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Le opere di Caravaggio durante il primo soggiorno romano e il rapporto con Giuseppe Arcimboldo


Può esistere una relazione artistica tra Caravaggio e Giuseppe Arcimboldo?

Entrambi i pittori sono nati a Milano, anche se a distanza di tanti anni l'uno dall'altro. Sono però molto vicini per quanto riguarda l'interesse nei confronti della natura che, nel caso di Caravaggio, si può ascrivere alla sua prima carriera pittorica a Roma.

Arcimboldo, dopo una lunga attività lavorativa come pittore e organizzatore di feste alle corti di Vienna e Praga, tornò a Milano definitivamente nel 1587, un anno prima di quello in cui Caravaggio terminò il suo apprendistato presso la bottega del pittore Simone Peterzano.

Durante il periodo che va dal 1587 fino al 1593, anno della morte di Arcimboldo, Milano doveva essere al corrente delle opere del pittore che, una volta tornato in Italia, aveva la clausola di continuare a lavorare per l'imperatore Massimiliano II. Realizzò infatti quadri come il "Vertunno" (1590), la "Flora meretrix" (1591), "La Testa delle quattro stagioni dell'anno" (1588-1591) e le famose "Teste reversibili", considerate le opere migliori dell'artista. Questi quadri potevano essere girati da una parte e dall'altra assumendo due forme differenti: normale cesto di frutta o volto umano.

L'ipotesi che Caravaggio possa aver ammirato le opere dell'Arcimboldo è molto accreditata. A Milano il Merisi abitava vicino la parrocchia di San Vito in Pasquirolo e la bottega dell'Arcimboldi era in San Pietro alla Vigna a Porta Vercelliana. Da una cartina della Milano del tempo è evidente la vicinanza dei due pittori, quindi Caravaggio potrebbe aver visitato la bottega dell'Arcimboldo e visto le sue opere. Il pittore era famosissimo nella Milano del periodo. Gran parte dei pittori lo conoscevano e lodavano la sua arte (unica nel suo genere in quegli anni) e sembra impossibile che il Merisi non potesse anche solo averlo sentito nominare.

Tornato in terra natale si circondò di letterati e artisti come il Morigia, il Lomazzo e il Comanini.

Il Lomazzo in particolare, era un artista mediocre, ma un eccellente teorico e gravitando anche lui nella Milano del tempo, non è improbabile che abbia conosciuto Caravaggio. Questa congettura non è ancora stata provata in maniera certa della fonti letterarie, ma permetterebbe di avvicinare il Merisi all'Arcimboldo.



Tra il 1592 e il 1593 Caravaggio si sposta a Roma e la prima esperienza lavorativa è quella presso la bottega di Giuseppe Cesari, conosciuto anche con il nome di Cavalier d'Arpino. L’ “apprendistato” dal Cesari iniziò presumibilmente intorno alla metà del 1593 e Caravaggio venne impiegato come pittore di “fiori e frutti”. Il 1592-93 è la data di arrivo a Roma che, fino a pochi anni fa, si credeva accertata. Dopo la recentissima mostra a Palazzo Reale di Milano e gli studi d’archivio effettuati a partire dal 2010, la questione non sembra più essere così. La data è stata spostata dal 1592 (precisamente il primo luglio, dove compare in un atto notarile), al 1596, quindi ben quattro anni dopo. Da alcuni documenti si attesterebbe il suo arrivo durante la Quaresima del 1596. Questo comporterebbe tutto uno slittamento di data delle prime opere romane e pone la domanda se sia possibile che il Merisi abbia realizzato una gran quantità di quadri in così poco tempo, ossia prima di andare via da Roma nel 1603 per l’uccisione di Ranuccio Tommasoni.

Se il Cesari prese Caravaggio nella sua bottega era perché aveva notato delle capacità di resa naturalistica non irrilevanti, che di certo il Merisi non poteva aver appreso a Milano durante il suo apprendistato presso Peterzano, pittore mediocre per quanto riguarda la resa meticolosa e precisa della natura (anche se diceva di essersi formato anche nella bottega del Tiziano). Basti pensare al suo quadro "Venere con Cupido e due satiri" per capire i suoi limiti in questo senso. Più attendibile è pensare che Caravaggio abbia appreso questa meticolosità dalla bottega arcimboldesca.

