La morte di Michelangelo Buonarroti avvenne il 18 febbraio 1564, alle cinque del pomeriggio. Aveva quasi 89 anni. Li avrebbe compiuti il 6 marzo. Nonostante l’età ormai molto avanzata, aveva continuato a lavorare imperterrito al suo ultimo capolavoro, la “Pietà Rondanini”. Solo negli ultimissimi giorni era stato costretto a posare lo scalpello, a causa della fatica che gravava sul suo corpo ormai fiaccato da malanni e vecchiaia. Ricordiamo che Michelangelo aveva sofferto di vari problemi fisici. Si dice avesse un grave affaticamento ai reni, a causa del suo modo sballato di mangiare e bere (a volte mangiava pochissimo e non beveva per niente). Inoltre aveva avuto danni alla vista e al collo. La Cappella Sistina fu il colpo di grazia, a causa del modo davvero scomodo in cui doveva dipingere, sdraiato sui ponteggi e sempre con la testa in su. La vista gli peggiorò invece per i colori che spesso e volentieri colavano sul suo viso (i pigmenti che si usavano per affrescare avevano all’interno anche sostanze nocive, come l’orpimento e il mercurio). Nonostante tutto però, aveva continuato a lavorare senza sosta. L’amore per il suo lavoro e per l’arte erano senza fine e non si sarebbe fatto fermare da nulla.
Nella sua casa di Macel de’ Corvi a Roma (dove oggi si trova il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, il Vittoriano) , erano presenti personaggi come Tommaso de’ Cavalieri (il giovane da lui amato e a cui dedicò numerosi disegni), Daniele da Volterra (uno dei suoi allievi), Antonio del Francese, il servitore e Francesco Armadori, detto Urbino. Al suo interno l’artista conservava numerose opere, bozzetti e disegni preparatori. Cosimo de’ Medici, già l’anno prima, aveva incaricato il Vasari di controllare casa di Michelangelo per evitare che ci fossero razzie. Il 19 febbraio, il giorno dopo la morte, venne subito stilato l’inventario dei beni. Sono stati registrati molti mobili e attrezzi domestici, ma anche opere d’arte. Erano presenti una scultura di piccole dimensioni con il Cristo che porta la croce, una statua con San Pietro (forse scolpita per la prima versione della tomba di papa Giulio II), la bellissima “Pietà Rondanini” e un modesto numero di bozzetti. Si parla solo di dieci cartoni e pare che fossero per la maggior parte disegni architettonici. Disegni o bozzetti di opere d’arte erano davvero esigui. E la cosa stupisce. Possibile che l’artista li avesse donati o venduti? Solo due settimane dopo la sua morte, il duca Cosimo de’ Medici lamentava la perdita dei disegni del Buonarroti. Queste le sue parole: «Che Michelangelo non abbia lasciato alcuno dei suoi disegni… Non ci pare un’azione degna di lui averli date alle fiamme» [Frey, 1923-1930, II, p.902] Anche nel suo vecchio studio a Firenze, prima di giungere a Roma, (accessibile solo da suoi stretti collaboratori e amici) si sono conservati solo disegni architettonici e schizzi da lavoro. Nulla di più! Sembra però che fosse stato proprio Michelangelo a chiedere di bruciare molti dei suoi disegni. Secondo il Vasari, nelle sue “Vite“, l’artista non voleva lasciare ai posteri dei disegni “imperfetti” o non finiti e avrebbe così desiderato la loro scomparsa. Una prima distruzione ci sarebbe stata nel 1518 e la seconda proprio in concomitanza con la sua morte. Fortunatamente non tutti i disegni vennero gettati tra le fiamme, anzi si è salvato un grandissimo numero di fogli e oggi possiamo dire che sia il corpus di disegni più ricco in circolazione. Non sappiamo cosa spinse i suoi seguaci a conservare gran parte del suo lavoro. Quasi sicuramente è stata la grande ammirazione che nutrivano per il maestro. Non potevano lasciare preziose opere andare distrutte.
