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Il "San Franceco confortato dall'angelo" di Caravaggio

Vorrei parlare oggi di un quadro attribuito a Caravaggio da gran parte della critica: si tratta del “San Francesco confortato dall'angelo dopo aver ricevuto le stimmate”. Di quadri ne abbiamo due esemplari: uno conservato al Wadsworth Atheneum di Hartford e l’altro nel Museo Civico di Udine. La famiglia che possedeva il quadro ora a Hartford, era la famiglia Grioni, residente a Trieste.

La vicenda collezionistica ha avuto tante ricostruzioni a causa dei molti rinvenimenti documentari trovati in archivio. Ancora oggi non è chiara la questione dei passaggi che il dipinto ha avuto nel corso dei secoli, ma qui cercherò di ricostruirla per sommi capi. E la sua storia, si muove parallela a quella dell’attribuita copia di Udine.

Il dipinto di Hartford è stato individuato tra i beni di proprietà di Ottavio Costa, banchiere pontificio e grande ammiratore di Caravaggio. Il dipinto di Hartford venne reso noto nel 1929 da Matteo Marangoni e la copia di Udine un anno prima da Adolfo Venturi. Da questa tesi base, si è cominciato a vedere il prototipo nel quadro appartenuto alla famiglia Grioni (Hartford) e la copia in quella di Udine.

Ricostruiamo però la vicenda del quadro. Nel 1912 Gino Fogolari, allora soprintendente alle Gallerie ai musei medievali e moderni e agli oggetti d’arte di Venezia, per scopi conservativi ordina di depositare un dipinto riferito a Caravaggio (oggi visto come copia), che si trovava nella chiesa di San Giacomo in Fagagna nel Friuli. Il quadro era arrivato qui nel 1852 come dono del conte Giacomo Fistulario che l’aveva ricevuto in eredità dal suo antenato: l’abate di Pinerolo Ruggero Tritonio. Nella cornice del quadro mise una copia del testamento dell’ottobre 1607, scritto dal suo avo. Da esso apprendiamo che il dono venne fatto dal banchiere Ottavio Costa all’amico Ruggero Tritonio. Costa fece scegliere liberamente quale quadro prendere tra “Marta e Maddalena” e il “San Francesco”. Il “San Francesco” riportato senza riferimento di paternità nel testamento Costa fu subito messo in relazione con il dono fatto all’amico. Da queste scoperte, si dice che il quadro sia stato realizzato durante il soggiorno di Caravaggio presso Palazzo Madama quando si trovava ospite del cardinale Francesco Maria Del Monte, quindi è databile alla fine del Cinquecento. Inoltre nell’inventario di Del Monte c’è un quadro raffigurante “San Francesco in estasi”. Altri critici invece, andarono contro la teoria della realizzazione del quadro a casa del cardinale e ritennero che l’opera doveva avvicinarsi alle generiche direttive della chiesa. Altri ancora azzardarono l’ipotesi che il banchiere Costa avesse fatto realizzare una copia dall’originale di Del Monte e poi l’avrebbe donata all’amico Tritonio. Copia che poi, per via ereditaria, giunse nella chiesa di San Giacomo in Fagagna e da qui nel museo di Udine.

Sappiamo che nel 1628 morì il Del Monte e il nipote vendette il quadro originale a 70 scudi ad un acquirente sconosciuto che alcuni identificano con Costa, che avrebbe così comprato l’originale come desiderava. Questo passaggio troverebbe conferma nell’inventario di Ottavio Costa redatto dopo la sua morte nel 1639, dove si parla esplicitamente di un “San Francesco fatto dallo istesso Caravaggio”. Da questo momento il dipinto sarebbe rimasto agli eredi del banchiere fino all’inizio del Settecento, quando una sentenza del tribunale della Sacra Romana Rota li obbligò a consegnare i beni mobili alla famiglia dell’Ordine di Malta. A Malta si dice sia entrato nella collezione del vescovo Paul Alpheran de Bussan e poi al barone di Remshingen per andare nel 1859 in una vendita a La Valletta nella ditta Danzel&Gingell. Si ritroverà a Trieste intorno al 1920 presso la famiglia Grioni.

C’è anche chi si dichiarò contrario riguardo il possesso del quadro da parte del banchiere Costa e riteneva che il quadro fosse stato di proprietà del cardinale Ascanio Filomarino, mettendo in mostra una ricevuta di pagamento dove si citava come soggetto un San Francesco in terra con un compagno che lo aiuta e si precisa che sia un originale di Caravaggio. Però qui si parla di un compagno e non di un angelo, quindi si può pensare si tratti di un dipinto perduto diverso da quello posseduto da Ottavio Costa.

