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Bacon, Freud. La Scuola di Londra. Mostra al Chiostro del Bramante di Roma

Di Federica Pagliarini


Fino al 23 febbraio 2020 sarà possibile visitare la mostra "Bacon, Freud. La Scuola di Londra" al Chiostro di Bramante di Roma. Scenario delle mostre più belle degli ultimi anni (ricordiamo la trilogia di "Love", "Enjoy" e "Dream"), il chiostro, progettato dall'architetto Bramante per il cardinale Oliviero Carafa nel 1500, è da circa due mesi scenario di un' esposizione dedicata ad alcuni dei più importanti esponenti della cosiddetta "Scuola di Londra": Francis Bacon e Lucian Freud, Frank Auerbach, Leon Kossoff e Paula Rego. Le opere provengono tutte dalla Tate di Londra.

Il periodo analizzato è uno dei più bui per la città di Londra. La seconda guerra mondiale e i conseguenti bombardamenti che distrussero migliaia di edifici, oltre che portare alla morte di tantissime persone, sono vissuti in modo introspettivo e psicologico da ognuno dei pittori presenti in mostra. Importante però è sottolineare un aspetto: non tutti sono di origine inglese. Bacon è irlandese, di Dublino, Freud e Auerbach sono di Berlino, Paula Rego è di Lisbona, Andrews di Norwich. Solo Leon Kossoff è nato a Londra. Tutti però si ritrovano a vivere a Londra negli stessi anni e stringeranno un sodalizio.

Francis Bacon in particolare è costretto ad andare via di casa quando il padre scopre la sua omosessualità, sorprendendolo mentre indossava i vestiti della madre dentro casa. Non accetterà mai la sua natura sessuale e Bacon decide così di allontanarsi. La sua salute è sempre stata cagionevole (soffriva di una forte forma d'asma) e questo lo portò a dover boicottare per molto tempo la scuola e a prendere lezioni private da un sacerdote. Arrivò a Londra nel 1926 e qui riuscì a vivere grazie all'aiuto di alcuni parenti da parte materna che lo aiutarono con le prime spese. Nonostante tutto però, Bacon iniziò ad avere relazioni con uomini e a concedersi loro in cambio di soldi. Nel 1927 andò a Parigi e qui rimase folgorato dal cubismo e in particolare da Picasso. Capì così che voleva dedicarsi alla pittura, anche se inizialmente, dopo essere tornato a Londra, lavorò come interior designer.


Francis Bacon, "Study for a Portrait", 1952, Tate, Londra

I capolavori qui esposti hanno come soggetto il ritratto e la sensazione. È la sezione che più mi ha colpito. Bacon mi ha sempre affascinato, e poche volte mi è capitato di vedere sue opere dal vivo.

I suoi ritratti sono molto introspettivi e altamente legati alla psicologia. Riescono ad entrare nella mente umana, ad indagare il suo inconscio più profondo. Bacon, rispetto a Freud che desiderava avere i propri modelli davanti a sé per ritrarli, preferiva usare le fotografie e gli effetti dinamici per realizzare le sue opere. Come lavora Bacon? Delimita il luogo in cui si trova la figura con un tondo, isolando così i luoghi. L'importante è che la figura sia libera di muoversi e che non venga costretta a stare dentro un luogo chiuso e fisso. In questo modo la figura diventa una vera e propria icona. Perché succede questo? Perché la fotografia ha preso la funzione illustrativa e documentaria, togliendola alla pittura.

Prendiamo adesso un quadro esposto per analizzarlo, uno dei tanti "Study for a portrait" (1952). Bacon era solito lavorare sul lato della tela grezza, quello non trattato e usava mescolare al colore la sabbia o la polvere che trovava dentro casa. Sì, un modo molto bizzarro di lavorare! Inoltre era ossessionato da una parte del corpo: la bocca. Il volto dell' uomo ritratto ha la bocca spalancata, sembra ricordare l' "Urlo" di Munch. Un grido di disperazione che viene dall'interno del proprio io. Il volto è poco definito, come in quasi tutte le opere di Bacon e deriva dalla sovrapposizione di più fotografie prese in movimento. In particolare qui la figura riprende il fotogramma della donna ferita nella scena della scalinata di Odessa del Film "La corazzata Potemkin".

Nella stessa sala abbiamo anche il dipinto "Seated figure" (1961). La persona ritratta seduta su una poltrona è l'ex amante di Bacon: Peter Lacy. In questo caso, oltre alla figura, vediamo anche l'interesse per la composizione interna della stanza in cui si trova il soggetto. Peter Lacy è seduto tra alcuni eleganti mobili, lo sfondo è però astratto, reso con alcune pennellate verticali. Intorno alla figura una cornice, un espediente solitamente usato da Bacon che voleva isolare la figura da tutto il contesto intorno a sè.


