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La Basilica di San Paolo fuori le mura

La Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, è la seconda chiesa per grandezza dopo San Pietro. Si trova lungo la via Ostiense, vicino alla riva sinistra del Tevere e 2 km fuori dalle mura aureliane (da cui prende il nome). Dobbiamo subito dire che l’aspetto odierno non è quello di un tempo, a causa di un incendio che distrusse gran parte della struttura nel 1823.

La chiesa, come dice il nome è stata dedicata a San Paolo, originario della Cilicia (attuale Turchia) che, da persecutore dei cristiani, divenne perseguitato, a causa della sua conversione e della missione del suo messaggio apostolico. La tradizione ci dice che Paolo fu ucciso per decapitazione sotto Nerone nel 67 d.C. (altri ritengono nel 64 d.C. in concomitanza con l’incendio di Roma e con l’episodio di Simone mago). Il martirio avvenne presso le “Acquae Salviae” sulla via Ostiense e si dice che la testa del santo, una volta decapitata, fece tre salti e li venne costruita la Basilica delle Tre Fontane. Il suo corpo è stato invece sepolto sotto la basilica di San Paolo.

Inizialmente l’area della basilica, prima della sua costruzione, era aperta campagna ed era occupata da un ampio sepolcreto, i cui monumenti funerari si disponevano lungo la via Ostiense e le vie limitrofe. L’area era usata attivamente tra il I secolo a.C. e il III d.C. Tra il 1707 e il 1918, vennero effettuati scavi archeologici per studiare la zona e vennero alla luce resti importanti. Le tombe, che potevano essere dei “colombari” di famiglie piccole oppure cappelle funerarie affrescate e stuccate erano tantissime e molte degne di essere ricordate. Le persone sepolte erano di livello sociale non molto elevato. La maggior parte erano servi e liberti.

Dopo l’uccisione del santo e la sua successiva sepoltura, il luogo divenne meta di pellegrinaggio. Sappiamo da alcune ma lacunose fonti, che Costantino costruì una piccola basilica, di cui si è ritrovata solo la curva dell’abside. Altro non abbiamo e ancora oggi è oggetto di studio.

La basilica vera e propria, ossia quella che si poteva ammirare fino all’incendio del 1823, era stata costruita dagli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio tra il 383 e il 386 d.C. Naturalmente ci saranno poi dei rifacimenti nel corso dei secoli ad opera dei pontefici. Era una basilica a cinque navate, la centrale divisa da venti colonne di marmo imezio e pavonazzato scanalato con ventuno finestre. Le navatelle erano invece divise da venti colonne lisce di granito rosa. Finestre ad arco si trovavano tra ogni intercolumnio. All’esterno c’era un cortile rettangolare con un portico rifatto nel settecento. La zona del presbiterio era rialzata. I dati archeologici di questa basilica sono molto pochi purtroppo, però la conosciamo molto bene grazie ai disegni che vennero realizzati da artisti e studiosi nel corso degli anni.

Dopo i tre imperatori, la basilica è stata continuata da papa Leone I. Il suo nome è ricordato sull’arco trionfale di Galla Placidia e su quattro iscrizioni marmoree dove è indicata la sua collaborazione ai lavori insieme ai due presbiteri Felice e Adeodato. Anche la decorazione è opera di Leone I, che iniziò le pareti della navata centrale e la prima serie dei ritratti papali da Pietro a Innocenzo I, continuato poi nel seicento. Prese parte alla decorazione musiva anche Pietro Cavallini. Le scene rappresentate trattano temi vetero e neo testamentari. Sotto ogni finestra della navata centrale c’è la figura di un santo, apostolo o profeta. Sulla parete destra con 42 episodi su due registri, ci sono le scene veterotestamentarie e sulla parete sinistra le storie degli Apostoli, con particolare attenzione a quella di San Paolo. Anche l’arco trionfale è stato decorato da papa Leone I. Importante è l’iscrizione di Galla Placidia citata prima.

Sotto il pontificato di Gregorio Magno ci furono dei lavori di sistemazione del presbiterio. Il transetto venne elevato rispetto alle navate e si collegarono i due livelli con cinque gradini. Dietro l’arca che custodiva il corpo del santo, venne costruita una cripta.

Durante il Medioevo ci furono poi tantissimi altri rifacimenti. Papa Adriano I fece pavimentare l’atrio e restaurare le navate laterali. Leone III fece restaurare l’abside ornato con un mosaico uguale alla basilica vaticana. Nel ‘500 papa Sisto V fece ricostruire il presbiterio e l’abside e nel 1615 ci fu la costruzione della “Cappella del Santissimo Sacramento” di Carlo Maderno. Non subì molti danni dall’incendio, ma venne poi quasi tutta ricostruita. Le decorazioni sono state fatte dal Lanfranco. L’ultimo restauro prima della disgrazia, è stato fatto da papa Benedetto XIV che restaurò l’interno della basilica, il mosaico dell’abside e gli affreschi delle pareti della navata centrale.