Un’altra ipotesi è quella di pensare che il banchiere Costa abbia donato all’amico una copia del dipinto e non l’originale che avrebbe tenuto per sé. Altrimenti non si potrebbe spiegare la presenza nel suo inventario di un “San Francesco fatto dall’istesso Caravaggio”.

Il “San Francesco” di Hartford , comprato dal banchiere Costa dal pittore rimase sempre in suo possesso, passando agli eredi fino al 1846 come sostengono anche i documenti con una stima dei prezzi fatta da due pittori tra il 1834 e il 1846 e di un catalogo di vendita dei quadri e di marmi di Giuseppe Origo che era l’ultimo discendente di Ottavio Costa. In questi documenti si cita la presenza dell’angelo, mai riportata negli altri inventari e ci dice che il quadro potrebbe essere arrivato in epoca antica a Malta dal vescovo Alpheran de Bussan.

Guido Grioni, l’ultimo possessore del quadro, era un collezionista e appassionato d’arte che per motivi di lavoro soggiornava spesso ad Alessandria d’Egitto, dove venne acquistato il quadro nel 1925 da un amico musulmano che lo aveva avuto in eredità dal cognato. Il soggetto cristiano obbligò il musulmano ad allontanarlo. E da alcuni documenti di Grioni, apprendiamo che il dipinto, prima di arrivare in sua mano, era passato ad un ufficiale inglese di Malta. Non sappiamo però la data precisa dell’arrivo del quadro a Malta da Roma; possiamo affidarci solo a degli elementi certi. L’ultima citazione del quadro negli inventari degli eredi Costa è del 1846. Non si è ancora scoperto però se il quadro sia giunto a Malta prima per essere alienato durante la vendita del 17 ottobre 1859 da Denzell&Gingell a La Valletta o se vi è arrivato dopo. L’unica cosa certa è che il quadro alla fine dell’Ottocento stava a Malta presso un ufficiale inglese che lo diede ad un arabo di Alessandria d’Egitto arrivando infine nel 1925 a Trieste in collezione Grioni.

Il secondo quadro dello stesso soggetto, quello che oggi si trova a Udine, è stato identificato come copia, anche se, quando venne scoperto nel 1928, il critico d’arte Adolfo Venturi ne tesse esaltanti lodi, anche esagerate, dato che il quadro non è al passo con il modello di Hartford.

Il dipinto venne acquistato dai Grioni nel 1925 e, dopo che si accertò che il dipinto era una copia, Grioni decise di affidarsi a Matteo Marangoni per la vendita. Si rivolse così alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti di Roma portando i due quadri, quello di Trieste e quello di Udine alla Galleria Borghese per confrontarli tra loro e con opere certe di Caravaggio. Si giunse alla conclusione che entrambi i quadri erano copie di un originale sconosciuto e ritennero che quello di Udine fosse una copia. Marangoni non credette alle loro parole e si affidò al giudizio di Corrado Ricci che sentenziò dicendo che il quadro di Trieste era una copia buona di un originale perduto, mentre quella di Udine una copia non riuscita.

I Grioni non riuscirono a vendere il quadro a nessun museo italiano e decisero di venderlo all’estero a centomila lire, alla Arnold Seligman Rey & Co. Di New York e dalì passò al museo di Hartford.

Entrambi i dipinti sono secondo me di buona fattura. Rappresentano un San Francesco disteso su un prato e sostenuto da un angelo che ricorda molto i tanti musici che il pittore era solito dipingere durante il soggiorno presso il cardinale Del Monte. Sono quindi dell’idea che il quadro possa essere stato realizzato durante questa permanenza. Sicuramente a prima vista il modello di Hartford è molto più bello e vicino allo stile di Caravaggio, basti notare le lumeggiature che si vedono sullo sfondo e una resa dei dettagli degli alberi migliori del fratello di Udine. Purtroppo, le ipotesi non bastano a corroborare una tesi che mai sarà confermata almeno fino a quando non si troveranno documenti certi. Sappiamo che dopo la morte di Caravaggio tanti artisti copiarono i suoi quadri, quindi sicuramente una delle due è una copia e stando alle teorie odierne quello di Udine sembra essere il dipinto più accreditato.

Federica Pagliarini

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