Sicuramente l'interesse di Arcimboldo per la natura sia animale che vegetale deriva dai numerosi studi che alla metà del Cinquecento stavano approfondendo scienziati e naturalisti. Famosissimo è Ulisse Aldrovandi, che durante la sua carriera di professore e scienziato, aveva allestito all'interno della sua abitazione un museo di animali, piante e minerali. Tantissimi erano anche i trattati illustrati sulle erbe, ortaggi e animali. Arcimboldo creò così un suo personale studio sugli elementi naturali, che sarà messo in pratica nei quadri.

E' probabile che una volta giunto a Milano alla fine del Cinquecento, abbia portato con sé questi studi, oppure è possibile ipotizzare che ne fece di nuovi e più particolareggiati per soddisfare le richieste imperiali. Probabilmente Caravaggio vide non solo i quadri dell'Arcimboldo, ma anche questi studi.


Richiami alla natura morta arcimboldesca, si notano nei primissimi quadri del Caravaggio. Due di questi "Ragazzo con canestra di frutta" (1593-1594) e il "Bacchino malato" (1593-1594) provengono dalla bottega del Cesari. Soprattutto in "Ragazzo con canestra di frutta" il richiamo è evidente. Il cesto di vimini che racchiude una gran quantità di frutta è realizzato con grande attenzione ai particolari. Alcuni critici hanno visto il quadro come la personificazione del Vertunno arcimboldesco anche se privato dell'aura mitologica e simbolica e declinato in termini quotidiani. Lo stesso interesse naturalistico lo vediamo nel cosiddetto "Bacchino malato" (1593-1594). Anche nella prima opera del pittore, oggi conosciuta solo tramite una copia, ossia "Ragazzo che sbuccia un frutto" (1593) è evidente l'interesse per la forma precisa data alle pesche.

Caravaggio sembra essersi avvicinato anche agli studi arcimboldeschi sugli animali. Lo fa supporre la famosa "Medusa" (1597-1598) realizzata durante il soggiorno dal cardinale Del Monte e destinata ai Medici, dove i serpenti che guizzano sulla testa della Gorgone sono vivi e dettagliati nei particolari. Altro interessantissimo quadro è il "Suonatore di liuto" (1596) dell'Ermitage di San Pietroburgo, realizzato per Vincenzo Giustiniani quando Caravaggio era a casa di Del Monte. Sulla sinistra c'è un vaso di vetro ricco di fiori e sul tavolo dove si vede lo spartito musicale è presente un'ampia varietà di frutta, meticolosamente dipinta. Alcuni studiosi hanno suggerito un intervento esterno, ossia quello di Jan Bruegel, che alla fine del Cinquecento era a Roma e amico di Del Monte. In questo caso entrerebbe in causa un'altra commistione artistica, quella della pittura fiamminga. Come l’arte dell'Arcimboldo, anche i fiamminghi potrebbero aver ispirato il giovane Caravaggio.

Non bisogna dimenticare la famosa "Canestra di frutta" (1596) della Pinacoteca Ambrosiana, uno dei primi esempi di natura morta, elogiata dal cardinale Borromeo a cui andò in regalo da Del Monte e poi in esposizione, ancora oggi, nella Pinacoteca Ambrosiana. In ultimo non si può non nominare il "Bacco" (1598-1599) della Galleria degli Uffizi. Anche qui un cesto di frutta è rappresentato in primissimo piano.

Attualmente gli studi sul rapporto Caravaggio-Arcimboldo sono stati condotti in maniera più dettagliata da Giacomo Berra. Inizialmente nel saggio Il Caravaggio a Milano: la nascita e la formazione artistica contenuto nel libro Da Caravaggio ai Caravaggeschi (2009) il critico ha evidenziato le comunanze che potevano legare i due artisti, dando un accenno sull'argomento. Successivamente nel 2011 sul catalogo Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio stampato in occasione della mostra tenuta a Milano a Palazzo Reale, è stato approfondito di più il rapporto non solo tra i due artisti ma anche con altri pittori del tempo come il Figino e la pittrice Fede Galizia nel saggio "Frutti e fiori dell'Arcimboldo cavati dal naturale”. L'influsso sulla nascente natura morta lombarda e sul giovane Caravaggio. Secondo lo studioso, Caravaggio doveva aver compreso il grande valore mimetico dell'Arcimboldo e deve aver cercato di carpirne il “trucco” per farlo proprio nei suoi quadri.


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