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Emozione Arte

Frank Holliday al Museo Carlo Bilotti di Roma

Di Federica Pagliarini


Nella bellissima cornice di Villa Borghese, precisamente nell'Aranciera, sorge il Museo Carlo Bilotti, il collezionista, imprenditore internazionale nel campo della cosmetica, con una grandissima passione per l'arte. La sua amicizia con gli artisti più in voga del Novecento, come De Chirico, Manzù, Andy Warhol, lo portò a creare una cospicua collezione di opere d'arte che dal 2006 sono visibili all'interno del Museo che ha preso il suo nome. Oltre alle opere permanenti, sempre visibili al pubblico, il museo offre periodicamente mostre temporanee. Fino al 13 ottobre è infatti possibile ammirare i capolavori dell'artista statunitense Frank Holliday.

Nato nel 1957 in North Carolina (USA) Holliday ha lavorato e collaborato con artisti del calibro di Andy Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, solo per citarne alcuni. La sua arte, puramente astratta, è legata al neo-espressionismo. Le sue tele sono a metà tra la gestualità di Pollock e il tonalismo di Mark Rothko. Divenne famoso tra gli anni Settanta e Ottanta a New York, legandosi ai gruppi dell'East Village e del Club 57.


Frank Holliday, "Nights of Tiber", 2016

Le trentasei opere esposte sono state tutte realizzate nel suo studio a Roma, nei pressi di Piazza Navona. Lo stesso artista ha definito la sua permanenza a Roma come "monastica". La mattina dipingeva e il pomeriggio si "ritirava" nella Cappella Contarelli per vedere le magnifiche tele del Caravaggio, da cui traeva ispirazione. Si lasciava pervadere dalla sua potenza e, una volta tornato nello studio, continuava a dipingere. É in questo periodo che Holliday dice di aver fatto una "scoperta". Nell'arte ci sarebbero tre zone: il paradiso che è luminoso e senza peso, la terra e poi l'inferno, che è come la forza di gravità che cerca di portarci giù.

Il suo stile ci emoziona, non ha forma, ma il contenuto è pieno, ricco di sensazioni che ci scuotono l'anima. Nel suo studio a Bushwick, una zona ricca di vita di New York, ha uno spazio di ben 800 metri quadri. Si trova dentro un palazzo di archeologia industriale. Holliday dice di non essere molto ordinato, anzi lo studio è pieno di dipinti, anche molto grandi. Questo disordine gli serve per creare e ideare nuove tele.

Utilizza il colore ad olio, una tecnica che ha appreso dallo studio dell'arte di Tiziano. Usa grandi spatole di metallo, grandi pennelli e a volte anche le dita (avvicinandosi in questo a Leonardo da Vinci).

Un'altra fonte di ispirazione, oltre alle opere de grandi maestri passato, è la musica. Grazie ad essa Holliday riesce a plasmare sulle tela tutte le emozioni che prova dentro di sè. Ogni genere musicale gli ricorda un periodo preciso della sua vita e i titoli delle sue opere derivano dalle parole delle canzoni che ascolta.

I quadri esposti in mostra possono essere visti come un vero e proprio ciclo. sono un percorso visionario che ci porta dentro l'anima più recondita del'artista. Le ampie pennellate, date con gesti decisi, sembrano far riaffiorare dei demoni, dei fantasmi che evocano dolori e contraddizioni dello spirito dell'artista. Nello stesso tempo però i colori tenui, a volte dai toni pastello, sembrano placare gli animi, dare un senso di serenità e di calma. Usa maggiormente i colori primari, anche se a volte inserisce anche i secondari che stabiliscono un rapporto di complementarietà.

Il museo ha ingresso gratuito, come tutte le mostre temporanee che vengono allestite. All'ingresso e durante il percorso di visita, è possibile però fare un'offerta per sostenere il museo e le sue attività.


Frank Holliday, "Smoke and Mirrors", 2016


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