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"L'origine della natura morta in Italia. Da Caravaggio al Maestro di Hartford" alla Ga

Fino al 12 marzo (quindi ancora per pochissimi giorni), sarà possibile vedere la mostra “L’origine della natura morta in Italia. Caravaggio e il maestro di Hartford” alla Galleria Borghese di Roma.

La mostra è stata allestita in due sale: la sala d’ingresso, decorata da Mariano Rossi tra il 1775 e il 1779 e la sala iniziale del primo piano, dove è ospitata la pinacoteca. Grandi pannelli verdi sono stati montati per fare da sfondo alla grande varietà di quadri, la gran parte presi in prestito da musei di tutto il mondo. Solo due quadri facevano parte già della collezione permanente del museo, ossia il “Bacchino malato” e “Il ragazzo con canestra di frutta” del Caravaggio, spostate dalle loro originarie sale e posizionate nel salone d’ingresso al piano terra per prendere parte alla mostra. Un’altra opera di Caravaggio, “Il cesto di frutta ambrosiano” o “fiscella ambrosiana”, è stato portato dalla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. E con Caravaggio abbiamo finito. Tanti altri quadri di natura morta avrebbe dipinto il maestro lombardo (secondo quanto ci dicono le fonti e gli inventari delle collezioni), ma nulla ci è rimasto oltre a questi esempi. Il corpus massiccio è formato dai quadri del Maestro di Hartford. Su di lui è incentrata la mostra, da cui poi si diramano altri pittori forse a lui vicini. Dico forse in quanto non sappiamo nulla di questo misterioso pittore o comunque molto poco. Viene chiamato Maestro di Hartford perché la sua opera maggiore “Natura morta di fiori e frutta”, si trova al Wadsworth Atheneum di Hartford (Connecticut). Tutti i suoi dipinti vedono uno stile inconfondibile, dove la realizzazione di nature morte è il suo marchio principale. Sembra si sia ispirato a Caravaggio, considerato il precursore di questo genere in Italia. Lui che aveva lavorato nella bottega di Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino) dove si era specializzato nel genere della natura morta. Sembra che fosse “costretto” a dipingere fiori e frutta, su ordine del Cavalier d’Arpino che lo adoperava per realizzare quadri di questo genere. Sappiamo anche che Caravaggio non era contento di ciò e questo potrebbe essere stato uno dei motivi che lo portò ad allontanarsi dalla bottega del Cesari. Poco dopo infatti, entrerà nella cerchia del cardinal Del Monte e qui, grazie alla sua influenza, realizzerà i primi quadri con figure umane, dove metterà in mostra le sue grandi abilità pittoriche. La natura morta in quell’epoca non era considerata un genere pittorico elevato, dato che effettivamente non “raccontava” nulla, non aveva intento didascalico o educativo come invece lo erano i quadri a sfondo religioso che sempre decoravano le chiese.

I due quadri menzionati prima (“Bacchino malato” e “Ragazzo con canestra di frutta”) sono stati confiscati per volontà di Papa Paolo V al Cavalier d’Arpino nel maggio del 1607. Portò via più di 100 quadri, tra cui appunto Caravaggio e anche alcuni del Maestro di Hartford. Il Cesari collezionava non solo proprie opere, ma anche dipinti fiamminghi e di altri artisti italiani.

