Lucas Cranach, un artista poliedrico, la cui arte è forse troppo poco conosciuta dal grande pubblico. Non sappiamo molto sui suoi primi anni di vita artistica. È nato nel 1472 a Kronach, piccola città della Franconia. Il padre si chiamava Hans Maler (o Möller) e non abbiamo notizie se fosse pittore o meno. Non conosciamo nemmeno l’apprendistato di Lucas e questa è purtroppo una grande lacuna. Le prime tracce di attività le rintracciamo a Vienna, a partire dal 1502-03, quindi già in età matura. Non si sa perché si recò nella città asburgica, ma sappiamo che ebbe rapporti con Konrad Celtis e Giovanni Cuspiniano (a cui fece un ritratto con la moglie), tutti e due umanisti di origine francofona. Di questo primo periodo documentato, rimangono quadri dalle pennellati forti, spigolose e dalle figure fortemente animate. Un esempio è la “Crocifissione” (ora all’Alte Pinakothek di Monaco). Qui vediamo una decisa componente fiamminga, con colori sgargianti, dettagli precisi e allo stesso tempo una “innaturalità” delle pose delle figure. Molto rigida è la figura del Cristo, il cui perizoma svolazza in maniera per nulla naturale. La particolarità però molto evidente è la sua espressività, del tutto sconosciuta a quel tempo. Ancora oggi ci si chiede da cosa potesse derivare. Certamente un punto di riferimento non poté che essere Albrecht Dürer. L’artista di Norimberga era stato incaricato più volte di realizzare opere da Federico il Saggio, elettore di Sassonia. Lucas Cranach è stato invitato proprio da quest’ultimo a Wittenberg, per diventare artista di corte. Un altro artista che ha avuto una forte influenza su Cranach è stato Jacopo de’ Barbari (ricordato per aver fatto conoscere la prospettiva italiana agli artisti nord europei), un pittore veneto che lavorò anch’egli alla corte di Federico il Saggio. La città di Wittenberg era stata trasformata proprio da Federico in un centro di cultura e arte, tanto da stare al passo di altre città europee. Cranach conoscerà ancora di più l’arte fiamminga durante il soggiorno alla corte di Margherita d’Austria (forse fu Federico il Saggio ad inviarlo in missione diplomatica). Qui conobbe artisti come Hieronymus Bosch e Hans Memling. Non mancano anche richiami all’arte italiana, appresa però indirettamente tramite le opere di Quentin Massys, che aveva inserito delle reminiscenze leonardesche nei suoi quadri.
Dopo il soggiorno presso Margherita d’Austria, Cranach torna a Wittenberg affermando il suo status sociale di pittore. Sposa Barbara Brengbier all’incirca nel 1512, da cui avrà due figli (Hans e Lucas) e tre figlie. La sua fama gli permetterà di comprare alcune case e di gestire una farmacia (l’unica nel posto) e diventerà la persona più ricca della città.
I suoi committenti erano variegati. Non solo il principe elettore di Sassonia, ma anche i cittadini. Questo spiega le numerose copie esistenti delle sue più grandi opere. Forse i committenti minori richiedevano delle copie di opere create per il principe.
Molto forte anche la sua amicizia con Lutero. Come saprete, Martin Lutero, fondatore della chiesa protestante, appese le sue “Tesi” alla porta della Schlosskirche. Cranach era un fervente sostenitore di Lutero e lo appoggiò sempre, realizzando anche ritratti di lui con la moglie Katharina von Bora. Si dice che il figlio Hans avesse realizzato più di mille effigi di Lutero. Sarà sempre Cranach a far stampare e a vendere la traduzione del Nuovo Testamento della Bibbia, la cui edizione finale uscì nel 1524.