Sempre nell’inventario dei suoi beni, è stata registrata una cospicua somma di denaro: ben 8289 monete d’oro. Con questi soldi avrebbe potuto comprarse Palazzo Pitti a Firenze. Il Buonarroti non amava le banche e preferì tenere i soldi a casa e investirne altri per compare beni immobiliari che intestò ai parenti.
Ovviamente, immediatamente dopo la sua morte, nacque il problema della gestione della salma. Doveva essere sepolta a Roma, dove ormai viveva da anni e dove aveva lavorato per i Papi, oppure doveva tornare a Firenze? Ognuno la reclamava per sé e non voleva cedere. Sempre secondo il racconto del Vasari, la salma venne trafugata di notte da Roma e portata segretamente a Firenze. Venne sistemata nella Compagnia dell’Assunta vicino la chiesa di San Pier Maggiore e poi a Santa Croce (dove si trova tutt’ora) e dove erano sepolti anche gli altri membri della casata Buonarroti. Sarà l’Accademia fiorentina del disegno (fondata da Vasari nel 1563) a ordinare che la salma venisse spostata nella chiesa dei Medici a San Lorenzo dove ricevette una sontuosa cerimonia. L’artista venne venerato come una divinità. Tra l’altro girava la voce che il suo corpo, ancora dopo un mese dalla morte, fosse completamente integro e non emanasse odori sgradevoli. Tanti dei suoi seguaci diedero l’ultimo saluto a Michelangelo accarezzandogli la guancia e testimoniarono che fosse straordinariamente liscio, come se fosse ancora vivo o morto da pochissimo tempo. Che sia solo una leggenda o un racconto un po’ enfatizzato, ha creato la storia dell’artista divino, intoccabile perfino dalla morte. Ma come andarono precisamente le cose? A marzo del 1564, giunse a Roma il nipote di Michelangelo, Leonardo che, con l’aiuto di Cosimo I de’ Medici, portò via la salma dello zio. Il Vasari, nella seconda edizione delle “Vite” descrive questo episodio (certamente molto romanzato). Sembra che le autorità romane non sapessero nulla di questa inumazione clandestina, tanto che avevano deciso di seppellire il maestro a San Pietro. Il corpo di Michelangelo venne portato via da Roma la notte e arrivò a Firenze l’11 marzo 1564, portato a Santa Croce. Il giorno dopo venne effettuato un primo atto funebre, poi il 14 luglio quello solenne a San Lorenzo. Come detto prima, fu l’Accademia del disegno a organizzare tutto e a rendere magnifica la cerimonia, degna di un principe. Tutta la basilica venne decorata con drappi neri e straordinarie furono le tavole dipinte con gli episodi della vita di Michelangelo. La sua tomba venne posta al centro della basilica e decorata con un apparato di disegni e sculture molto complesso. Benedetto Varchi recitò l’orazione funebre, esaltando le doti artistiche del maestro.
La sua tomba si trova oggi a Santa Croce a Firenze, il cui disegno è stato realizzato da Giorgio Vasari, su volontà del nipote di Michelangelo, Leonardo. Dopo la morte di Vasari, il progetto venne continuato da Giovan Battista Lorenzi, detto Battista del Cavaliere, Giovanni Bandini, Valerio Cioli e Giovan Battista Naldini. La tomba si trova nella navata destra ed è visibile appena si entra. Sul sepolcro sono adagiate tre sculture, personificazioni della Pittura, della Scultura e dell’Architettura (le tre arti che Michelangelo padroneggiò per tutta la vita). Al di sopra è presente il busto di Michelangelo, scolpito da Battista Lorenzi. Inizialmente il progetto prevede la scultura della Pittura al centro del sepolcro. Sarà poi il nipote Leonardo a farla sostituire con quella della Scultura. Riteneva infatti che rispecchiasse maggiormente il defunto zio. La tomba è stata anche recentemente restaurata (marzo 2018) grazie ai soldi dati da donatori provenienti da tutto il mondo.