Arrivò poi la notte del 15 luglio 1823, quando un grande incendiò divampò nella basilica. La colpa fu di alcuni operai che stavano lavorando sul tetto della chiesa proprio quella notte. Pensate che anche Stendhal vide l’incendio e lo raccontò nelle sue “Passeggiate romane”.

I danni più pesanti li subirono gli affreschi della navata centrale con tutta la sua ampia decorazione sia affrescata che mosaicata. La navata centrale con le colonne e il transetto, oltre che il cortile esterno. L’unica parte a non essere toccata, o solo in maniera marginale è stata la parte dell’abside.

I lavori di ricostruzione dell’intero complesso basilicale è stato avviato da papa Leone XII. Ci vollero due anni prima che si decise a chi dare la fabbrica della basilica. Prima si optò per Valadier, per poi passare a Belli. La prima cosa che fece fu quella di demolire l’arco di Galla Placidia, dopo aver rimosso il mosaico che sarebbe stato rimesso. Restaurò il mosaico dell’abside, quasi intoccato e demolì le pareti della navata centrale con la conseguente distruzione degli affreschi del Cavallini.

Nel 1833 fu nominato nuovo direttore dei lavori della basilica Luigi Poletti, che restaurò le cappelle del Crocifisso e del Sacramento. Concluse il portico sulla testata occidentale del transetto che, per lungo tempo, era diventato la facciata della basilica. Solo nel 1857 si riaffrescarono le scene vetero e neo testamentarie nella navata centrale.

Come appare la basilica oggi? L’impianto è a croce latina a cinque navate separate da quattro file da venti colonne monolitiche di granito di Montofarno e senza cappelle laterali. Le pareti sono rivestite di marmi policromi che compongono motivi geometrici. Le pareti della navata centrale sono affrescate le scene della vita di San Paolo voluti da Pio IX, ma terminati solo nel 1860. Sotto gli affreschi ci sono i tondi con i ritratti dei papi. Sul retro della basilica c’è il campanile, proprio lungo l’asse centrale dell’abside.

Il bellissimo quadriportico esterno fu realizzato da Guglielmo Calderino tra il 1890 e il 1928. Prima c’era solo un atrio porticato. Il fianco ovest di questo quadriportico è aperto e fa vedere la facciata della chiesa con tredici arcate sorrette da colonne corinzie pulvinate su un basamento. Mentre il nartece (spazio posto tra le navate e la facciata ed ha la funzione di corto atrio) ha una sola fila di colonne, i due laterali hanno una doppia fila. Le pareti laterali del quadriportico sono decorate con medaglioni e raffigurano i simboli degli apostoli e alcuni discepoli di San Paolo. Al centro abbiamo la statua di San Paolo mentre reca in mano la spada ed è opera di Giuseppe Obici.

La facciata della chiesa mostra un bellissimo mosaico realizzato da Nicola Cansoni tra il 1854 e il 1857, che è poi un rifacimento del mosaico attribuito al Cavallini, ampiamente distrutto dall’incendio. Le scene possono essere divise in tre fasce. In basso spiccano i profeti Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. Al centro vediamo l’”Agnus Dei” sul monte da cui sgorgano quattro ruscelli (i Vangeli) che per antonomasia sono gli Apostoli e sullo sfondo Betlemme e Gerusalemme. Sul timpano c’è Cristo benedicente in trono con i Santi Pietro e Paolo.

Dell’interno non possiamo non citare lo splendido arco trionfale e per ultimo l’abside, entrambi mosaicati. L’arco è detto di “Galla Placidia” dalla committente che fece fare la decorazione musiva per il Papa Leone I. La scena rappresentata vede il “Cristo Pantocrator” in un cerchio da cui escono raggi. Ai suoi lati i simboli degli evangelisti e in basso ventiquattro uomini anziani con pallio e corone. Sotto ancora ci sono San Pietro e San Paolo.

L’abside è stato decorato durante il pontificato di Onorio III con l’aiuto di artigiani che lavorarono ai mosaici di San Marco a Venezia. Al centro abbiamo il Redentore con il libro dei Vangeli aperto nella mano sinistra e con la destra in atto di benedire. Ai suoi lati San Pietro e San Paolo insieme a S.Andrea e Luca Evangelista. Ai piedi del trono, in scala più piccola, c’è Onorio III con abiti pontificali. Nella fascia inferiore, tra due greche, è presente la croce con due angeli. Ai lati, alternati a palme, ci sono i dodici apostoli. Per ultimo ai piedi della croce ci sono Niccolò III, il monaco Ardinolfo e i Cinque Santi Innocenti.

Degno di nota anche il ciborio realizzato da Arnolfo di Cambio con l’aiuto di Pietro di Oderisio. Dopo la riapertura della chiesa, era stato coperto da un ampio baldacchino, poi distrutto.

Nel complesso, la basilica di San Paolo è una struttura bellissima che, rispetto alla basilica di San Pietro, appare più rigorosa e accademica. Naturalmente le vicende subite sono state ben diverse tra le due chiese, ma ognuna ha le sue particolari caratteristiche che le rendono tra le più belle chiese di Roma.

Federica Pagliarini

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