2 giugno 2019
A Palazzo Braschi, in occasione della mostra “Roma nella camera oscura”, si celebrano i 180 anni dalla nascita della fotografia con una raccolta di 320 immagini provenienti dall’Archivio fotografico del Museo di Roma.
Protagonista, mutevole e affascinante, è la Città Eterna. Fulcro di cambiamenti storico-politici, riorganizzazioni urbanistiche, eventi cardine nel lungo viaggio verso l’Unità e nei periodo di guerra, Roma si è dimostrata capace di attrarre e sviluppare la cerchia crescente d’interesse intorno all’universo fotografico.
A mutare, insieme alla città, sono però anche e soprattutto le tecniche e le arti fotografiche che la ritraggono nelle nove sezioni tematiche. Molto più simile alla maniera pittorica, la lente fotografica di metà Ottocento si sofferma per esempio sui paesaggi, scova le rovine architettoniche e sembra voler affermare la sua precisione nella rappresentazione della realtà.
Svezzata e finalmente autonoma, sicura dei propri mezzi dopo anni pioneristici a tentoni tra dagherrotipo, carta salata e albumina, la macchina si sposta verso nuove esplorazioni. San Pietro e Borgo Pio, la natura e le ville di Roma lasciano il passo all’elemento che ha dato vita alla città arricchendo gli scambi. Un’intera sezione scorre tra immagini del Tevere, dell’edilizia fluviale, degli acquedotti, delle fontane. Connubio storico e traino economico, Roma e la sua acqua si raccontano in una serie di istantanee che lasciano al visitatore la suggestione di un rinnovamento instancabile che passa dallo stesso, inalterabile elemento.
Il viaggio fotografico ci trasporta poi nella Roma delle trasformazioni urbanistiche, delle tante aspettative sulle spalle che l’hanno vista diventare in poco tempo Capitale, teatro del regime fascista, agghindata a festa per la visita di Hitler. Frettolosamente demolita e ricostruita, attrezzata fuori tempo, Roma si mostra inedita agli occhi dei più. Con una stazione embrionale, un monumento a Vittorio Emanuele che si preparava a rubare la scena ad antichi cugini monumentali, intere vie commerciali pronte ad assorbire il futuro.
[Nello Ciampi (1890-1980) Coppia in via dei Fori Imperiali, 1958 ca. stampa ai sali d’argento, AF 18713]
Motore dei cambiamenti urbanistici, i temi sociali sono gli ultimi inevitabili protagonisti della mostra. Nella narrazione della quotidianità si alternano vie assolate, case affollate, mercati rionali, fori imperiali in un giorno di pioggia percorsi da una svagata coppia senza ombrello. E’ evidente allora come nella fotografia, indipendente ma sempre affine alla sua madre e matrice pittorica, si realizzi la stessa evoluzione che caratterizza le altre forme artistiche. Importa sempre meno la rappresentazione del “bello”, si scava sempre più nelle abitudini, nella psiche delle persone. Paradossalmente ancora più evidente è la tendenza quando si fa viva l’assenza: una via solitaria, abbandonata diventa simbolo di una periferia perduta, di un luogo inospitale in cui non c’è più fioritura. Ogni particolare è, per sensibilità ancora vigili, metafora e significato.
Proprio alla sensibilità, pensata come un “muscolo atrofizzato che solo l’artista innovatore può risvegliare”, è rivolto infine un esperimento video-fotografico portato avanti dalla RUFA. Quattro schermi, quattro pareti, quattro sguardi che si aggirano per Roma alla ricerca di angolazioni e situazioni ordinarie che null’altro raccontano se non quello che spesso sfugge ai nostri occhi assenti, distratti e frettolosi. Impossibile guardarli insieme, impossibile concentrarsi su uno solo senza percepire la presenza degli altri. In sottofondo le voci originali di abitanti e passanti dei quartieri, spezzoni di film che hanno smascherato Roma nel suo intimo: Ecce Bombo di Nanni Moretti, Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, Non essere cattivo di Claudio Calegari.
Roma, generalmente altezzosa – qui sorprendentemente vulnerabile -, si lascia scoprire nei suoi lati fragili, nella sua adolescenza urbanistica, nel suo popolo affezionato e vincolato come in rarissime altre occasioni si concede.