Analisi critica della mostra "Love" al Chiostro del Bramante di Roma
Ho da poco visitato la mostra “Love” al Chiostro del Bramante e oggi sono qui per dare le mie opinioni. La mostra ha superato di gran lunga le mie aspettative. Ne è stata fatta talmente tanta pubblicità, anche prima del suo inizio, che mi ero fatta l'idea di una mostra troppo ostentata, quindi di pochi contenuti e troppo “kitsch”. Al contrario, mi sono dovuta ricredere. Il tema dell'amore, che a primo impatto può risultare banale e difficile da trattare, è stato interpretato in modo esaustivo e soprattutto innovativo. Non è stato analizzato solo l'amore passionale e “genuino”, fresco e felice, ma anche l'amore violento, l'amore ossessivo, l'amore che sfiorisce. Le sfaccettature sono tante e tutte ben impostate.
L'uso dei social è stato l'elemento più importante della mostra. Il visitatore veniva invogliato a pubblicare su Instagram, su Facebook e su Twitter le foto e i video delle opere. Una cosa non da poco, visto che in gran parte parte dei musei del mondo le foto sono vietate. E' stato proposto anche un hastag con cui condividere le foto: #chiostrolove.
Molto carina l'idea di adibire la parte finale della mostra, all'interno del bookshop, con un divanetto a forma di bocca su cui si potevano scattare foto prendendo in prestito i cuori di cartone che proponevano le frasi legate all'amore più disparate come :”Love me”, “Love mum”, “Love dad”, “Mi vuoi sposare” ecc... La mostra ha puntato molto sui social, ed è per questo molto attuale. In questo modo il pubblico è invogliato ad andare, anche se non si occupa di arte. Inoltre il tema trattato, l'amore, non è pesante o difficile da comprendere. L'amore governa il nostro mondo, gran parte delle nostre relazioni sociali si basano sull'amore, che non deve essere inteso solo come amore verso l'altro sesso. L'amore è verso ogni cosa: persone, natura, animali...Non per questo è stato trattato con leggerezza, anzi, ogni opera aveva dentro di sé un significato profondo che doveva essere compreso. Molto apprezzata anche l'idea di cambiare l'audioguida tradizionale. Si poteva scegliere tra diverse voci molto divertenti rivolte a uomini, donne e bambini. Un modo per avvicinare ancora di più il pubblico che divertendo impara da quello che vede.
La mostra è allestita in uno dei luoghi più belli del Rinascimento, ossia il Chiostro del Bramante costruito appunto dall'architetto Bramante intorno al 1500 per volontà del cardinale Carafa. Bramante che era stato il primo architetto della basilica di San Pietro, si ritrova a lavorare anche qui. Il portico è su due ordini, rigoroso e preciso. Ci sono quattro archi per lato, paraste di ordine ionico al primo livello e paraste di ordine composito al secondo livello con colonnine anch'esse composite tra le paraste. Interessanti le lunette del piano terra decorate con storie della vita di Maria.
Proprio qui inizia la mostra, con la scultura di Robert Indiana, “Love” e “Amor”. Una semplice scritta, in inglese e in latino, dove le quattro lettere sono inserite dentro un immaginario quadrato. I colori che si alternano sono il rosso e il blu. La scultura è stata esposta in gran parte del mondo, tra cui la Sixth Avenue di New York. Indiana però non è riuscito a registrare il copyright per quest'opera e la conseguenza è stata una riproduzione incondizionata delle frase su ogni oggetto della vita quotidiana, come zaini, calamite e tazze. L'immagine “Love” era stata creata inizialmente per una cartolina natalizia per il “Museum of Modern Art” nel 1964. L'opera incarna la visione pop dell'artista. Cosa meglio di una scultura con scritto “Love” può raggiungere un ampio pubblico? Semplice ma d'effetto.
All'interno dello spazio espositivo si parte da Tom Wesselman, definito da Lucy Lippard uno degli artisti più “eleganti” della pop art americana, in quanto unisce l'eleganza e la raffinatezza degli arabeschi di Matisse con la rigorosità delle strutture di Mondrian. Sono esposte tre opere dell'artista, una facente parte delle serie dei Nudes (2003) grandi tele raffiguranti corpi di donne nude stilizzati e colorate con ampie campiture di colore puro e due opere della serie Smokers (2003) raffiguranti bocche femminili da cui pendono delle sigarette accese. Simboli aperti di seduzione.