Francis Bacon, "Seated figure", 1961, Tate, Londra

Passiamo ora alla figura di Lucian Freud, nipote del famoso psicanalista Sigmund Freud. È nato a Berlino nel 1922, scapperà però molto presto dalla Germania nazista e arriverà con la famiglia a Londra nel 1933. Qui studia alla Central School of Art. Il suo stile è molto diverso da quello del collega Bacon (i due ovviamente si conosceranno). Intanto i suoi ritratti sono tutti ripresi dal vero, da modelli in carne ed ossa che posavano anche per lungo tempo; inoltre la sua è una pittura del vero, molto realista, minuziosa dei particolari. La luce è fredda, tornisce i corpi in maniera quasi algida. Prendiamo il primo quadro presente in mostra, esposto nella primissima sala. Si intitola "Girl with a kitten" (1947). Si tratta di uno degli otto ritratti realizzati da Freud tra i 1947 e il 1951. Il soggetto è la moglie Kathleen Garman che sta tenendo per il collo un piccolo gattino che, nonostante la presa un po' forzata, non mostra segni di scompiglio, anzi ci guarda con aria attonita, come fa la moglie che, al contrario del gatto, sta guardando oltre il quadro. Gli occhi sono spalancati, i capelli resi nel dettaglio, sembra si possano per quanto sono stati resi in maniera particolareggiata. Il dipinto è un chiaro riferimento a quello che stava accadendo a Londra durante la Seconda Guerra Mondiale e ai violenti bombardamenti che si susseguirono. Gli sguardi fissi e senza parole della donna e del gatto ci fanno capire tutto quello che si provava in quegli anni.


Lucian Freud, "Girl with a Kitten", 1947, Tate, Londra

In "Girl with a white dog" (1950-51) è sempre la moglie di Freud ad essere ritratta, tre anni dopo "Girl with a kitten". In questo caso la donna è distesa su un materasso a righe e indossa un accappatoio che lascia intravedere un seno. Sulle sue gambe posa il loro cane, un bull terrier. La donna porta la fede, ma dopo poco questo ritratto si separò da Freud. Anche in questo caso la luce è fredda, algida, rendendo il tutto altamente realistico. Importante notare come Freud fosse ossessionato proprio dalla luce. Se iniziava un quadro con la luce della mattina, con quella doveva continuare e lo stesso valeva con la luce notturna.

Di estremo interesse anche la pittrice Paula Rego, l'unica ancora in vita. È nata nel 1935 a Lisbona e già all'età di sedici anni si trasferisce in Inghilterra per completare gli studi di disegno.

Le sue prime opere rappresentano figure grandi, monumentali ed uniscono la storia dell'arte alla letteratura. Studia le fiabe tradizionali reinterpretandole a suo modo, inserendo all'interno i lati più cupi delle emozione dell'uomo.


Lucian Freud, "Girl with a White Dog", 1950-51, Tate, Londra

In mostra è visibile una grande tela orizzontale che si rifà ai suoi ricordi di infanzia passati a Lisbona, si intitola "The dance" (1988). Vediamo vari gruppi di persone ballare tra loro, due coppie , una famiglia con una bambina e una figura solitaria femminile che balla da sola all'estremità sinistra del quadro. Può essere vista come una danza della vita. Sullo sfondo si vede il mare e una fortezza su un'altura rocciosa che ricorda quella che veniva usata come prigione dal dittatore Estado Novo.

Un'altra figura di pregio è il berlinese Frank Auerbach, nato nel 1931. È giunto in Inghilterra nel 1939, anche lui come Freud per scappare al nazismo. Studia in un college nel Kent. Una volta finita la scuola giunge a Londra dove studia pittura al Borough Polytechnic. Le sue prime tele si incentrano sula figura umana e sulla costruzione di nuovi edifici, a seguito dei bombardamenti che avevano distrutto migliaia di abitazioni nella capitale inglese. La sua è una tecnica particolare, usa spessi strati di colore che vengono raschiati per creare linee spaziali all'interno del quadro. La sua è una pittura materica, densa, visibile. Molto bello il lavoro "Primrose Hill" (1967-68) che può essere considerato quasi come la "Gioconda" per Leonardo da Vinci. Aurebach portava la tela sempre con sè, essendo il luogo ritratto, molto importante per lui. Ci lavorò tutti i giorni per più di un anno e realizzò oltre cinquanta disegni che raffiguravano il parco in ogni stagione. Le pennellate sono anche in questo caso dense di materia, creando inoltre dei movimenti direzionali forti e audaci.

Per vedere le altre opere in mostra non vi resta che andare al Chiostro del Bramante. Il costo del biglietto è di 15€ (intero) e 12€ (ridotto). L'audioguida, con le spiegazioni di Costantino D'Orazio, è compresa nel prezzo.


Frank Auerbach, "Primrose Hill", 1967-68, Tate, Londra


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