Clemente VIII diede l’incarico a Carlo Maderno che realizzò anche la facciata. La pianta venne modificata, ma mantenne la pianta centrale di Michelangelo aggiungendogli un corpo longitudinale. Durante la Controriforma la pianta della basilica si avvicinò molto di più ad una croce latina, in modo da accogliere più fedeli al suo interno. Le navate laterali furono coperte da piccole cupole incassate nel corpo della basilica. In questo modo all’esterno non rimanevano che delle lanterne. Sulla facciata riprese l’ordine gigante ipotizzato da Michelangelo, ma non creò un pronao aggettante. Sotto Paolo V saranno inseriti anche i campanili laterali. Anche Gian Lorenzo Bernini, oltre ad aver realizzato il famoso porticato e il baldacchino, ha diretto i lavori della costruzione interna della basilica e dei campanili adiacenti la facciata. Sarà papa Urbano VIII a consacrare la basilica nel 1626.

Come si è potuto capire la storia della basilica di San Pietro è davvero lunga e complessa, ricca di vicissitudini e problemi più o meno importanti. Chiunque la veda oggi non potrà che rimanere estasiato davanti al lavoro compiuto. Sembra quasi di rivedere all’opera tutti gli architetti e i papi che sono stati menzionati. Un’emozione unica!

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