Nella successiva sala abbiamo una delle più interessanti e belle interpretazioni dell'amore, sto parlando della scultura di Marc Quinn Kiss (2001). Qui l'amore è indagato in modo diverso dal solito. Un uomo dalle braccia corte, non sviluppate probabilmente per una malformazione avuta dalla nascita, bacia una donna più bassa di lui. I due si amano comunque, non guardano i problemi che la natura disgraziatamente gli ha dato. L'amore è per tutti, chiunque può dare e ricevere amore senza distinzione di casta o di aspetto fisico. Un messaggio molto forte e molto bello soprattutto nella società odierna.
Interessante il grande cuore rosso fatto di posate di plastica dell'artista Joana Vasconncelos intitolato Coracao Independente Vermelho #3, che gira su stesso mentre lo spettatore lo guarda.
In una piccola sala sono esposte due opere dell'artista olandese Mark Manders. Sono le sculture Head with Wooden Hammer (2011) e Dry Figure on chair (2015) che fanno parte di una serie di sculture dove i corpi o in molti casi, parti di essi, rimandano alla scultura classica e sono nello stesso tempo pressati all'interno di elementi che richiamano la struttura abitativa, come mobili o assi di legno. In questo caso soprattutto la seconda opera è molto inquietante. Un mezzo busto di figura femminile è piegato, come se fosse stato ucciso o violentato su un asse di legno. Il silenzio regna sovrano quando si guarda questa scultura e insieme anche un senso di malinconia.
Ironica la scultura di Francesco Vezzoli Lovers (2011) dove il busto dell'Apollo del Belvedere guarda il busto dell'autoritratto dell'artista che con gli occhi chiusi e la bocca a mò di bacio, vuole essere ricambiato dal Dio. La scultura diventa ironica perché lo sguardo dell'Apollo sembra perplesso di fronte al busto dell'artista. Vezzoli ha giocato su questo binomio amore-ironia. Tra l'altro la posa dell'artista ricorda un po' le tendenze social attuali. Gli sguardi intensi e le labbra sfiorate raccontano il gioco di un amore impossibile. L'ho ritenuta una delle opere meglio eseguite tra tutte quelle esposte.
In mostra anche la Marilyn di Andy Warhol, tipica icona pop e tra le più famose al mondo. Il quadro è arrivato a Roma da una collezione privata veronese.
L'amore ossessivo è trattato da Natalie Djurberg e Hans Berg che espongono fiori giganti (2015) di cartapesta che alludono ad una bellezza inquientante. La bellezza non sarà sempre uguale, sfiorirà negli anni. Loro è anche un video all'apparenza divertente, ma allo sguardo attento inquietante. Le protagoniste sono due donne realizzate propabilmente con il pongo, di fine Settecento, truccate in modo vistoso e esagerato che si trovano sulla balconata di un teatro. Le due si cercano, si abbracciano, si baciano, il tutto in un turbine di emozioni che non fa altro che lasciare l'amaro in bocca e che mostra in modo molto forte l'ossessività a cui spesse volte porta l'amore.
Per finire non possiamo non citare la famosa opera di Yahoi Kusama Infinity Mirrored Room, All the Eternal Love I have for the Pumpkis (2016). L'artista giapponese ha inziato a creare questi “environment” a partire dalla Biennale di Venezia del 2003. Ambienti con dentro specchi e zucche a pois che diventano il suo alter-ego. I soli pois erano stati inseriti nella sua arte già alla fine degli anni Sessanta quando erano protagonisti delle sue performance osè. Questa sala cubica esposta in mostra è appunto una sala delle zucche. Gli specchi moltiplicano infinitamente la figura del visitatore che sembra di trovarsi dentro un sogno, in un'atmosfera onirica e psichedelica data anche dalle luci soffuse. L'opera si può godere per pochi secondi, che variano dai 40 al minuto massimo, per permettere a tutti i visitatori di poterla vedere.
Subito attaccata al Chiostro del Bramante, è d'obbligo la visita alla Chiesa di Santa Maria della Pace con la Cappella di Agostino Chigi affrescata da Raffaello nel 1515 con Le Sibille. Entrando è la prima cappella a destra. La chiesa venne costruita alla fine del Quattrocento per volontà di Sisto IV in seguito ad un miracolo che sarebbe accaduto. Si dice che sul luogo dove venne eretta la chiesa, un'immagine della Madonna abbia pianto sangue. Da qui la sua costruzione e la dedica a Maria.
Nel complesso sono rimasta molto soddisfatta della mostra. Un bel nove lo merita tutto e consiglio a tutti di andarla a vedere. Non è una mostra come tutte le altre e vale la pena farci un salto. Vi accorgerete di essere voi stessi i protagonisti.
Federica Pagliarini