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''Caravaggio Napoli'' al Museo di Capodimonte


Al Museo di Capodimonte di Napoli è in corso una mostra dedicata al periodo napoletano di Caravaggio, intitolata "Caravaggio Napoli". Si svolge nella "Sala Causa" del Museo di Capodimonte ed ha un accesso indipendente rispetto al percorso tradizionale del museo. Il biglietto ha un costo di 14€ e se si aggiunge un solo euro in più, si può visitare anche tutta la collezione di Capodimonte.

Era da parecchi anni che a Napoli non veniva dedicata una rassegna d'arte dedicata al Merisi (l'ultima nel 2004, "Caravaggio. L'ultimo tempo"). Capodimonte vanta già la bellissima "Flagellazione di Cristo", che un tempo si trovava a San Domenico Maggiore e che, dopo il terremoto del 1980, venne ricoverata nel museo per evitargli ulteriori danni. Da quel giorno rimase stabilmente a Capodimonte, dove può ancora oggi essere ammirata.

A questo capolavoro si aggiungono altre cinque tele di Caravaggio (di cui fanno parte anche "Le Sette Opere della Misericordia" rimaste al Pio Monte) e una serie di opere, tra cui alcune copie di artisti napoletani, rimasti affascinati dall'arte "teatrale" e ricca di chiaro-scuri del Merisi. Tra questi non si può non citare Louis Finson, pittore olandese che visse a Napoli per parecchi anni insieme al suo amico Vinck e che conobbe certamente Caravaggio intorno al 1606-07 (su Finson abbiamo già parlato in un altro articolo dedicato alla "Giuditta e Oloferne" di Tolosa ----> link). Certamente Caravaggio all'inizio frequentò la loro bottega. Sembra dimostrato dal riuso di una tavola di un pittore fiammingo. Si trattava forse della tela del "David e Golia" di Finson. Dalle fonti risulta che Vinck era molto amico del Merisi e i due condividevano anche alcuni committenti. Finson poi diventerà uno dei copisti di Caravaggio più importanti del periodo napoletano e insieme a Vinck esporteranno l'arte del lombardo in Europa.

In mostra sono presenti anche tele di Battistello Caracciolo, pittore napoletano che, se fino a poco tempo fa, si pensava potesse aver avuto solo un contatto "di fama" con Caravaggio, è stato in realtà direttamente legato al Merisi, dato che nel 1607 ricevette una somma di denaro proprio da quest'ultimo. Quindi il loro contatto era avvenuto in tutto e per tutto. È presente in mostra anche Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto.

La mostra vuole quindi studiare e approfondire non solo le opere d'arte che Caravaggio realizzò una volta giunto a Napoli, ma anche e soprattutto le relazioni che intercorsero con tutti gli artisti napoletani e non, che vivevano nella stessa città partenopea insieme a lui.



Il periodo napoletano di Caravaggio è stato quindi uno dei più importanti, perché gli permise di farsi conoscere non solo in Italia, ma anche in Europa. In questo periodo Napoli era la città più grande e popolosa d'Italia e grazie a questo, il Merisi trovò fama e popolarità.

Per chi non lo sapesse, il pittore giunse a Napoli dopo essere scappato da Roma per aver ferito mortalmente Ranuccio Tomassoni durante una partita di pallacorda finita male. In quello stesso giorno (era il 28 maggio 1606), si festeggiava l'incoronazione al soglio pontificio di Camillo Borghese, che divenne Papa Paolo V. Non sappiamo se la ferita mortale inferta da Caravaggio a Ranuccio sia stata accidentale o premeditata, le fonti non sono unanimi. La cosa certa è che, a causa di questo gesto, sulla sua testa pendeva la condanna della pena capitale. Non era più prudente rimanere a Roma e nel giro di due giorni, il Merisi scappò dalla città, nonostante fosse stato ferito, anche se lievemente, alla testa. Prima di giungere a Napoli però, Caravaggio si fermò a Zagarolo e Paliano, sotto la protezione della famiglia Colonna. A testimoniare la permanenza presso la famiglia Colonna, è stato Fabio Masetti, ambasciatore di Cesare d'Este, duca di Modena che doveva farsi realizzare un quadro proprio dal Merisi, ma che, con gli ultimi disastrosi fatti, non era forse stato nemmeno iniziato. L'ambasciatore quindi era stato chiamato al penoso compito di "rincorrere" Caravaggio per farsi risarcire almeno i soldi già versati per la commissione. Sappiamo quindi che il 23 settembre 1606 Caravaggio era a Paliano, sotto la protezione di Marzio Colonna, di cui purtroppo si conosce davvero poco. I Colonna e in particolare Marzio, avevano contatti con Napoli, dato che le sue proprietà arrivavano fino alla città partenopea. Dai documenti Marzio risulta possessore del monastero di Santa Maria Donna Regina. A Paliano Caravaggio vi rimase per quattro mesi, continuando sempre a lavorare e inviando i suoi lavori a Roma, per essere venduti, tramite il banchiere Ottavio Costa (un esempio è la "Cena in Emmaus" di Brera).

