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Il baldacchino di Gian Lorenzo Bernini a San Pietro: storia e curiosità

Chi non conosce lo splendido baldacchino bronzeo del Bernini sito in San Pietro a Roma? Oggi andiamo non solo a conoscere la storia generale dell’opera, ma anche a scoprire due curiosità.

Il Papa Urbano VIII Barberini, salito al soglio pontificio nel 1623, chiese allo scultore e architetto Gian Lorenzo Bernini di realizzare un imponente baldacchino da porre sotto la cupola michelangiolesca e sopra il transetto, per coprire l’altare maggiore (dove si trova la reliquia di San Pietro). La famiglia Barberini si servì di Bernini per la realizzazione di gran parte delle loro opere. Basti pensare alla Fontana del Tritone e Palazzo Barberini con il suo scalone quadrato, per fare solo due dei numerosi esempi esistenti a Roma.

Il bronzo usato per la creazione di questa imponente struttura, venne preso dal Pantheon, in particolare dalle travature del pronao. Era quindi un materiale di spoglio. Sicuramente non fu una scelta ben vista. Questo senso di potere immenso che poteva permettere ai Barberini di fondere quintali di bronzo, poteva essere paragonato alla scelleratezza barbara.

Come si presenta il baldacchino? Su quattro pilastri di marmo, poggiano tre colonne tortili di bronzo alte 11 metri con capitelli compositi. Sono tortili per imitare la “pergula” della vecchia basilica di San Pietra e di conseguenza il Tempio di Salomone. La loro superficie è coperta da rami di piante che girano tutte intorno. Si riconoscono in particolare il lauro, ma ci sono anche le lucertole e le api (uno dei simboli dello stemma Barberini). La parte superiore ha una struttura leggera a dorso di delfino a cui vennero aggiunte delle statue con angeli e putti recanti in mano festoni. La loro forma è spiccatamente barocca e sono impreziosite, come tutto il baldacchino, dall’uso della doratura.

Passiamo ora ad alcune particolarità. Interessanti i basamenti marmorei su cui poggiano le quattro colonne tortili. Nascosto tra lo stemma barberiniano (le tre api su sfondo blu con le chiavi di San Pietro e la tiara papale) ad un’attenta visione compare il volto di una fanciulla, visibile su tutti e quattro i lati. Cosa stupisce? Intanto dobbiamo leggere i volti girando intorno al baldacchino in senso orario, come si fa con la maggior parte delle opere scultoree del Bernini (esempi eloquenti li abbiamo nella Galleria Borghese di Roma). Il volto della donna cambia espressione mano a mano che ci giriamo intorno. Da volto sereno si passa ad un volto sofferente come se fosse vittima dei dolori del parto. La cosa è poi confermata dalla presenza di un volto di un neonato che compare sull’ultimo stemma a destra dell’altare. La domanda sorge spontanea: chi è la donna rappresentata? Si è ipotizzato una parente del Papa oppure di Bernini, ma la cosa non convince particolarmente. Perché inserire il volto di una donna sconosciuta su un’opera che doveva essere simbolo di cristianità e che sarebbe stata visibile da tutti i pellegrini? Altri critici hanno pensato all’allegoria della Chiesa-madre che partorisce una nuova fede. L’unica teoria che pare reggere ad oggi è quella che vede i volti della donna e del bambino come il racconto della vicenda personale dell’artista. E qui entriamo nella seconda curiosità. La genesi del baldacchino non impegnò solo Bernini, ma anche Borromini, suo grande antagonista. Bernini infatti, nonostante la sua grande bravura nel campo scultoreo, non aveva competenze tecnico-architettoniche utili per far sì che la tettoia dell’opera non crollasse sotto il suo stesso peso. Chiese quindi l’aiuto al suo ex allievo e i due cominciarono a lavorare insieme per quasi dieci anni. Il Borromini era l’unico che poteva competere con Bernini. Oltre ad aiutarlo con la creazione della struttura architettonica, si cimentò anche con la fusione in bronzo. Bernini aveva infatti paura di non essere in grado di gestire la fusione di tanto bronzo e quindi degli imprevisti che ci potevano essere. In dieci anni di lavoro (1623-1634), con ritardi e imprevisti, il baldacchino venne portato a compimento e il merito lo prese tutto Bernini. Ad oltraggiare ancora di più Borromini, fu la decisione di rendere Bernini architetto ufficiale del Papa. Da questo momento inizierà la lunga disputa, se così si può chiamare, tra i due grandi artisti. A Bernini però la cosa poca importava. Adesso che aveva ricevuto gli onori del Papa e un grande guadagno, poteva ambire a sogni sempre più grandi. Sappiamo che Bernini si occupò di tutta la parte scultorea (essendo appunto scultore), quindi i quattro piedistalli di marmo sono opera interamente sua, come gli stemmi papali e i misteriosi volti di donna. Borromini si occupò invece di tutta la parte architettonica, che se dobbiamo essere sinceri, non era cosa da poco. Probabilmente l’unica pecca che poteva avere quest’ultimo, era il poco fascino, le maniere e le diplomazie, di cui invece spiccava Bernini e che gli permise di spiccare nella Roma barocca.

Il minimo sarebbe stato comunque dare uguale merito ad entrambi gli artisti, ma come sappiamo, le cose non vanno sempre così.

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