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Emozione Arte

Il processo Baglione: disputa tra pittori


Giovanni Baglione, antagonista ma anche biografo di Caravaggio, è ricordato per un famoso processo intentato contro il Merisi, l’architetto Onorio Longhi e i pittori Orazio Gentileschi e Filippo Trisegni. Era il 28 agosto 1603. Baglione li denuncia per dei versi ingiuriosi che avrebbero scritto contro la sua persona e la sua arte. Inoltre accusa Caravaggio di invidia. Baglione aveva infatti ricevuto l’incarico di dipingere una “Resurrezione di Cristo” per la Chiesa del Gesù. Secondo il suo punto di vista tutti i pittori, ma soprattutto Caravaggio, ne sarebbero stati gelosi.


Interessanti sono le testimonianze lasciate da alcuni di loro. Orazio Gentileschi venne interrogato e parlò di una contesa pittorica tra lui e Baglione e tra quest’ultimo e Caravaggio. Orazio avrebbe infatti dipinto un San Michele (purtroppo non è conservato) nella Chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini e Baglione, in risposta, realizzò un quadro con l’Amore divino per il cardinale Giustiniani, che aveva realizzato precedentemente per mettersi in aperta disputa con Caravaggio che, come molti sapranno, aveva dipinto il bellissimo “Amore vincitore” per il fratello del cardinale, il marchese Vincenzo Giustiniani. Nonostante il quadro del Merisi fosse piaciuto molto di più di quello del Baglione, il cardinale regalò una collana dorata (come premio) a Baglione. Ad Orazio Gentileschi non piacque il dipinto di quest’ultimo e non ebbe problemi a farglielo presente. L’amore divino non era rappresentato come un bambino, ma aveva le fattezze di un uomo adulto e indossava una corazza, quindi andava decisamente contro l’iconografia tradizionale. In tutta risposta Baglione ne realizzò un altro, un amore tutto nudo. Entrambi i dipinti di Baglione e Caravaggio si trovano a Berlino, nello Staatliche Museen Preussischer Kulturbesityz, Gemäldegalerie, dove possono essere tutt’ora ammirati.

Come si intuisce, questo processo oltre che condannare le ingiurie nei confronti di Baglione, mette in luce una vera e propria guerra tra pittori. Baglione dipinse un “Amore divino” per il cardinale Giustiniani, in aperta disputa con l’amore terreno di Caravaggio. Contemporaneamente, l’”Amore divino” di Baglione era in contesa con il “San Michele che sconfigge il diavolo” di Gentileschi.

I quadri di Baglione e Gentileschi sono stati esposti nella chiesa di San Giovanni Decollato, per prendere parte ad un’esposizione che si teneva ogni anno il 29 agosto. Dalle parole di Gentileschi (era il 13 settembre 1603), si capisce che l’evento doveva aver avuto luogo al massimo nel 1602, dato che Baglione aveva già dipinto il secondo Amore divino, ossia quello nudo a seguito delle critiche di Gentileschi e che è datato con certezza proprio al 1602. Caravaggio invece dipinse il suo “Amore vincitore” nei primi mesi del 1602 e prima del processo intentato da Baglione. Quest’ultimo decise di disputare con lui e con Gentileschi.

Il quadro di Baglione, “Amore divino”, conservato a Berlino, raffigura un alto ragazzo sovrastare un amore terreno nudo, sdraiato a terra. Con la mano destra impugna la lancia, indirizzata proprio verso il piccolo cupido. Dietro queste figure, si vede una creatura con le orecchie da fauno e la pelle scura simile a quella del diavolo. Anche lui sarà sottomesso. Lo stile di Baglione è tenue, dolce. Nonostante la scena “forte”, non notiamo un’atmosfera di paura.