Quasi sicuramente Cranach non uscì dalla sua terra di origine e non visitò mai l’Italia (che invece aveva visto il suo protettore Federico il Saggio). Sappiamo che il figlio Hans morì a Bologna nel 1536, anche se sfuggono i motivi che lo spinsero a raggiungere la penisola italiana (forse un collegamento potrebbe essere Christoph Scheurl, rettore dell’Università di Wittenberg che sembra avesse una grande stima per Hans). Lo stile dell’arte italiana, appresa solo tramite artisti che la usavano nelle loro opere, non sarà usato da Cranach in modo assiduo. Al contrario verrà introdotto nella sua arte solo in caso di necessità, come elemento aggiuntivo, per inserire un dettaglio inconsueto. Ne vediamo degli esempi nell’”Età dell’argento” e nell’”Età dell’oro”, dove sembra esserci una reminiscenza di Botticelli con gli arazzi e i prati fioriti. Gli stessi rimandi li vediamo in alcune xilografie come “La caccia” e “Il torneo” dove è evidente il richiamo a Jacopo Bellini.
Parliamo adesso un po’ del suo stile, che è cambiato tantissimo nel corso della sua carriera. Si contano almeno tre diversi stadi nell’arco della sua crescita pittorica. Cranach è passato da una fase viennese ad una fase classica, per poi giungere ad una fase più goticheggiante. Gran parte della critica parla di una caduta di stile nell’ultimo periodo, quasi un’inflessione negativa sulla sua arte, soprattutto per la sua commercializzazione che lo portò a realizzare opere seriali create in bottega. L’elemento però che gioca a suo favore è il costante aggiornamento degli stili pittorici per soddisfare una clientela molto variegata e sempre diversa. Dopo il 1508 il suo stile diventa elegante, molto fiammingo e si potrebbe definire “anticlassico” perché, come abbiamo detto prima, lo stile classico dell’arte italiana veniva usato solo per un introdurre un particolare diverso al quadro. Possiamo affermare in definitiva che lo stile di Cranach non riflette per niente la sua terra d’origine, ma al contrario è un’unione di varie esperienze culturali. Proprio questa commistione ha portato l’arte di Cranach ad una grandissima ascesa e a produrre un sistema di mercato molto sviluppato tra la committenza.
''Venere e Cupido che ruba il favo di miele'' della Galleria Borghese
Le opere conservate in Italia sono davvero poche (almeno quelle riconosciute fino ad adesso come autografe). Abbiamo la “Venere e Cupido che ruba il favo di miele” della Galleria Borghese, l’”Adamo ed Eva” degli Uffizi e il “Riposo durante la fuga in Egitto” della collezione Sciarra a Berlino. Tutte sono arrivate nella nostra penisola intorno al XVIII e XIX secolo sicuramente per strada ereditaria. Interessante la storia della “Venere e Cupido che ruba il favo di miele”. Abbiamo un documento, registrato il 24 gennaio 1611, riguardante un pagamento al falegname del palazzo del cardinale Borghese, per la realizzazione di due cornici per due “Veneri lunghe”. Dagli inventari si evince che le Veneri presenti alla Borghese con la caratteristica indicata sopra (ossia “lunghe”) fossero tre: quella di Cranach, quella di Brescianino e una di Girolamo da Treviso. Tra queste tre, solo su due si fanno eseguire delle cornici identiche, ossia quella di Cranach e quella di Brescianino. Si può così ipotizzare che fossero pensate per essere messe come “pendant”. Il termine “ante quem” per l’entrata della Venere di Cranach alla Borghese risulta essere il 1611. Ma da chi la comprò il cardinale Borghese? Purtroppo non lo sappiamo con certezza, ma sembra che sia stata acquistata all’interno del blocco di opere prese dal cardinale Sfrondato, che aveva un’importante raccolta di opere a Cremona. Sicuramente il soggetto di Cranach era inconsueto per il gusto dell’arte italiana, ma è molto vicino al gusto cremonese più sensibile all’arte nordica.
