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La pittura ad olio

Contrariamente a quanto ci dice Vasari, la pittura ad olio non venne inventata da Van Eyck e dai pittori fiamminghi. Questa tecnica è molto più antica, ne parlava già Cennino Cennini nel suo Libro dell'arte e venne citata addirittura da Plinio il Vecchio e Marco Vitruvio Pollione. Quindi, il merito dei fiamminghi sarebbe stato non l'invenzione della tecnica, ma il suo perfezionamento.

Vasari esalta le qualità della pittura ad olio, tra cui la resa brillante dei colori, la resa degli scuri più opachi e i rilievi più brillanti.

Con l'olio si estendeva anche la gamma cromatica dei pigmenti da utilizzare, in modo da ottenere modulazioni e mescolanze dei colori. Si poteva dipingere per velature, per colpi, a impasto, fino ad arrivare nell'Ottocento a lavorare il colore con le dita. Inoltre era una tecnica che permetteva pentimenti, dato che la sua asciugatura era molto lenta. Infatti, il tempo per far seccare i colori era molto lungo, potevano volerci anche sei-sette mesi. Questo permetteva al pittore di cambiare drasticamente i soggetti, oppure una parte del dipinto, o cambiare soltanto una mano o un dito. Di quanti quadri ho parlato negli articoli precedenti che avevano subito drastici cambiamenti? Basti ricordare La Tempesta di Giorgione o La Maga Circe di Dosso Dossi in cui l'artista aveva coperto parte del disegno iniziale per cambiare il soggetto. Questa possibilità per esempio non poteva essere effettuata con l'affresco, che, come abbiamo detto nel primo articolo della rubrica sulle tecniche artistiche, costringeva il pittore a dipingere tutta la parte dell'intonaco fresco in breve tempo per evitare che si asciugasse e quindi essere costretti a ricominciare tutto dall'inizio.

Il supporto maggiormente usato con l'olio è la tela, ma si poteva usare anche la tavola. La tela libera tesa sul telaio è stata invenzione dei pittori veneti alla fine del Quattrocento.

Il materiale delle tele variava tra lino o canapa; il cotone per esempio aveva una porosità e sensibilità idrometrica troppo forte e la seta si spaccava a causa degli olii.

La preparazione delle tele fino al Settecento- Ottocento era quella inventata dai veneti. Si stendeva uno strato leggero di colla sulla tela bagnata e già stesa sul telaio, il giorno dopo si passava allo strato di colla e gesso e dopo qualche ora si ripassava in senso ortogonale.

In questa tecnica il colore è dato dall'unione del legante, che in questo caso è l'olio e del pigmento. Gli olii maggiormente usati sono quelli di noce e di lino. L'olio di lino si secca più velocemente e in modo più compatto, dando così superfici più lisce, che si screpolano meno, rispetto all'olio di noce. Però nella penombra tende ad ingiallisce, anche se si poteva rimediare esponendo la tela al sole. Prima di usare l'olio, si provvedeva a purificarlo, ossia a togliere le mucillagini che erano la causa principale della colorazione gialla. Per dare trasparenza ai colori si usava mettere anche gli olii essenziali o diluenti. Si usavano maggiormente l'essenza di trementina, oppure l'olio essenziale della lavanda. L'uso degli olii essenziali deve essere fatto con cautela perché quando evaporano, se usati in grande quantità, lasciano dissociati il pigmento dal colore, rendendo la superficie secca.

Una volta completato il dipinto si passava all'uso delle vernici per proteggere l'opera, che, seccandosi, doveva formare una sorta di pellicola protettiva trasparente. Alcune volte si poteva unire la vernice ai colori per renderli più brillanti, oppure metterla tra uno strato e l'altro di colore per fare in modo che l'olio dello strato superiore non passasse su quello sotto.

Maggiormente usate sono le vernici grasse a base di ambra e copale sciolte in olio grasso che venivano stese con le dita. Si essicano molto velocemente e devono essere messe quando il dipinto è già completamente asciutto.

Federica Pagliarini


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