Il secondo amore divino che Baglione dipinse a seguito della critica del Gentileschi, è stato identificato con il quadro conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma (Palazzo Barberini). L’amore divino non è raffigurato nudo, ma lo stesso Gentileschi non descrive il dipinto. Quindi è stata tendenzialmente identificato con questa tela. In realtà, se guardiamo bene, Amore non è nudo, ma è sicuramente meno vestito rispetto alla prima versione. Non indossa più l’armatura, al contrario ha un busto metallico su cuoio e un busto in oro con tre teste di leoni su dei nastri azzurri. Anche in questo quadro vediamo il fauno seduto dietro i due personaggi. Sembra sia il ritratto del suo rivale Caravaggio. Non tutti sono d’accordo, ma se si confrontano alcuni quadri iniziali e il ritratto realizzato da Ottavio Leoni, sembrano non esserci dubbi. Baglione nel processo non parlò di un oltraggio pittorico nei confronti del suo nemico. Questo in ogni caso non cambia la questione. Forse non lo aveva voluto menzionare e non si sentiva in dovere di farlo. Ovviamente il fatto che Baglione abbia inserito questo chiaro riferimento sarcastico a Caravaggio, non deve essere ricondotto solo alla contesa pittorica e stilistica tra i due. Hanno inciso tanto anche i versi ingiuriosi scritti contro di lui. A Baglione giunsero due poesie offensive nei confronti della sua arte e della sua persona. Baglione denunciò Caravaggio, Onorio Longhi, Filippo Trisegni e Orazio Gentileschi e li accusò di aver scritto queste poesie per invidia. Come detto all’inizio infatti, Baglione aveva ricevuto l’incarico di realizzare una “Resurrezione di Cristo” per la Chiesa del Gesù (oggi abbiamo solo il bozzetto). La gelosia li avrebbe spinti a compiere queste empio gesto. Ma la loro rivalità, stando alle parole di Baglione, si trascinava da molto tempo e i versi ingiuriosi sarebbero stati solo la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.


Interessante una delle due poesie contro Baglione che parla dello stile del pittore:

"Gian Coglion senza dubio dir si puole

quel che biasimar si mette altrui

che può cento anni esser mastro di lui.

Nella pittura intendo la mia prole

poi che pittor si vol chiamar colui

che non può star per macinar con lui.

I color non ha mastro nel numero

si sfaciatamente nominar si vole

si sa pur il proverbio che si dice

che chi lodar si vole si maledice.

Io non son uso lavarmi la bocca

né meno di inalzar quel che non merta

come fa l’idol suo che è cosa certa.

Se io mettermi volesse a ragionar

delle scaure fatte da questui

non bastarian interi un mese o dui.

Vieni un po’ qua tu ch’e vò’ biasimare

l’altrui pitture et sai pur che le tue

si stano in casa tua a’ chiodi ancora

vergognandoti tu mostrarle fuora.

Infatti i’ vo’ l’impresa abandonare

che sento che mi abonda tal materia

massime s’intrassi ne la catena

d’oro che al collo indegnamente porta

che credo certo meglio se io non erro

a piè gle ne staria una di ferro.

Di tutto quel che ha detto con passione

per certo gli è perché credo beuto

avesse certo come è suo doùto

altrimente ei saria un becco fotuto."

In sintesi Baglione viene accusato di immoralità pittorica. Non dovrebbe accusare gli altri di impudicizia, quando è lui stesso ad avere nella sua abitazione dei quadri che farebbe bene a non mostrare a nessuno. Cosa significa? Non sappiamo con certezza se si tratti di dipinti di scarso valore pittorico, oppure di quadri con soggetti poco consoni alla moralità del tempo. In effetti risultano due quadri (pubblicati da Federico Zeri in Giovanni Baglione pittore erotico, in «Antologia di Belle Arti» 1,4, dicembre 1977, pp.339-342) di datazione tarda rispetto agli anni del processo, che presentano però dei soggetti che possono essere definiti “impudici”. Anche se non si tratta di questi specifici quadri (di cui parliamo subito), è molto probabile che Baglione fosse solito dipingere soggetti del genere anche prima. Sicuramente li teneva nascosti, ma non passavano di certo inosservati ai pittori suoi concittadini. Cosa molto singolare il fatto che questi due quadri non vengano citati nella sua autobiografia (posteriore ad essi). Il primo pubblicato da Zeri si intitola “Amore che frena l’istinto” (oggi a Valencia, Museo Provinciale), dove un satiro sta per trafiggere con la sua freccia una donna in carne distesa sul letto, in posizione molto ammiccante. Nell’altro quadro (in collezione privata di Federico Zeri), Amore castiga una donna sdraiata a pancia in giù, quindi con il suo di dietro in vista a chi guarda. L’accusa di Baglione a Caravaggio era di sodomia, una condizione maschile generalmente diffusa nel Cinquecento, ma non dichiarata apertamente. In ogni caso anche Baglione non era un “santo” e la poesia lo fa notare. Come dire, non puntare il dito contro un altro, quando te fai la stessa cosa.

In ogni caso, il quadro “Amore vincitore” di Caravaggio piacque tantissimo al suo committente, il marchese Vincenzo Giustiniani. Tanto era grande il suo amore verso il dipinto, che decise di nasconderlo sotto una tenda rossa per non mostralo ad occhi indiscreti.


 

Per approfondimenti, vi consiglio la lettura di questo libro:

-Herwarth Röttgen, "Caravaggio. L'amore terreno o la vittoria dell'amore carnale", Franco Cosimo Panini, 2006


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