Il soggetto è quello di Cupido “keriokleptes”, ossia ladro di miele. Il piccolo bambino non ha infatti la solita faretra con le lance, ma tiene in mano un favo di miele da cui escono delle api. Sullo sfondo nero del quadro, in alto a destra, ci sono delle lettere dorate scritte in capitali romani che così recitano: “Dum puer alveolo furatur mella cupido/furant digitum cuspide fixit apis/sic etiam nobis brevis et peritura voluptas quam petimus tristi mixta dolore nocet” (Come Cupido bambino ruba il miele dall’alveare e l’ape punge il ladro sulla punta del dito, così anche la caduca e breve voluttà delle nostre brame è nociva e porta tristezza e dolore). Un monito simile lo rivediamo per l’”Apollo e Dafne” di Bernini. Il cardinale Borghese infatti fa incidere alla base della statua dei versi latini che così recitano “L’amante che insegue le forme fuggitive dei piaceri d’amore si riempie le mani di fronde, ovvero coglie bacche amare”. Una frase simile lo troviamo anche per la statua del “Ratto di Proserpina”, sempre del Bernini. Non è quindi un caso che il cardinale Borghese avesse scelto un quadro come quello di Cranach da aggiungere alla sua collezione. Un monito del genere serviva a risvegliare l’umanità dai piaceri effimeri che, sono belli all’apparenza, ma presentano sofferenze una volta scoperti. Il tema dell’amarezza e l’effimero godimento dei sensi sono paragonati alla gloria dell’arte e alla poesia mondana rispetto a quella cristiana. La storia del "kleriokleptes" è ripresa dalla raccolta di "Idilli" del poeta greco Teocrito. Qui infatti la puntura delle api viene paragonata alle ferite inferte da Cupido con le sue frecce. E Venere così si esprime: "Non sei forse tu stesso come l'ape? Sei piccolo, ma che ferite sai provocare!". I versi dipinti da Cranach non riprendono alla lettera i versi di Teocrito, ma ne riassumono il senso.
Passiamo ora ad una veloce descrizione del quadro. La Venere alta e sinuosa, si trova alla destra del dipinto. È prevalentemente nuda, a parte un sottile e trasparente velo che porta intorno alla vita e a un vistoso cappello rosso con piume di gru (un tipico modello della Wittenberg del tempo). Al collo indossa una collana di perle e gemme. I capelli sono raccolti in una cuffia dorata e ricamata con perle. Il piccolo Cupido è accanto alla donna. Ha delle ali minute e tiene in mano un favo di miele, da cui fuoriescono delle api in procinto di pungerlo. In questo caso cupido non piange (come invece si vede nel disegno acquarellato di Dürer, dove il bambino scappa letteralmente dalle api che lo inseguono). Il suo volto è però sofferente e guarda verso la madre che, con espressione beffarda, ride sotto i baffi. Sembra dirgli che non dovrebbe stupirsi di quello che sta accadendo. Infatti dovrebbe conoscere il dolore che provocano le sue frecce quando colpiscono gli uomini (ritorniamo al discorso intrapreso poco sopra). Questo “ossimoro” tra il ghigno divertito della madre e l’espressione sofferente del figlio, è chiaramente ripreso dalle prese in giro satiriche di Sebastian Brant o di Konrad Celtis (amico di Cranach). Lo sfondo è pressoché nero, a parte un albero dietro i due personaggi che sembra formare una Y. È sicuramente un chiaro riferimento al bivio, al tema della scelta. Da una parte la via della virtù, dall’altra la via della “voluptas” (il più antico esempio è quello di Ercole al bivio).