Non sappiamo con certezza il motivo della partenza di Caravaggio per Napoli (dove rimase nove mesi, dall'ottobre 1606 al giugno 1607). Anche se è ormai certo che la sua partenza da Paliano è stata indotta da una committenza che richiedeva una pala con la Madonna e il Bambino, un coro di angeli e San Domenico. Il committente era Niccolò Radulovich di Ragusa (oggi Dubrovnik), che viveva a Napoli da vent'anni. Non sappiamo però se Caravaggio terminò, né tanto meno se iniziò il dipinto. Oggi la critica ritiene che la pala in questione sia la "Madonna del Rosario" oggi a Vienna.

La fonte principale che testimonia questa fase partenopea del pittore, la si trova nelle postille delle "Considerazioni sulla Pittura" di Giulio Mancini, scritte nove anni dopo la morte di Caravaggio.

In mostra sono presenti alcune delle opere più belle del Merisi (purtroppo non tutte) dipinte durante la sua permanenza a Napoli. La grande pala d'altare delle "Sette Opere della Misericordia" è una di queste. Con rammarico non è stata spostata dalla sede del Pio Monte e la si può visitare tramite navetta collegata a Capodimonte (pagando un sovrapprezzo di 5 € una volta giunti in sede). La bellissima "Flagellazione di Cristo" di Capodimonte, spostata solo di sala, realizzata per Tommaso de Franchis nel 1607 è uno dei punti di forza dell'esposizione. Si percepisce la rassegnazione e la sofferenza di un Cristo che ormai non può fare più nulla, se non abbandonarsi ai suoi carnefici. La posa sbilanciata di lato e con le gambe incrociate, rivela maggiore enfasi, per non parlare del chiaroscuro teatrale.

Un pezzo giunto dalla Francia, è un'altra versione della "Flagellazione di Cristo", che si trova nel Musée des Beaux-arts di Rouen. Sulla sua attribuzione si sono scontrati schiere di critici, tra cui Longhi e Denis Mahon. Di questo quadro ne esistono altre due versioni, di cui la più importante si trova in una collezione privata in Svizzera. Inizialmente si pensava che la pala fosse di Mattia Preti (come si dirà per il "Martirio di Sant'Orsola"), poi studi più approfonditi, tra cui il restauro del 2016, hanno bene in evidenza lo stile caravaggesco. Sono emerse anche delle incisioni che sembra Caravaggio usasse. Secondo Mina Gregori la tela è da ascrivere ai primo soggiorno napoletano, quindi al 1607 circa. L'orientamento della tela è in questo caso orizzontale e le figure sono tagliate a metà busto. Nei due aguzzini inoltre, è ravvisabile un "tipo" già usato da Caravaggio in altri dipinti.


Bellissimo è il "Martirio di Sant'Orsola", ultimissima opera del Merisi. La tela è conservata sempre a Napoli, a Palazzo Zevallos. Di quest'opera si hanno molte notizie documentarie. È stata commissionata da Marcantonio Doria, mercante genovese a Napoli. Caravaggio la dipinse forse in fretta, perché doveva partire per Porto Ercole per tornare a Roma. Quando la tela venne consegnata, i colori non erano ancora asciutti e questo portò a compiere un errore: metterla al sole. Ciò causò un ammorbidimento della vernice e posticipò la partenza dell'opera per Genova, permettendo a molti pittori di ammirarla e copiarla. Inizialmente si pensava che la tela fosse di Mattia Preti, poi grazie a Ferdinando Bologna che, nella metà dell'Ottocento, la vide nella casa dei baroni Romano-Avezzano di Eboli, la paternità fu riportata a Caravaggio. Furono i baroni stessi a ricondurla a Napoli, dove si trova ancora oggi.


Vorrei concludere citando un quadro di Louis Finson, copia di un originale perduto del Merisi: la "Maria Maddalena in estasi", che Caravaggio avrebbe dipinto negli ultimi anni della sua vita. In mostra ne abbiamo due: quella del Musée des Beaux-Arts di Marsiglia e una di collezione privata. Come abbiamo detto prima, Finson era uno dei più bravi copisti di Caravaggio. Sicuramente vide l'opera del pittore lombardo e non esitò a copiarla anche più di una volta. Caravaggio deve aver inserito nella tela tutta l'angoscia che questo periodo della sua vita gli provocava. La Maddalena è seduta, il corpo leggermente inclinato e la testa reclinata all'indietro, con la bocca socchiusa. In basso a destra è presente la firma di Finson: "Ludovicus/Finsonius/feci...".

Come avrete quindi capito, la mostra è davvero ben strutturata e permette di scoprire un lato dell'arte di Caravaggio che è stata troppo spesso sottovalutato.

Per scoprire quali altre opere sono presenti in mostra, vi consiglio di andare a Capodimonte, che rimane aperto solo per la mostra "Caravaggio Napoli", anche di mercoledì, giorno di chiusura settimanale del museo.


[Le foto sono scattate alla mostra]

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