Il quadro del Maestro di Hartford, ossia “Natura morta di fiori e frutta”, venne acquistato dal museo americano nel 1942 e inizialmente era stato attribuito a Fede Galizia e non si escludeva che potesse essere anche una copia di un originale caravaggesco. Solo nel corso degli anni Sessanta si aggiunse un numero corposo di quadri aventi come soggetto nature morte. Sarà Federico Zeri nel 1976 ad accomunare i quadri delle nature morte (“Vaso di fiori, frutta e ortaggi” e la “Cacciagione di penna e civetta” oggi nella collezione permanente della Borghese) a quello di Hartford, vedendone lo stesso autore. Secondo gli inventari della Borghese e le opere confiscate al d’Arpino, si capì che questo pittore doveva essere attivo prima del 1607. Si pensò potesse essere un artista che lavorò proprio nella bottega del Cavalier d’Arpino, visto che i quadri si trovavano nel suo studio. Era sicuramente un pittore amante delle nature morte, che sempre si era dedicato a questo genere. Si avanzò l’idea di identificare il Maestro di Hartford con lo stesso Caravaggio, appoggiandosi però solo alla testimonianza del Bellori che ci dice come il pittore lombardo sia stato impratichito proprio nel genere dei fiori e della frutta dal Cavalier d’Arpino durante il suo lavoro in bottega. Vedere invece il Maestro di Hartford un imitatore del Caravaggio in anni così precoci appare quasi inverosimile, anche se il cesto del “Ragazzo con canestra di frutta” è così vicino a quelli dipinti dall’ipotetico Maestro di Hartford, come anche le caraffe di fiori (“Suonatore di liuto”). Maurizio Calvesi non era dello stesso parere di Federico Zeri e riteneva che i due quadri della Borghese fossero addirittura di tre mani, tra cui era possibile ravvisare anche quella del Caravaggio.

La storia purtroppo non è ancora stata totalmente risolta e ipotesi continuano a sovrapporsi irrimediabilmente. In mostra alla Galleria abbiamo una selezione di quadri interessantissimi. Intanto il quadro “Vaso di fiori, cesta con lumache, limone e verdura su tavolo”, considerato il dipinto più antico del Maestro di Hartford, dove ancora è evidente un po’ di acerbità pittorica. Oltre a questo abbiamo “Vaso di fiori, farfalla e frutta su tavolo” insieme a “Alzatina con fichi, pesche e uva, vaso di fiori e frutta su tavolo” dove evidente è il richiamo a Caravaggio. Le due caraffe di fiori sembrano riecheggiare il quadro “Suonatore di liuto” oggi a San Pietroburgo. Il vaso di fiori è molto simile e quasi sicuramente è stato visto dal Maestro di Hartford e preso come modello. Anche in questo caso però, c’è un altro quesito. La caraffa di fiori del quadro di Caravaggio ha una precisione quasi fiamminga e c’è chi ha visto la mano di Brueghel il Vecchio. Se davvero fosse così bisognerebbe studiare le relazioni che intercorrevano tra i tre artisti e la questioni diventerebbe ancora più complicata. La stessa caraffa di fiori la si vede anche nel quadro “Allegoria della Primavera” sempre del Maestro di Hartford, dove, oltre ai fiori e al vaso, due donne sembrano intente ad adornarsi i capelli e nel mentre si tengono per mano. Avanzando negli anni vediamo come il pittore di Hartford abbia maturato una precisione pittorica nelle zone di ombra e luce, oltre ad una maggiore resa prospettica. I tavoli su cui poggiano i vasi e i cesti di frutta diventano tridimensionali e la precisione delle rotondità della frutta manifestano un avanzamento della sua maturità pittorica.

In mostra è anche un piccolo quadretto di Giuseppe Arcimboldo, uno dei suoi cesti reversibili. Sono dei cesti di frutta che, a seconda del verso da cui si vede e si gira il quadro, diventano volto umano o cesto di frutta. Anche sull’Arcimboldo sarebbe da dedicare degli studi approfonditi. Ci sono delle teorie che vedono molto vicini Arcimboldo e Caravaggio. Quando Caravaggio si trovava a Milano nella bottega del Peterzano come apprendista, Arcimboldo lavorava nel suo studio non molto lontano da lui. Purtroppo di questo primissimo periodo milanese non conosciamo opere del giovane Merisi, ma è probabile che abbia frequentato la bottega dell’Arcimboldo e abbia così visto i numerosi quadri dei volti umani realizzati con fiori e frutta e si sia così avvicinato al genere della natura morta che sembrava essere ormai totalmente appreso quando arrivò a Roma.

In conclusione la mostra della Galleria Borghese non scioglie purtroppo dei quesiti ormai “secolari”, ma pone nuove prospettive e nuove domande che, se accuratamente studiate e analizzate, potranno portare sicuramente a nuove interessanti scoperte.



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