Ma quali sono stati i modelli presi da Cranach? Sicuramente il “Il sogno del dottore” di Dürer. L’incisione mostra Venere e Cupido (che sta salendo su dei trampoli) stregare il dottore mentre dorme. Gli stanno infatti procurando delle tentazioni e un pipistrello vicino al suo orecchio, è pronto a suggerirgli i peccati. Nonostante il dipinto di Cranach non rappresenti il dottore e veda solo madre e figlio come protagonisti, è chiaro che la posa delle Venere è stata ripresa proprio da Dürer. La posa delle braccia e delle gambe è molto simile, come anche il velo che la donna tiene con le mani. Questa Venere, come tutte le donne di Cranach, appare alta e sinuosa. Era questa una moda in voga al tempo, in particolare dal 1530, secondo cui nelle corti europee, era consono rappresentare donne alte e snelle con teste anche troppo piccole rispetto al corpo e in pose eleganti. Ma la posa della Venere in questione ha delle reminiscenze anche con l’arte di Jacopo de’ Barbari che, nel 1497, realizza una xilografia intitolata “Il trionfo degli uomini nudi sui satiri”, dove una ninfa assume una posa uguale a quella della Venere di Cranach.
Abbiamo detto prima che il cappello indossato dalla donna è tipico della moda del tempo (le piume di gru non erano facilmente reperibili e questo aumenta ulteriormente lo status sociale della donna ritratta). Anche la collana e la cuffia dorata che cinge i capelli sono ovviamente simboli di alto rango. Cranach rappresenta sempre le sue donne con il cappello o la collana, in questo caso però fa indossare alla dea tutte e due. Questo significa solo una cosa: la modella usata per a Venere era sicuramente di alto rango sociale. Il nastro che corre sulla fronte della cuffia reca le lettere “W.A.F.I.”. Quasi sicuramente si riferiscono al nome della donna che non è stato però ancora scoperto. Ci sono alcune ipotesi: Maddalena di Sassonia, moglie del principe Gioachino II di Brandeburgo è una di queste. Il volto della donna però rispecchia i canoni di bellezza del tempo e risulta così ancora più difficile identificarla. I volti delle donne dipinte da Cranach sono infatti tutti molto simili tra loro.
Del dipinto esistono almeno ventiquattro versioni realizzate da Cranach e bottega. Infatti dal 1527 il soggetto di stampo erotico era molto famoso ed erano state richieste molte varianti (anche se non sappiamo con certezza se tutte siano state commissionate. Alcune sicuramente saranno state dipinte solo come "esercizio" di bottega). Qualche variante è di piccolo formato e a sfondo paesaggistico.
Prima di appartenere al cardinale Borghese l’opera faceva forse parte della collezione di Alvise Corradini a Padova. Chi ce lo fa sapere? Johannes Thuilius ricorda di aver visto a casa del giurista Alvise Corradini a Padova un bel quadro di Venere con Cupido punto dalle api. In più cita una frase che è ricollegabile al quadro Borghese, soprattutto per la presenza del verbo “extat”. Era quindi un dipinto degno di nota. Come abbiamo detto poco fa, ne esistono almeno venti versioni, ma tra tutte, le più belle sono quelle della Galleria Borghese, del museo Rijksmuseum di Otterlo e dei Musei di Berlino. Inoltre Padova, soprattutto l’università, a quel tempo aveva legami con gli umanisti del Nord ed è quindi sempre più probabile che il quadro posseduto da Corradini sia quello della Galleria Borghese.
Dal punto di vista tecnico, la “Venere e Cupido che ruba il favo di miele” è stato eseguito con sei tavole lignee poste in verticale, rovinate purtroppo dagli insetti xilofagi. La gamma dei colori scelti è molto esigua e anche le mescolanze di toni sono ridotte alla base.
In conclusione possiamo affermare che lo stile di Cranach è a metà tra l’arte fiamminga di van Eyck e van Dick e i loro minuziosi dipinti e il mistero di Bosch. Perché l’arte di Cranach oltre ad essere bella e affascinante è anche piena di domande e quesiti. Molti soggetti non sono facilmente riconoscibili e in altri sono presenti degli elementi che sembrano non avere nessun rapporto tra loro. Le domande che ancora avvolgono la sua figura sono tante, ma questo rende ancora più seducente la sua arte.